Lettera ad Aurelio Porfiri su come uomini di Chiesa possono manipolare il Vangelo

Caro Aurelio,

non so se esista in natura un cattolico talmente autolesionista da andare a leggersi il documento preparatorio del sinodo sulla sinodalità voluto da Francesco. Intitolato Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione (e basterebbe questo per farsi venire l’orticaria) è un concentrato delle parole d’ordine bergogliane sulla Chiesa sinodale, il camminare insieme, l’ascolto, il dinamismo e tutto il resto dell’armamentario ideologico neomodernista che manda apparentemente in estasi i profeti del “processo ecclesiale partecipato e inclusivo”.

Il sottoscritto autolesionista non è, e quindi è rimasto alla larga da tale documento vaticano destinato ad aggiungersi ai tanti che prendono polvere negli archivi. Tuttavia, spinto da un illuminante articolo di Robert Morrison su The Remnant Newspaper, mi sono fatto coraggio e ho ne compulsato alcuni passaggi.

Si tratta dei paragrafi che vanno dal numero 17 al numero 21, dove viene presa in esame “una scena originaria” che “appare come la costante del modo con cui Gesù si rivela lungo tutto il Vangelo”.

Vediamo. Gli “attori in gioco”, viene spiegato, “sono essenzialmente tre (più uno)”, e il primo è Gesù stesso, il quale si segnala per il fatto che non fa “preferenza di persone” ma anzi “rivolge una speciale attenzione ai separati da Dio e agli abbandonati dalla comunità (i peccatori e i poveri, nel linguaggio evangelico)”.

In questa parte si dice che Gesù è il “protagonista assoluto” (e fin qui siamo d’accordo), ma, bada bene, non perché Egli è Dio, bensì perché “prende l’iniziativa”. E da che cosa è caratterizzata tale iniziativa. Forse dal fatto che Gesù è il Salvatore? Ma no. Ciò che caratterizza Gesù è la sua “costante apertura”. A chi? Alla folla, che è il secondo “attore” sulla scena. Infatti, “in un modo che sorprende e talora scandalizza i testimoni, Gesù accetta come interlocutori tutti coloro che emergono dalla folla”.

E il terzo attore? Sono gli apostoli, i quali vengono scelti non in virtù di “una posizione esclusiva di potere e separazione”, ma per “la grazia di un ministero inclusivo di benedizione e comunione” e hanno essenzialmente un compito. Diffondere il Verbo? Ma no. Il loro compito è di “non mettere filtri” alla presenza di Gesù. Dunque, se ne deduce che violerebbero il loro mandato se mai saltasse loro in mente di insegnare qualcosa.

E il quarto, quel misterioso attore “in più”?

Il mistero viene svelato nel paragrafo 21, dove scopriamo che esso è “l’antagonista”, il quale “porta in scena la diabolica separazione degli altri tre”.

E chi sarebbe questo diabolico antagonista? Risposta: “L’insidia che divide – e, quindi, vanifica un cammino comune – si manifesta indifferentemente nelle forme del rigore religioso, dell’ingiunzione morale che si presenta come più esigente di quella di Gesù, e della seduzione di una sapienza politica mondana che pretende di essere più efficace di un discernimento degli spiriti”.

Ecco. Siamo arrivati al punto che evidentemente stava a cuore agli estensori del documento. Tutta la faccenda degli attori è finalizzata a questo: una reprimenda contro i paladini del rigore religioso e dell’ingiunzione morale. Insomma, i “rigidi”, come li chiama Francesco, quelli che, sordi al richiamo del “discernimento degli spiriti”, ancora pretendono, assurdamente, di ricevere e diffondere la fede cattolica in modo certo e immutabile.

Nota bene: il quarto attore, diabolico com’è, è assai infido, per cui tutti devono sfuggire ai suoi “inganni” attraverso un processo di “continua conversione”.

Morale della favola: se sei un cattolico fedele, se non ti piace la Chiesa liquida ad assetto variabile, se non fai salti di gioia all’idea di unirti al cammino sinodale, sei un’insidia. Un nemico, a dirla tutta.

L’untuoso estensore del documento gronda misericordia da tutti gli artigli, ma picchia duro quando si tratta di denunciare i rigidi che “contrastano un cammino comune”. Dal che si deduce che il “cammino comune”, qualunque cosa voglia dire, è l’obiettivo. Anzi, il dogma.

Che dire? Morrison, a proposito di questa parte del documento preparatorio, parla di “spettacolo empio e pericoloso”. A me sembra che utilizzando questi aggettivi si dia fin troppa importanza a un documento che, grazie al Cielo, e come merita, resterà ampiamente ignorato.

Rimane la tristezza nel vedere come ci siano uomini di Chiesa, e proprio ai suoi vertici, che mettono tempo e ingegno, doni di Dio, a disposizione di manovre per piegare alla loro ideologia persino il Vangelo.

Sottoscrivo dunque le parole finali di Morrison: a fronte di questo attacco al Corpo mistico di Cristo, dobbiamo pregare, fare penitenza, lottare per la verità e confutare le menzogne ​​che questi manipolatori diffondono in nome del cattolicesimo.

 

 

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