Ma quale ripresa. Il green pass la sta soffocando

L’indice di Pmi (Purchasing Managers’ Index) di gennaio conferma la frenata mentre lo spread sfonda quota 150 nonostante la Bce abbia lasciato invariati i tassi Per il terziario è già recessione. E se l’Italia non cresce, il debito pubblico diventa insostenibile, nonostante l’aiuto di Francoforte.

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di Carlo Cambi

Per spingere Sergio Mattarella al Quirinale avevano suonato l’allarme: lo spread sfiora 140 punti. Ieri mentre il presidente della Repubblica celebrava il suo insediamento bis alle 17.11 ha sfondato la soglia psicologica dei 150 punti per chiudere a 149,4. I mercati guardano i fondamentali e sanno che in Italia la ripresa è finita perché il lockdown di fatto a cui il governo ha costretto il Paese tra dicembre e gennaio ha frenato del tutto l’economia. Lo dicono gli indici Pmi (sono le previsioni più immediate attendibili sul sentiment economico) del terziario precipitati a livello recessione, lo dice l’inflazione galoppante, lo dice il debito pubblico senza freni.

Per ora la Bce continua a sostenere il governo Draghi, ma non è detto che duri. Anzi la spia rossa grossa come una casa che si accesa ieri dice che l’economia va in direzione ostinata e contraria alle affermazioni entusiastiche anche del ministro dell’Eco nomi a, Daniele Franco, che continua a tenere ferma la previsione di crescita a fine anno del 4,7%quando già la Banca d’Ita l i a g l ie l ’ha ridimensionata al ribasso di un punto. C’è una ragione per non guardare in faccia la realtà: se l’Italia non cresce il debito pubblico diventa insostenibile. Perciò i mercati lanciano segnali di fumo incendiando lo spread. Christine Lagarde a Francoforte ha due occhi di riguardo per Ma rio Draghi e ieri la Bce ha lasciato invariati i tassi di riferimento annunciando che il piano pandemico straordinario di acquisto titoli si esaurirà a fine marzo, ma che la Bce è pronta a intervenire di nuovo e fino al 2024 se l’economia si ferma (l’indice Pmi questo dice). Comunque darà una mano alla Grecia (l’hanno già spolpata nel 2011, oggi è per metà dei tedeschi e dunque va aiutata) comprando titoli di Atene in sovrannumero.

Christine Lagarde dice che sorveglia l’inflazione (in Europa siamo quasi al 6% in Italia al 4,8%), ma si aspetta che diminuisca.

La verità è forse un’altra: c’è un Paese in Europa che arranca e se si stringono i tassi e le politiche monetarie affonda tirandosi dietro tutta l’impalcatura dell’euro. Questo Paese è l’Italia, perché a passare da locomotiva a zavorra del continente, è un mese di calendario. Lo prova l’indice Pmi di gennaio. Per quanto tempo, peraltro, la Bce può fare finta di niente? Ieri la Banca d’Inghilterra ha alzato i tassi di un altro quarto di punto, è la seconda volta in due mesi. Jerome Powell ha già annunciato che la Federal Reserve farà una manovra restrittiva (almeno quattro rialzi in un an no) e due giorni fa il Financial Times (è un oracolo solo quando fa comodo) ha previsto che in Europa ci saranno almeno due ritocchi all’insù. La Lagarde sarà costretta a farli dai mercati ieri delusi dalla non manovra di Francoforte e che hanno risposto indebolendo le Borse con Milano che ha perso quasi un punto.

Ma la narrazione sull’economia italiana continua a essere: siamo al miracolo bis. Come quello di Mattarella. Purtroppo non è affatto così. Indotto da Roberto Speranza, ministro (forse) della Salute, Mario Draghi ha narcotizzato la possibile ripresa col lockdown di fatto col blocco totale dell’economia dei servizi. Quando ristoranti, alberghi, commercio lamentano di essere in pre-fallimento a causa della burocrazia sanitaria hanno ragione. Lo conferma l’indice Pmi. Tutta l’area euro rallenta, ma si mantiene comunque sopra il livello 50 che indica espansione. Ciò che si evidenzia è che si allargano di nuovo le differenze tra le diverse economie continentali. Se complessivamente l’indice composito (è la media tra l’in dice del manifatturiero e quello dei servizi, ormai il Pmi è considerato il barometro più attendibile e immediato degli andamenti dell’economia reale) cala di un punto in Europa, ma resta comunque ben intonato a 52,3, in Italia siamo alla fotografia di un’economia complessivamente immobile (l’indice è 50,1), ma al disastro nei servizi (48,5 punti) .

Lo notano gli analisti che compilano il Pmi affermando: «Le aziende stanno indicando un attenuamento della domanda e continui disagi legati sia alla carenza di personale che ai problemi sulla fornitura di materie prime a causa della pandemia. Questo rallentamento coincide con l’irrigidimento più severo da maggio scorso delle misure antivirus». Ci sono Paesi però che vanno in controtendenza. Se la Francia frena, la Spagna sprofonda, la Germania corre (indice in fase espansiva 53,8) perché «L’attività del settore terziario tedesco sta già recuperando mentre la produzione manifatturiera sta rinvigorendosi ancora di più». E l’Italia? Le restrizioni tra dicembre e gennaio hanno fatto piantare l’economia: «C’è una stagnazione dell’attività economica», ha spiegato Chris Williamson, capo economista di Ihs Markit che compila l’indice, «collegata al calo della produzione terziaria». Insomma il green pass ha congelato tutto. Forse è per questo che Christine Lagarde non tocca i tassi, deve lasciare spazio a Mario Draghi per pagare i debiti con nuove tasse.

Fonte: La Verità

 

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