Ecco le peripezie a a cui va incontro chi desidera ricevere la Comunione in bocca. Ma a chi interessa?

Gentile dottor Valli,

mi chiamo Patrizia e vorrei dare la mia testimonianza circa la Comunione in bocca, in quanto ritengo che occorra portare alla luce le storture di cui siamo spettatori e che altro non sono se non il frutto di decisioni non illuminate da fede e preghiera.

Quest’estate, in vacanza con la famiglia nel Gargano, sono andata a salutare il parroco, un cappuccino, e a chiedergli di poter ricevere Gesù devotamente, sulla bocca, cosa che l’estate precedente ci era stata proibita. Nemmeno il tempo di finire la frase e il padre cappuccino ha detto che le indicazioni del vescovo ancora non lo permettono e che lui deve essere obbediente. Ne è nata una breve discussione, dopo di che il cappuccino ha detto testualmente che “giuste o sbagliate che siano le intenzioni del vescovo”, lui deve rispettarle.

Risultato: per l’intera vacanza il frate ci ha lasciati senza Eucarestia. Non ha nemmeno accettato che noi ci presentassimo per ultimi, e va notato che alla Messa in quel paesino siamo presenti in pochissimi. Noi tre, in fondo alla Chiesa, sembravamo in castigo, nel silenzio complice degli altri fedeli presenti. Naturalmente, ci si poteva accostare a ricevere Gesù “svestiti” nei più svariati abbigliamenti da spiaggia, purché a mani tese.

Il vescovo locale, monsignor Franco Moscone dell’arcidiocesi Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, allineandosi prontamente e diligentemente alle indicazioni del ministero della Salute (e non della Cei), il 28 marzo scorso ha scritto ai sacerdoti ribadendo l’assoluto divieto di distribuire la Santa Eucarestia sulla lingua, decisione confermata il 14 giugno con una lettera ai sacerdoti.

Dunque, fintanto che il vescovo riterrà che c’è un’emergenza sanitaria (anche se in realtà non c’è), tutti quelli che come noi non vogliono ricevere la Santa Eucarestia sulla mano dovranno fare la Comunione spirituale, offrendo questo sacrificio.

Ma la trama del racconto si arricchisce di particolari tutt’altro che secondari. In questa diocesi avviene infatti una cosa curiosa e grave.

Mentre nel santuario di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo è sempre vietato ricevere la Comunione in bocca, in quello di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, distante solo una ventina di chilometri, i padri micheliti hanno avuto dal vescovo una particolare dispensa e la possono distribuire sulla lingua, purché chi desidera riceverla così si accodi per ultimo. Da notare che lo stesso padre michelita che abitualmente comunica sulla lingua i fedeli nel suo santuario, quando celebra nel nostro paesino di vacanza ci nega questo diritto, per obbedienza al parroco che lo ospita!

Insomma, una confusione totale e una disparità di trattamento che ha dell’incredibile.

A me sembra che alcuni vescovi si comportino come signorotti di un feudo, e i sacerdoti loro sottoposti non si accorgono minimamente (o a loro fa comodo non accorgersi) che una parte di fedeli, in questa chiesa che parla tanto di accoglienza, è discriminata senza motivo.

Conclusa la dolorosa esperienza pugliese, siamo stati protagonisti di un’altra curiosa vicenda pochi giorni fa. Partecipavamo a una Santa Messa di un giorno feriale, all’aperto, in un famoso santuario mariano a pochi chilometri da Trento. Visto il nostro desiderio di ricevere l’ostia sulla lingua, il sacerdote ci ha detto di aspettare a lato della fila per accostarci per ultimi, ma man mano che la fila scorreva ecco che sempre più fedeli si mettevano fra gli ultimi, al punto che il sacerdote, indispettito e sorpreso, ha esclamato: “Ma che problema avete?”. E poi, rassegnato, ha comunicato sulla bocca gli “ultimi” che nel frattempo erano diventati più numerosi dei “primi”!

Aggiungo che durante la distribuzione sulla mano una particola è caduta a terra (grazie a Dio è stata raccolta e consumata) e ciò purtroppo accade perché l’uso del piattino è stato ormai abbandonato, altra conseguenza dell’affievolimento della fede nella reale presenza di Gesù nell’Ostia Santa.

A fronte di questa situazione, forse la soluzione potrebbe essere semplice: lasciare ai fedeli libertà di scelta, in linea con la propria coscienza e sensibilità.

Intanto accettiamo questa realtà in spirito di sacrificio, pregando per i sacerdoti. Certo che se molti di loro avessero per la salvezza delle anime la stessa attenzione che hanno per la salute dei corpi, le chiese sarebbero piene di fedeli santi, devoti e certamente sani.

Patrizia

 

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