Riconoscere la bellezza e fissarla nel tempo. La fotografia di Paola Valli

Trovo spontaneo esprimermi attraverso la fotografia perché mi spiace che la bellezza possa non avere un occhio che la riconosce, la fissa nel tempo e la condivide. È proprio questo uno dei motivi che mi porta a fotografare: condividere ciò che vedo e come lo vedo”. Parole di Paola Valli, fotografa. Che in questa intervista spiega come si è avvicinata alla fotografia e qual è l’ispirazione all’origine della sua ricerca.

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Paola Valli è una giovane fotografa italiana di base tra Milano e Roma. Inizia a sperimentare con la fotografia a quindici anni. Le sue immagini sono fin da subito influenzate dall’ambiente che la circonda: quattro sorelle e una casa immersa nella natura.

Paola Valli non è attratta dall’eccezionale, ma dalla quotidianità vista con stupore. Nei ritratti non cerca la posa perfetta, ma la spontaneità. Le scelte nascono dalle emozioni e le restituiscono all’occhio di chi guarda. Quello che ci ha colpito della sua fotografia è proprio questo: la naturale intensità dei suoi soggetti, che anche quando sono inseriti in composizioni studiate, paesaggi lunari, lunghe esposizioni e effetti mossi, non perdono d’identità.

Come hai iniziato a fotografare? 

Per rispondere a questa domanda sono andata a cercare tra gli album fotografici di Facebook e ho trovato l’anno in cui ho iniziato a rubare la macchina fotografica di mio padre per scattare foto a me stessa, alle sorelle e all’amica che mi abitava di fronte. Si può dire che mi sia avvicinata alla fotografia per vanità a 15 anni, ho così dato il via ad un lungo percorso del tutto spontaneo durante il quale ho scoperto i miei gusti, la capacità di osservare e la voglia di esprimere tutto attraverso l’immagine.

In che modo ti interessa rappresentare la bellezza femminile? 

È difficile rispondere perché il modo in cui rappresento la bellezza femminile è istintivo. Probabilmente aver vissuto in una famiglia con cinque donne mi ha permesso di osservare molto bene la figura femminile e soprattutto vedere il contrasto tra i caratteri distintivi di ognuna. Penso sia proprio questo lo scopo della mia fotografia, dimostrare che ogni donna ha una bellezza personale che merita di essere fotografata e mostrarlo a lei in primis. Fotografando spesso persone che si trovano per la prima volta di fronte ad un obiettivo mi piace che il servizio fotografico possa essere un’esperienza attraverso la qualche conoscersi.

Costruzione e spontaneità: come ti muovi tra queste dimensioni? 

A volte le fotografie nascono da qualcosa che so e che voglio esprimere, a volte da qualcosa che non so e voglio scoprire. Nel primo caso organizzo tutto, il luogo, l’abito, l’inquadratura. Nel secondo “improvviso” fidandomi del mio occhio e del dito che, come diceva Roland Barthes, è l’organo del fotografo. Realizzo soprattutto servizi fotografici che definisco “spontanei” con persone che non sono modelle. In base a quello che ho davanti mi muovo e scatto.

Quando, a tuo parere, un ritratto è “riuscito”? 

Quando mi parla. Mentre scatto riconosco subito la foto buona e quella da eliminare, è immediato. Non ci sono regole tecniche che possano spiegare il ritratto “riuscito”, così come l’immagine in generale. Soprattutto quando questa raffigura uno o più esseri umani oltre che un paesaggio.

Parlaci del progetto Twins: di cosa si tratta? 

È iniziato durante un corso che ho frequentato ad Officine Fotografiche a Roma. Il compito era proprio quello di dar vita ad un nuovo progetto personale ed io ho subito pensato a mia sorella gemella Anna. Sono anni che volevo provare a rispondere attraverso le immagini alla domanda che spesso mi viene posta: “com’è avere una gemella?”.

Ammetto di non essere del tutto soddisfatta e di aver interrotto il progetto. Ci vuole tempo per dar vita un progetto così personale, la fase che precede lo scatto è lunga. Ho molto a cuore però le fotografie scattate e i momenti trascorsi insieme a mia sorella nel momento in cui le abbiamo realizzate.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato (se ne hai incontrate) quando hai deciso di intraprendere la carriera fotografica? 

L’età. Il commento “così giovane e già lavori” l’ho sempre visto come un modo per svilire le mie capacità più che un complimento. Succedeva a diciotto anni e a volte succede ancora adesso a venticinque. Ci sono poi tanti momenti di sconforto che bisogno mettere in conto nel momento in cui si intraprende una carriera di questo tipo. La pazienza e la determinazione sono le due armi che permettono di superare queste difficoltà.

Su quali temi ti piacerebbe rivolgere la tua ricerca in futuro?

Famiglia e legami personali. Mi piacerebbe entrare nelle case delle persone e raccontarle.

Fonte: ulaimedia.it

 

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