Stato d’emergenza illegittimo: la sentenza da manuale del tribunale di Pisa

Per il tribunale di Pisa è illegittimo lo stato d’emergenza per il Covid-19: si tratta di una situazione che non è contemplata né dalla Costituzione né dalla legge ordinaria; illegittimi inoltre tutti i Dpcm e la decretazione d’urgenza

Sospesi e compressi diritti costituzionali

Lo stato di emergenza è una condizione particolare, che però non è prevista dalla nostra Costituzione. Questa una delle prime precisazioni contenute nella ben motivata e strutturata sentenza n. 1842 del Tribunale monocratico di Pisa, nella persona del giudice onorario dottoressa Lina Manuali, depositata il 17 febbraio 2022, chiamata a decidere sulla condanna per il reato ex art. 650 c.p. nei confronti di due prevenuti che avevano violato il primo lockdown di marzo 2020.

Assolvendo nella “formula più ampia e favorevole” entrambi perché il fatto non sussiste e non è più previsto dalla legge come reato, questo coraggioso giudice partendo dal Dpcm 8.3.2020 (non reputato dalla stessa provvedimento legalmente dato dall’autorità come richiesto dall’art. 650 c.p.) ripercorre e confuta tutte le disposizioni legislative emanate nel biennio dello stato d’emergenza instaurato con la pandemia.

Ciò perché a causa del Covid-19, esordisce infatti, “al fine di tutelare la salute pubblica, sono state emanate disposizioni che hanno comportato la sospensione e compressione di alcune libertà garantite dalla nostra Carta costituzionale, come previsto dagli artt. 13 e seguenti della stessa”. Libertà non da poco visto che concernono i diritti fondamentali dell’uomo e costituiscono il “nucleo duro” della Costituzione stessa, tanto da ritenersi non revisionabili nemmeno con il procedimento di revisione costituzionale, “ragion per cui – secondo la stessa – occorre verificare se, a quali condizioni e con quali modalità, in situazioni emergenziali, tali diritti possano essere compressi a tutela di altri anch’essi costituzionalmente previsti”.

Lo stato d’emergenza non è nella Costituzione

Partendo, si diceva, dallo stato di emergenza, la sentenza evidenzia in primis che l’ordinamento costituzionale italiano “non contempla né lo stato d’eccezione, né lo stato d’emergenza, che è una declinazione dell’eccezione, al di fuori dello stato di guerra, previsto all’art. 78 della Cost.”.

L’assenza di una disciplina specifica dello stato di emergenza nella Costituzione, che non è riconducibile allo stato di guerra, precisa ancora la sentenza, è stata una scelta precisa dei Costituenti, proprio per scongiurare la compressione dei diritti fondamentali.

Diritti fondamentali che, anche in presenza di uno stato emergenziale in cui è necessario attuare i principi precauzionali del primum vivere e del salus rei publicae, non possono essere classificati in base a un ordine gerarchico, perché non c’è gerarchia tra principi fondamentali. Non sussiste, quindi, alcuna presunzione assoluta di prevalenza di un diritto su tutti gli altri.

Diritto “tiranno” sopprimere alcuni diritti a favore di altri

Questa premessa per sostenere che qualora l’esercizio di un diritto comporti, in caso di necessità ed urgenza, la limitazione di altri, ciò deve avvenire comunque “nel rispetto dei principi della legalità, riserva di legge, necessità, proporzionalità, bilanciamento e temporaneità”.

Sopprimere alcuni diritti per dare prevalenza ad altri finisce altrimenti per dare vita a un “diritto tiranno”, la cui prevalenza pone in una situazione deteriore tutti gli altri, con conseguente non solo violazione della Costituzione ma addirittura superamento del perimetro delineato dalla carta costituzionale.

La pandemia non è un rischio igienico-sanitario

Poiché durante la fase emergenziale la salute pubblica è divenuta in sostanza il diritto tiranno e la sua tutela è stata attuata con la dichiarazione dello stato di emergenza, almeno questo, si interroga il giudice ha una copertura normativa?

A questa domanda la sentenza risponde negativamente, in quanto la pandemia è cosa ben diversa dal rischio igienico sanitario (di competenza regionale) contemplato dal Codice della Protezione civile, così come dalle calamità naturali. La pandemia, rispetto a questi fenomeni, ha infatti la capacità di espandersi e invadere interi continenti.

Alla luce di queste ulteriori riflessioni ne consegue che lo stato di emergenza legato a un fenomeno pandemico, non ha un fondamento neppure nella legge, rappresentata in questo caso dal codice della protezione civile.

Stato d’emergenza privo di copertura normativa

Riflessioni a cui consegue, da parte del Tribunale Monocratico pisano la seguente affermazione: “La delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”.

Illegittimi tutti i provvedimenti emessi per il contenimento dell’epidemia

Illegittimità che conduce, dunque, al reputare “illegittimi tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché tutte le successive proroghe dello stesso stato d’emergenza”.

I Dpcm, come rileva la giudice di Pisa e prima di lei altri giudici di merito, sono solo atti di natura amministrativa (tra l’altro non motivati, in violazione dell’obbligo di motivazione previsto dalla legge), che hanno limitato in modo del tutto illegittimo diritti che, la Costituzione, prevede possano essere compressi solo in casi determinati e in forza di un provvedimento legislativo.

Violate quindi, in virtù dei Dpcm emanati, le riserve di legge assolute e relative previste dalla Costituzione a tutela di alcuni diritti fondamentali come la libertà personale e quella di circolazione.

Durante la pandemia è stato infatti imposto nella sostanza e in modo del tutto illegittimo un obbligo di permanenza domiciliare che, lo ricordiamo, solo un giudice con atto motivato e in base a una norma di legge, può disporre.

Ma non solo. Anche il ricorso alla decretazione d’urgenza, con cui sono state adottate misure più stringenti e limitative dei diritti fondamentali degli individui, anche rispetto a quanto previsto negli stessi decreti legge, costituisce una “delega in bianco” a favore del governo, “dotando se stesso e lo stesso presidente del consiglio dei ministri di poteri extra ordinem“.

Nel corso della gestione della situazione emergenziale, il governo ha proceduto inoltre a ripetute e successive proroghe dello stato d’emergenza, che ha come termine ultimo il 31 marzo 2022, il che dimostra, prosegue il giudicante, “il passaggio dallo stato d’emergenza epidemiologico alla gestione ordinaria dell’epidemia, con il conseguente venir meno dei presupposti di temporaneità e di straordinarietà giustificativi dell’adozione dei decreti legge e conseguentemente dei Dpcm”.

Parlamento “mero ufficio di conversione” dei decreti del Governo

L’aver protratto lo stato di emergenza e l’aver continuato ad adottare la decretazione d’urgenza è un modus operandi che ha determinato “una lesione delle prerogative del Parlamento, a cui viene di fatto assegnato il ruolo di mero ufficio di conversione in legge dei decreti del Governo.”

E peraltro, a due anni dal suo inizio, “uno stato d’emergenza prorogato per accordo politico – anzi per negoziazione fra parti dello Stato – è una contraddizione in termini, in quanto ‘normalizza’ l’eccezionalità, per cui non servono più situazioni impreviste ed eventi fuori dall’ordinario e basta il principio della precauzione per invocare poteri speciali e non più emergenziali”.

Stringenti limitazioni dei diritti in violazione dei principi costituzionali

Con il susseguirsi di decreti legge e Dpcm, spesso in sovrapposizione tra loro, si è assistito, rincara il tribunale pisano, “all’introduzione di sempre più stringenti restrizioni e limitazioni nell’esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali, fino ad arrivare ad incidere sul diritto al lavoro e ad un’equa retribuzione, con violazione dell’art. 36 Cost., il quale riconosce al lavoratore il diritto ad una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa; nonché fino ad escludere una categoria di persone dalla vita sociale, e dunque, da tutte quelle attività che attengono alla sfera della libertà personale, intesa quale diritto di svolgere attività che sviluppino la propria dimensione psicofisica (come riconosciuta dal combinato disposto degli artt. 2 e 13 Cost.), piuttosto che alla sfera della libertà di circolazione”. Il tutto, ovviamente, in violazione dell’art. 3 Cost.

Pertanto quando si introducono misure potenzialmente lesive del principio di eguaglianza e della dignità sociale, afferma la sentenza, occorre far riferimento al rispetto della persona umana, “limite invalicabile” che non può essere superato.

Il suo superamento infatti oltre a porsi in contrasto con la Costituzione, si spinge il giudice, “può condurre alla violazione dei Trattati internazionali e della Carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo, che sanciscono l’inviolabilità dei diritti fondamentali dell’uomo e della dignità della persona umana”.

Fine dello stato d’emergenza, fine delle restrizioni: raggiunto il limite massimo di tollerabilità

Per cui, conclude la dottoressa Manuali, pur ribadendo tutte le considerazioni svolte in merito alle questioni di illegittimità, “gli effetti delle misure restrittive, non possono certo protrarsi oltre il periodo della vigenza dello stato d’emergenza, in quanto esso ha costituito e costituisce il presupposto che ne ha giustificato l’adozione”.

Quando la situazione emergenziale giunge al suo termine, dunque, “i diritti e le libertà fondamentali devono riespandersi nel loro alveo originale”, poiché la loro compressione ha “raggiunto e superato il limite massimo di tollerabilità“. Una compressione che non può ulteriormente protrarsi ad libitum, altrimenti, tutte le libertà e i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalla Costituzione, “verrebbero svuotati nel loro nucleo essenziale e degradati, come tali, a meri simulacri”.

Fonte: studiocataldi.it

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Su questi temi vi ricordo il mio libro Virus e Leviatano (la prima edizione, lo ricordo, è del 2020) dedicato al dispotismo introdotto con i Dpcm e la decretazione d’urgenza. Dai politici che si sono resi responsabili di queste decisioni un autentico attentato alla Costituzione: un caso di eversione che va stigmatizzato e perseguito come tale.  

Aldo Maria Valli, Virus e Leviatano, Liberilibri, 108 pagine, 10,45 euro

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