Èlites finanziarie furiose: le cose si complicano per il Great Reset verde

di Arnaldo Vitangeli

A lanciare l’allarme è stato il giornale che è la voce della City di Londra, The Economist, paventando che “Il primo grande shock energetico dell’era verde” potrebbe affondare l’obiettivo delle cosiddette “fonti di energia pulita”.

La Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Cop26), iniziata a Glasgow due settimane fa, rischia di rivelarsi un totale insuccesso, poiché i piani dell’èlite per accelerare l’attuazione dei Green Deal e l’azzeramento delle emissioni di carbonio si si stanno sgretolando sotto il peso della crisi energetica mondiale e dell’inflazione galoppante che minaccia di innescare una nuova crisi globale.

La transizione energetica, ci viene ripetuto da due anni, è l’unica possibilità di fermare quella che viene presentata come una prossima apocalisse climatica dai catastrofisti del sistema, che affermano di voler salvare il mondo ma puntano in realtà a salvare il disastrato sistema finanziario globale attraverso la creazione di una nuova gigantesca bolla speculativa “verde”.

Persino la casa reale britannica, che insieme alla City finanziaria è tra i maggiori sostenitori della transizione ecologica, si è mobilitata per evitare il flop della conferenza. La regina Elisabetta ha espresso tutto il suo disappunto per i Paesi che “parlano ma non fanno” stigmatizzando la decisione di molti leader mondiali di non essere presenti al conclave di Glasgow. Il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che non si recherà a Glasgow così come il presidente russo Putin che ha criticato duramente la corsa alle energie rinnovabili. L’Australia, la Cina, l’India e il Vietnam hanno messo in chiaro che non rinunceranno all’uso del carbone e numerose nazioni tra quelle in via di sviluppo si rifiutano di rinunciare alla crescita economica per ridurre le emissioni di CO2, che oltretutto vengono emesse principalmente dai paesi industrializzati che gli fanno la morale. Anche negli Stati Uniti le cose si complicano per i profeti del “grande reset verde”. Il presidente Biden parteciperà all’incontro, ma sulla transizione energetica è in corso uno scontro durissimo a Washington.

A frenare i progetti di reset del sistema produttivo globale è l’inflazione; ormai anche i banchieri centrali, che fino a ieri rassicuravano sulla natura transitoria dell’aumento dei prezzi, ammettono che l’inflazione sta sfuggendo al controllo.

Raphael Bostic, presidente della Federal Reserve di Atlanta, ha affermato che “finora gli indicatori non suggeriscono che le aspettative sull’inflazione a lungo termine siano pericolosamente sganciate, ma le pressioni episodiche potrebbero pesare abbastanza a lungo da sganciare le aspettative“. Tradotto suona più o meno così: l’inflazione è transitoria, ma il periodo di transizione può durare anni.

Mark Carney, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione e la finanza per il clima, e consigliere di Boris Johnson per la Cop26, nella sessione annuale del Fmi e della Banca mondiale incentrata sul cambiamento climatico ha sostenuto che “il meglio degli investitori privati” che è riuscito a radunare, tra cui gestori patrimoniali, banche, compagnie di assicurazione, fondi pensione, che rappresentano in totale “un bilancio di 90 mila miliardi di dollari”, sarebbero “super pronti” per progetti verdi.

Carney, ex governatore della Banca d’Inghilterra, ha affermato: “Verrà richiesto un enorme investimento in tutto il mondo. Qualcosa tra i 100 mila e i 150 mila miliardi di dollari di finanziamenti esterni nei prossimi tre decenni”.

Un oceano di denaro che per le èlite votate al “green reset” dovrebbe essere preso dall’economia reale per poter finanziare la bolla speculativa verde delle grandi banche.

Ma non pare che, nelle attuali condizioni, siano in molti i Paesi disposti a innescare l’ennesima crisi sociale ed economica in nome dei capricci di Greta, e di chi la manda.

Fonte: visionetv.it

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