Il Covid, i lockdown e quella passione per la Cina del compagno Speranza. Così tutto incominciò. In Italia

di Michael P. Senger

Un’infezione, anche se letale come il cancro, inizia spesso con una singola ferita. Attraverso questa ferita, l’agente patogeno entra nel corpo infettando una cellula e qui si replica in modo patologico, corrompendo quelle che le circonda, fino a consumare l’intero organismo ospite.

Come l’infezione, così il totalitarismo. E nel 2020, il totalitarismo ha trovato la sua strada nel mondo libero attraverso la Lombardia, in Italia. Più precisamente, attraverso il ministro della Sanità Roberto Speranza, su ordine del quale il 21 febbraio 2020 cinquantamila residenti in Lombardia sono stati messi in isolamento. Il primo lockdown nel mondo occidentale moderno. Nel giro di poche settimane, l’isolamento fu esteso a tutte le città d’Italia, finché il 9 marzo l’intera nazione fu messa in lockdown. E nell’aprile 2020 più della metà della popolazione mondiale, circa 3,9 miliardi di persone, era stata messa in lockdown.

Queste chiusure non avevano precedenti nel mondo occidentale e non facevano parte dei piani anti-pandemia di nessun Paese democratico prima della chiusura di Wuhan, in Cina, da parte di Xi Jinping. Esse non sono riuscite a rallentare in modo significativo la diffusione del coronavirus e anzi hanno contribuito alla morte di decine di migliaia di persone, specie giovani, in tutti i Paesi in cui sono state sperimentate, compresa l’Italia.

I funzionari che hanno guidato la risposta al Covid in diversi paesi importanti hanno testimoniato che l’adozione da parte dell’Italia della politica di lockdown della Cina è stato uno degli eventi più importanti che hanno portato loro stessi a imporre i blocchi. Come ha scritto la coordinatrice della risposta al coronavirus della Casa Bianca, Deborah Birx, nel suo libro bizzarramente auto-incriminante:

Abbiamo lavorato contemporaneamente per sviluppare le indicazioni per appiattire la curva che speravo di presentare al vicepresidente alla fine della settimana. Ottenere il consenso sulle semplici misure di mitigazione che ogni americano poteva adottare era solo il primo passo verso interventi più lunghi e aggressivi. Dovevamo renderli appetibili per l’amministrazione, evitando di dare l’impressione di un blocco totale dell’Italia. Allo stesso tempo, era necessario che le misure fossero efficaci nel rallentare la diffusione, il che significava allinearsi il più possibile a quanto fatto dall’Italia: un compito arduo”.

Allo stesso modo, per dirla con le parole del professore dell’Imperial College Neil Ferguson, architetto dei modelli Covid, incredibilmente imprecisi, che hanno istigato le chiusure in tutto il mondo libero:

Ci siamo detti: [la Cina] è uno Stato comunista a partito unico. Pensavamo: in Europa non possiamo farla franca. E poi l’Italia l’ha fatto. E abbiamo capito che potevamo farlo anche noi”.

La valutazione di Ferguson è doppiamente ironica, perché è stato uno studio condotto in parte da Ferguson e dal suo team all’Imperial College a dimostrare l’efficacia del blocco deciso da Speranza per la città di Vo’, in Italia, il 22 febbraio 2020, blocco che portò poi al lockdown in tutta l’Italia il 9 marzo. La conclusione di quello studio era, ovviamente, sbagliata: ora abbiamo la prova che il tasso di infezione da Covid era in declino ben prima dell’inizio delle serrate in qualsiasi Paese democratico, comprese quelle in Lombardia e a Vo’. Ebbene, Ferguson ha giustificato la chiusura del Regno Unito sulla base della chiusura dell’Italia, a sua volta giustificata con un falso studio condotto in parte dallo stesso Ferguson!

È quindi di fondamentale importanza capire che cosa portò Speranza a ordinare le prime chiusure in Lombardia e poi in tutta Italia.

Nell’ottobre 2020, Speranza ha pubblicato un libro intitolato Perché guariremo: dai giorni più difficili a una nuova idea di salute. Poco dopo la pubblicazione, il libro è stato frettolosamente ritirato.

Il motivo dichiarato per giustificare il ritiro era che l’Italia stava vivendo una seconda ondata di Covid, ma scorrendo il libro è evidente che Speranza, che aveva firmato i primi ordini di lockdwn nel mondo occidentale, tradisce un’imbarazzante mancanza di preoccupazione per il Covid stesso e una preoccupazione molto maggiore per il modo in cui la risposta potrebbe essere utilizzata per attuare riforme politiche di estrema sinistra in tutta Italia. Come afferma in un passaggio eloquente:

Sono convinto che abbiamo un’occasione unica per radicare una nuova idea di sinistra… Credo che, dopo tanti anni in controtendenza, ci sia la possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove“.

Allo stesso modo, Speranza afferma che una lezione primaria del Covid è che l’Oms deve essere rafforzata e chiede che gli Stati Uniti non escano dall’Organizzazione mondiale della sanità:

A metà luglio ho scritto una lettera a Jens Spahn, ministro della Salute tedesco e presidente del Consiglio dei ministri della Salute, e a Stella Kyriakides, chiedendo un’iniziativa a livello europeo per impedire l’uscita degli Stati Uniti dall’Oms, attualmente prevista per il 2 luglio 2021. L’Oms è fondamentale: va difesa, migliorata, rafforzata, riformata partendo dai principi di trasparenza e autonomia”.

In tutto il libro, di 229 pagine, Speranza non esprime mai una critica alla Cina, limitandosi a riconoscere che il Paese ha “un modello culturale, politico e istituzionale molto diverso” e auspicando legami più stretti con Pechino:

La Cina è una grande protagonista del tempo in cui viviamo e sono convinto che si stia aprendo uno spazio politico importante per l’Europa, come cerniera tra la nuova potenza asiatica e gli Stati Uniti“.

Speranza è uno dei leader del neonato partito politico italiano Articolo Uno, fondato dall’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, il primo ex membro di un partito comunista a diventare primo ministro di un Paese della Nato. D’Alema è ora presidente onorario della Silk Road Cities Alliance, un’organizzazione statale cinese.

Speranza chiarisce che, quando ha ordinato il primo lockdown del mondo libero in Lombardia, era ben consapevole che stava copiando una politica che solo la Cina aveva attuato, e che avrebbe determinato una restrizione dei diritti costituzionali fondamentali dei cittadini:

La progressione dei contagi nel Lodigiano e anche in Veneto impone di chiudere aree non piccole, impedendo necessariamente a oltre cinquantamila persone di entrare e uscire dai confini della propria zona di residenza. Si tratta di un provvedimento dalle implicazioni preoccupanti per il tessuto economico e sociale, ma anche dal terribile impatto simbolico. Limitare la libertà di movimento dei cittadini, mandare l’esercito a controllare che le chiusure siano rispettate. La tutela del diritto alla salute, riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione, potrebbe portarci a limitare altri diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione? E poi, questo tipo di intervento funzionerà davvero, per fermare il contagio? Nessun altro Paese occidentale ha ancora sperimentato questo virus e le strategie di gestione che richiede. L’unico precedente a cui possiamo guardare è la Cina, con un modello culturale, politico e istituzionale molto diverso dal nostro. In Italia, dicono tutti da settimane, sarebbe impossibile fare quello che ha fatto la Cina. Ma se fosse necessario?”.

Prima ancora di ordinare le prime serrate nel mondo occidentale, Speranza ha svolto in Italia il ruolo di precoce allarmista sul Covid, simile a quello svolto negli Stati Uniti dal vice consigliere per la sicurezza nazionale Matt Pottinger, l’operatore di intelligence che conosce il mandarino e che, a partire dal gennaio 2020, ha aumentato unilateralmente l’allarme alla Casa Bianca, ha proposto mandati a tappeto basati sulle sue fonti in Cina e ha incaricato Deborah Birx di orchestrare le serrate in tutti gli Stati Uniti.

Come Pottinger, che ha organizzato le prime riunioni della Casa Bianca sul coronavirus alla metà del gennaio 2020, Speranza ha organizzato le prime riunioni della task force italiana sul coronavirus nello stesso periodo, prima che ci fossero casi confermati nel mondo occidentale. Come le riunioni di Pottinger, anche quelle di Speranza sul coronavirus si tenevano su base giornaliera. E, come Pottinger, Speranza dice di essere stato ispirato a farlo dalla risposta che ha visto in Cina:

Giovanna Botteri tiene informato il pubblico italiano. I suoi aggiornamenti da Pechino sono frequenti e puntuali. Decine di secondi di cronaca, che però trasmettono una situazione surreale. Ospedali presi d’assalto, nuove strutture sanitarie temporanee organizzate in poche settimane, controlli della temperatura in ogni angolo del Paese. E poi il blocco e la quarantena: città enormi, con milioni di abitanti, chiuse con il blocco totale delle attività e il divieto di uscire di casa. Guardo queste immagini e penso che in Occidente non sarebbe possibile gestire una crisi in questo modo. Ma non possiamo solo sperare che non sia necessario. Ed è con questa idea che il 12 gennaio istituisco per la prima volta la task force per il Coronavirus. Mi rivolgo subito ai principali scienziati italiani, consapevole del privilegio di poterlo fare. La ricerca, la matematica, per me, sono una parte fondamentale della forza dell’umanità. Da convinto razionalista, ho una vera fede nella scienza… La task force si riunirà, in mia presenza, tutti i giorni alle 9 del mattino, a volte anche prima, senza eccezioni, fino a quando il Comitato tecnico scientifico (Cts) non sarà operativo”.

Come Pottinger, alla fine del gennaio 2020 Speranza ha iniziato a lanciare l’allarme sul coronavirus nelle più alte sfere del potere politico italiano:

Il 29 gennaio, per la prima volta, dico al Parlamento che il Paese deve essere unito in questa partita. Non c’è più una maggioranza o un’opposizione. Ci sono gli italiani, c’è un problema enorme che li minaccia e ci sono le istituzioni che devono difendere i cittadini. Al termine della mia relazione al Parlamento, prendo il telefono e chiamo personalmente i tre leader dell’opposizione: Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini”.

Più o meno nello stesso periodo, Speranza ha iniziato a lanciare un allarme anche all’interno del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie:

Anche se l’Ecdc ritiene basso il rischio di diffusione del virus in Europa, dopo alcune sollecitazioni informali e personali al commissario europeo Stella Kyriakides e al ministro della Salute della Croazia – che detiene la presidenza di turno dell’Ue – ho deciso di chiedere formalmente, a nome del governo italiano, la convocazione del Consiglio europeo di tutti i ministri della Salute… Ma la mia sensazione è che la nostra coesione sia difettosa, che il livello di allerta sul virus sia troppo basso e che i meccanismi di funzionamento delle istituzioni comuni siano troppo deboli per essere attivati efficacemente in caso di emergenza. In queste ore è necessaria una riunione urgente dei ministri della Sanità”.

Il giorno successivo, 30 gennaio 2020, il primo ministro Conte annuncia i primi due casi confermati di Covid in Italia e immediatamente dichiara lo stato di emergenza, “consentendo al governo di snellire rapidamente la burocrazia, se necessario“.

Quando Speranza ha ordinato il blocco della Lombardia, in una conferenza stampa ha fatto capire che sapeva di compiere un’azione che avrebbe avuto conseguenze non solo per l’Italia, ma per il mondo intero:

Mi sembra un fatto abbastanza evidente, le misure attuate dall’Italia sono ai massimi livelli in Europa, ma probabilmente anche a livello globale”.

Questo concorda con una soffiata anonima pubblicata il 30 gennaio 2020, lo stesso giorno in cui sono stati confermati i primi casi in Italia, da parte di qualcuno che diceva di avere amici e parenti al Cdc e all’Oms e che l’Oms stava pianificando di iniziare a ricreare la risposta della Cina in tutto il mondo occidentale, prima di tutto chiudendo le città italiane:

L’Oms sta già parlando di quanto sarà problematico riprodurre la risposta cinese nei Paesi occidentali e il primo Paese in cui vuole sperimentarla è l’Italia. Se dovesse scoppiare un’epidemia di grandi dimensioni in una grande città italiana, vogliono lavorare attraverso le autorità italiane e le organizzazioni sanitarie mondiali per iniziare a bloccare le città italiane nel vano tentativo di rallentare la diffusione almeno fino a quando non saranno in grado di sviluppare e distribuire i vaccini, che btw è il punto in cui bisogna iniziare a investire”.

Nonostante il fatto che le serrate non avessero precedenti nel mondo occidentale, questo suggerimento si è rivelato un preannuncio quasi perfetto degli eventi successivi.

Infatti, la task force sul coronavirus di Speranza aveva già commissionato uno studio sui possibili scenari di progressione del Covid. Questo studio, che utilizzava i dati della Cina ed è stato fornito al Comitato tecnico scientifico italiano sul coronavirus il 12 febbraio 2020, è di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler (FBK).

L’FBK e Merler sono stati citati positivamente da Bill Gates, secondo finanziatore dell’Oms, al World Economic Forum del 2017 dopo che Merler e l’FBK hanno lavorato con Gates sulla risposta all’Ebola. Il fatto che lo studio di Merler esistesse è stato tenuto riservato e reso pubblico solo mesi dopo. Per questo motivo, è stato soprannominato “studio segreto” dai partiti di opposizione italiani.

Lo “studio segreto” di Merler non è mai stato reso pubblico, ma nel 2020, con diversi co-autori cinesi, e con il finanziamento del governo cinese, l’autore ha pubblicato altri due articoli su riviste, ognuno dei quali pretendeva di dimostrare l’efficacia delle misure di blocco e degli interventi non farmacologici contro il coronavirus in Cina. Il primo degli articoli di Merler con coautori cinesi, finanziato in parte dal governo cinese, è apparso nell’aprile 2020 e affermava di dimostrare che “il solo distanziamento sociale, come attuato in Cina durante l’epidemia, è sufficiente a controllare il Covid-19”, sulla base dei dati forniti dalla Cina a Wuhan. Il secondo articolo di Merler, sempre con coautori cinesi e anch’esso finanziato in parte dal governo di Pechino, è apparso nel luglio 2020 e sosteneva di aver dimostrato che gli NPI [Non-Pharmaceutical Interventions, NdT] erano stati efficaci nel controllare la diffusione del coronavirus nelle città cinesi al di fuori di Wuhan, sempre sulla base di dati forniti dalla Cina.

Una persona ragionevole riconoscerebbe probabilmente che i dati cinesi su cui Merler ha basato le conclusioni dei suoi articoli, provenienti da un regime totalitario con una nota storia di falsificazioni, erano bugie.

Che fosse motivato da un ragionamento diretto, da un finanziamento o da qualcosa di peggiore, Stefano Merler, l’autore principale dell’inedito “studio segreto” basato sui dati cinesi che ha portato al primo blocco del mondo libero in Lombardia, per tutto il 2020 stava effettivamente gestendo un’operazione di riciclaggio della propaganda per conto del Partito comunista cinese.

Sebbene lo studio segreto di Merler non sia mai stato reso pubblico, è stato poi condiviso da Repubblica, il quotidiano italiano di centro-sinistra. Repubblica ha scritto un articolo sullo studio, ma in tutta la mia vita non mi sono mai imbattuto in un articolo mainstream così accuratamente eliminato dalla memoria web. Non solo il link originale all’articolo non funziona, ma non funzionano nemmeno gli archivi web e l’articolo non compare su Google. Fortunatamente, un sito ne ha copiato il testo.

Il Covid deve essere davvero un virus, visto che ha impedito al quotidiano italiano di rispettare gli standard di base della conservazione dei documenti online per l’unico articolo scritto su uno studio governativo chiave condiviso privatamente. Naturalmente, questo è in linea con il modello di segretezza e disonestà che abbiamo visto applicato da parte dei governi di tutto il mondo occidentale da quando è apparso il coronavirus.

In realtà, parallelamente allo studio segreto di Merler, esisteva anche un “piano segreto” più dettagliato, specificamente intitolato “Piano operativo di preparazione e risposta a diversi scenari di possibile sviluppo di un’epidemia 2019-nCov”, i cui dettagli non sono mai stati resi noti. Nel dicembre 2020, un partito di opposizione si è rivolto al tribunale per ottenere la pubblicazione del Piano operativo segreto, ma Speranza si è ancora rifiutato di rilasciarlo con la motivazione che non si trattava di un “piano pandemico formalmente approvato”.

Il rifiuto di Speranza di rendere pubblico il Piano operativo segreto è interessante, perché all’inizio del 2020 il governo tedesco ha commissionato un piano operativo confidenziale, poi ottenuto grazie a una serie di fughe di notizie e richieste FOIA (Freedom of Information Act, normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, salvo i limiti a tutela degli interessi pubblici e privati stabiliti dalla legge, NdT], “basato sulle scoperte scientifiche di gruppi di esperti dell’Università di Bonn/Università di Nottingham Ningbo China”, almeno uno dei quali non aveva alcuna esperienza in malattie infettive o epidemiologia, contenente un “catalogo di misure” da attuare da parte del Cdc tedesco. Il documento illustrava, in dettaglio, i passi da compiere per attuare chiusure, test di massa e strutture di quarantena, oltre ad altre misure draconiane. Il documento suggeriva specificamente “appelli allo spirito pubblico”, compreso lo slogan “insieme separatamente”. Delle 210 pagine di e-mail sottoposte a FOIA che hanno portato alla pubblicazione del piano operativo tedesco, 118 sono state completamente oscurate. Le e-mail contengono frequenti discussioni sulla Cina, ma quasi tutti i riferimenti sono stati cancellati. Il motivo dichiarato è: “Potrebbe avere effetti negativi sulle relazioni internazionali”.

Naturalmente, poiché il signor Speranza ha deciso che non è nell’interesse del popolo italiano conoscere i contenuti del Piano operativo segreto italiano, non abbiamo modo di sapere se assomiglia al piano operativo segreto della Germania, basato sulle scoperte dei lobbisti cinesi, che contiene istruzioni specifiche per l’attuazione di blocchi, test di massa, strutture di quarantena e appelli allo spirito pubblico.

Nel suo libro Speranza appare come una persona molto più carismatica rispetto all’inquietante totalitarismo di Deborah Birx nella sua strana confessione. Spesso Speranza va al di là delle differenze di partito, come quando ricorda con affetto il suo primo incontro con l’ex primo ministro Silvio Berlusconi:

Dopo aver scambiato alcuni convenevoli, l’ex primo ministro concluse con un sorriso: ‘Hai una faccia così pulita, da bravo ragazzo, ma cosa ci fai con questi comunisti? Vieni con noi!’.”

Speranza esprime un sincero desiderio di riforme politiche di estrema sinistra e, in più punti, ha un bel ricordo del suo lavoro come giovane socialista in ambito internazionale:

Il mio primo vero impegno politico, nella Sinistra giovanile, è stato in gran parte dedicato alla politica europea e internazionale. Mi fa sorridere che oggi Enzo Amendola sieda con me al Consiglio dei ministri come ministro per gli Affari europei. Ha qualche anno più di me e abbiamo lavorato insieme per anni sui temi internazionali, lui come responsabile dell’Internazionale dei giovani socialisti, io in Italia nella Sinistra giovanile, fino a diventare presidente nazionale, ma sempre con un occhio di riguardo a ciò che accadeva nel mondo… Ho fatto parte dell’Internazionale socialista e in quel viaggio ho respirato davvero, nel modo più popolare e umano, il concetto di solidarietà internazionale. Quella dal basso, quella dei ragazzi della mia generazione, con poco budget e molta fiducia nel mondo. Da questo punto di vista credo di appartenere a una generazione privilegiata, che era già una comunità europea: ragazzi con enormi zaini sulle spalle che si incontravano, in qualsiasi parte del continente, e si riconoscevano”.

È possibile che Speranza si sia gradualmente invischiato in una rete di totalitarismo di stampo cinese per eccesso di zelo e affinità con la propaganda tradizionale ed egualitaria del socialismo. Questo era qualcosa di più comune nell’era sovietica, quando le realtà distopiche del comunismo erano meno conosciute, ma basta parlare con un giovane in un bar di una città liberale per sapere che la propaganda originale del comunismo è ancora molto diffusa nell’estrema sinistra.

Speranza conclude il suo libro con un Epilogo di cui Karl Marx stesso sarebbe orgoglioso, e che ho riprodotto integralmente qui sotto. Ricordo che questo dovrebbe essere un libro sulla risposta a una pandemia. Lascio che parli da solo.

Nel corso di queste pagine ho usato ripetutamente due termini per me essenziali come ‘uguaglianza’ e ‘diritti’. E sono serviti a tracciare la rotta nella tempesta, come le stelle per i marinai. I tempi duri non sono quelli in cui i valori e i principi devono essere lasciati da parte. Sono quelli di cui si ha bisogno. Abbiamo visto come la politica sia gestione quotidiana, scelte quotidiane, impegno quotidiano. Ma è anche un’appassionante storia personale e collettiva e un salto verso il futuro. Per questo credo che un altro dovere che abbiamo verso noi stessi e verso il Paese, un altro modo per non disperdere le dure lezioni di questi mesi e per affrontare meglio le sfide che ci attendono, sia quello di abbracciare un vento politico di cui c’è bisogno da tempo.

Sono convinto che abbiamo un’occasione unica per radicare una nuova idea di sinistra, basata su un impegno che oggi tutti riconoscono necessario: difendere e rilanciare i beni pubblici fondamentali, a partire dalla tutela della salute, dal valore dell’istruzione e dalla difesa dell’ambiente. Abbiamo vissuto l’individualismo sfrenato, abbiamo subito la sua traduzione economica e sociale: il neoliberismo altrettanto sfrenato. Abbiamo creduto nella propaganda secondo cui un mondo organizzato secondo questi principi avrebbe prodotto ricchezza e benessere per tutti. Per oltre trent’anni questa ideologia è stata egemone nella coscienza del mondo occidentale: non solo ha orientato la destra, ma ha influenzato in modo significativo anche la sinistra, cambiandola poco a poco.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e la “fine della storia”, in tutto il mondo i grandi partiti della sinistra hanno dovuto accelerare il cammino che stavano percorrendo, per aggiornare la loro visione della società. È stato uno sviluppo giusto e necessario: il mondo sta cambiando e la politica deve adattarsi ai nuovi tempi. Nel periodo successivo alla Guerra Fredda, l’obiettivo era quello di liberare definitivamente il campo progressista e democratico dalle pulsioni antidemocratiche e illiberali che avevano caratterizzato il socialismo reale. In verità, le socialdemocrazie europee, e poi lo stesso Partito Comunista Italiano, avevano già da anni compiuto un percorso pragmatico di rottura con l’esperienza sovietica.

La revisione ideologica era legittima. Lasciare campo libero a un modello di convivenza civile e politica determinato dal mercato senza regole, invece, è stato un errore. L’individualismo ha indebolito le reti sociali e frammentato la rappresentanza. Si è pensato che lo Stato non fosse più necessario, che dovesse essere ridotto al minimo. Che tutte le sue interferenze fossero una seccatura, perché la società e l’economia erano in grado di autoregolarsi. Dovevano solo essere lasciate “libere”.

E così è iniziata la stagione dell’estrazione delle risorse a scapito dell’equità sociale. La stagione dei tagli alla spesa pubblica, della destrutturazione dei due grandi pilastri del welfare: sanità e istruzione. Salvo rarissime eccezioni, non solo in Italia, i servizi sanitari nazionali sono diventati più deboli e meno capaci di rispondere ai bisogni delle persone. E all’interno del ridimensionamento dello Stato sociale, le disuguaglianze sono esplose. I ricchi sono sempre più sani e i poveri sempre più malati.

Abbiamo visto i rischi corsi quando un sistema sanitario, economico e sociale indebolito da decenni di scelte sbagliate si è trovato ad affrontare una vera e propria emergenza.

I mesi del Covid, però, hanno accelerato un processo di ripensamento di cui erano già visibili alcuni primi segnali. Abbiamo riscoperto quanto siano importanti i beni pubblici fondamentali, a partire dalla tutela della salute. Per la prima volta, dopo molti anni, la sinistra non va controvento. Siamo stati nella lunga fase in cui la storia sembrava andare nella direzione dell’individualismo neoliberista, e nel nostro andare controvento, cercando la rotta, lottando contro soluzioni un po’ pasticciate e che poco avevano a che fare con i valori della sinistra, in Italia abbiamo vissuto una dolorosa scissione nel principale partito di centrosinistra. Oggi le cose stanno cambiando e si può riaffermare un’idea di sinistra a partire dai beni pubblici fondamentali e da un nuovo ruolo dello Stato.

Durante la crisi, le persone hanno capito che c’è bisogno di qualcuno che protegga e difenda la loro vita, la loro sicurezza personale. Chi può garantire questi diritti a ogni cittadino? Chi può offrire la certezza che la tutela del diritto alla salute non dipenda dalle condizioni economiche e sociali di ogni persona in un determinato momento della sua esistenza?

Il mercato non può farcela da solo. Di fronte a una vita messa a rischio, non bastano le sue regole, né l’iniziativa individuale. Non basta l’assicurazione contro un virus che uccide, né la carta di credito. È illusorio, lo abbiamo visto, pensare di salvarsi da soli. C’è bisogno di una tutela sovraordinata dei diritti fondamentali, che solo le istituzioni pubbliche possono garantire. Serve un grande Servizio Sanitario Nazionale, radicato e organizzato, capace di prendersi cura di tutti e di non lasciare indietro nessuno. Per fermare il virus, e per ristabilire le condizioni in cui nulla di ciò che ci è accaduto possa ripetersi, è indispensabile curare tutti. E farlo non è solo conveniente: è giusto.

La gente lo ha capito. E questa consapevolezza ha aperto un terreno politico molto fertile per la sinistra. A patto che metta al centro della sua agenda la difesa dei beni pubblici fondamentali e del lavoro. A patto che smetta di imitare la destra e le sue politiche e archivi la stagione della subordinazione al neoliberismo.

Credo che, dopo tanti anni controvento, ci sia una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su nuove basi. Molte tendenze che vediamo affermarsi vanno nella stessa direzione, dalle belle manifestazioni ambientaliste ispirate dalla giovane Greta alle piazze italiane spontanee dei “sardi”. Ci stanno gridando la stessa cosa: ci sono beni pubblici fondamentali che vanno difesi e tutelati. E non si può più stare a guardare. È il momento di un nuovo grande sforzo collettivo.

Il Covid ha cambiato tutto, ha inciso profondamente sulle vite individuali e sulla convivenza sociale. Non è possibile che tutto cambi e che le forze politiche rimangano così come sono. Dobbiamo metterci in discussione. Con coraggio. Io e le donne e gli uomini che hanno condiviso con me l’esperienza di Articolo Uno siamo disponibili a farlo subito. La destra è molto forte. Non può essere sottovalutata. Ha una straordinaria capacità di interpretare un sentimento di ansia e insicurezza diffuso nella nostra società, soprattutto nelle fasce più deboli, dove ci sono meno certezze e più paure. La risposta della destra parla un linguaggio facile e diretto. Individua nel diverso, nell’altro (magari con un colore di pelle più scuro), un nemico responsabile e innalza la bandiera dell’identità nazionale come un muro, un recinto, con l’illusione di lasciare fuori il pericolo.

Dobbiamo coltivare un nuovo grande campo che parta dalla difesa dei valori della nostra Costituzione, del lavoro e dei beni pubblici fondamentali. Quest’area politica, al di là delle sigle oggi esistenti, che mi sembrano tutte abbastanza obsolete, deve cercare di tenere insieme le forze che oggi sostengono il nostro governo. Ora può sembrare un’utopia, ma credo che la strada sia già segnata e sia quella giusta. Si creerà una nuova dicotomia. È necessario, su questa base, ristabilire il campo democratico e progressista. Anche questa è una sfida impegnativa e affascinante”.

Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!

Fonte: michaelpsenger.substack.com

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