La beatificazione del cardinale Wyszyński: un messaggio e un monito per tutta la Chiesa

di Tad Wójcik

Le restrizioni imposte dal Covid-19 hanno limitato a settemila fedeli la partecipazione alla Messa di beatificazione del cardinale Stefan Wyszyński, il 12 settembre a Varsavia. La proclamazione era già stata ritardata di oltre un anno a causa dei lockdown. Ma le restrizioni e il tempo nuvoloso non hanno potuto limitare la gioia assoluta dei connazionali del cardinale, né la loro gratitudine per l’evento tanto atteso.

Wyszyński (3 agosto 1901 – 28 maggio 1981), amato prelato e primate polacco che affrontò sia i nazionalsocialisti della Germania durante la seconda guerra mondiale sia il regime repressivo comunista del dopoguerra, è una figura venerata in Polonia, alla pari di san Giovanni Paolo II, ben più conosciuto nel mondo intero. Non possumus, lo storico documento del 1953 con il quale Wyszyński denunciò i tentativi del regime comunista di sopprimere l’autorità della Chiesa e interferire con la sua autonomia e la sua fede in Polonia, fu una denuncia virile e coraggiosa, una risposta veramente pastorale di fronte alle forze dell’anticristo.

Gli sforzi di Wyszyński quale figura di spicco nella Chiesa universale negli anni Sessanta e Settanta hanno in gran parte spianato la strada all’elezione dello stesso pontefice polacco, che dedicò a Wyszyński il suo pontificato e divenne l’uomo più direttamente responsabile della caduta dell’Unione Sovietica. Dopo che la sua virtuosa opposizione  al regime divenne evidente, Wyszyński subì tre anni di reclusione e isolamento, costretto ad assistere alla tortura di altri prigionieri. I cambiamenti politici consentirono il suo rilascio, sia pure a malincuore da parte dei governanti, nel 1956, dopo di che divenne un intoccabile dallo Stato e i comunisti non osarono più sfidare l’autorità della Chiesa in Polonia.

L’impatto del cardinale Wyszyński sulla storia è una chiara testimonianza della Fede, un martirio bianco che testimonia, di fronte alla tirannia, la gloria di Dio. La sua testimonianza ha potenti implicazioni per la gerarchia e lo stato del mondo di oggi, mentre la Chiesa lotta non solo contro le potenze mondane che hanno sempre tentato di confondere la sua confessione della fede in Cristo, ma anche contro la crescente sottomissione, all’interno delle sue stesse fila, all’autorità civile.

Nel momento in cui la Chiesa sembra accondiscendere senza giusta causa ai mandati imposti dal governo, sembra giustificare i politici che sfidano apertamente i suoi insegnamenti, non lottare contro la volontà del governo di imporre alle istituzioni cattoliche le proprie false idee di umanità, non resistere ai tentativi dei comunisti di usurpare l’autonomia ecclesiale in Cina, e nel momento in cui si nasconde e si avvicina alla sottomissione alle opinioni dei laici e degli atei circa le dottrine che le sono care e non salvaguarda la sua stessa santa tradizione nella liturgia, evitando di soffrire per la croce di Cristo, allora il messaggio del cardinale Wyszyński deve risuonare audacemente: Non possumus! Non possiamo!

La Messa di beatificazione del cardinale Wyszyński ha avuto implicazioni particolarmente profonde per i fedeli polacchi, in un Paese assillato negli ultimi anni dagli incessanti tentativi dei progressisti occidentali dell’Unione europea, soprattutto della Germania, di costringere la nazione a sottomettersi allo spirito del tempo attraverso massicci finanziamenti stranieri e la falsa narrativa circa il governo, in gran parte cattolico e tradizionale, da parte dei media occidentali. Vedere il presidente Andrzej Duda e la first lady Agata inginocchiarsi per la comunione durante la Messa di beatificazione tenuta nell’anno che il parlamento polacco ha voluto designare come anno del cardinale Wyszyński, deve aver commosso i cuori dell’intero popolo polacco, ancora profondamente patriottico e religioso.

È anche molto simbolico che la beatificazione sia avvenuta il 12 settembre, data della memorabile vittoria, nel 1683, del re polacco Jan III Sobieski, in soccorso dell’esercito del Sacro Romano Impero nella battaglia di Vienna contro i turchi ottomani (l’origine della Festa del Santissimo Nome di Maria). Fu il giorno in cui la cristianità fu salvata dalla minaccia musulmana a opera dei cattolici polacchi che cavalcavano sotto la bandiera di Nostra Signora Regina di Polonia, alla quale anche il cardinale Wyszyński affidò la sua vita e il suo popolo.

Fu proprio Wyszyński a chiedere a san Paolo VI di dichiarare Maria “Madre della Chiesa” durante il Concilio Vaticano II. Sotto il suo manto, la Polonia non solo è stata risparmiata, ma ha anche donato alla Chiesa santi martiri e confessori oltre che un papa. Come scrisse Pio XII nella sua lettera Decennium dum expletur del 1949 all’episcopato polacco, “una sola cosa la Polonia non ha saputo fare: abbandonare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Questo è il distintivo della nobiltà [della Polonia], agire strenuamente, soffrire coraggiosamente, sperare indomitamente, raggiungere grandi cose”.

Il cardinale Wyszyński si ergeva come un’incarnazione vivente di queste dichiarazioni, e ora si trova alla Corte celeste come uno dei santi, “molti e grandi”, per i quali Pio XII lodò la nazione polacca. Possa la beatificazione di questo grande eroe, il re senza corona di Polonia, essere un segno sia per la nazione polacca sia per la Chiesa universale di oggi, devastata all’interno e assalita all’esterno, perché non si pieghi mai di fronte all’anticristo.

Beato cardinale Stefan Wyszyński, primate del Millennio, prega per la Polonia, la Chiesa e tutti noi!

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Nella foto: il cardinale Stefan Wyszyński e il cardinale Karol Wojtyła

Fonte: crisismagazine.com

 

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