Lettera aperta a monsignor Vincenzo Paglia

Caro don Vincenzo,

scusa se mi permetto di chiamarti così, ma mi viene spontaneo, visto che l’ho sempre fatto e che tu stesso mi chiedevi di lasciar da parte «eccellenza», «monsignore» eccetera.

Ho visto che durante una trasmissione televisiva hai definito la legge 194 «un pilastro della società». Vorrei sapere come ti è uscita una simile definizione. Forse volevi dire «un pilastro della società della morte» o «un pilastro della società che non rispetta la vita”» Il problema è che la seconda parte della definizione ti è rimasta nel pensiero e non l’hai espressa.

Sei il presidente della Pontificia accademia per la vita, che si chiama così perché il suo compito è di tutelare la vita in ogni sua fase, dal concepimento alla morte naturale. Ma se anche tu fossi un don Vincenzo qualsiasi sei comunque un sacerdote, un alter Christus. Dunque? Come mai quella frase infelice e menzognera?

Mi ricordo che quando ti intervistavo eri attento a scegliere bene le parole, perché eri consapevole della loro portata, specie se a pronunciarle è una persona come te, che ricopre un ruolo importante. Dunque mi riesce difficile immaginare che quella definizione ti sia uscita per sbaglio o per superficialità. Forse sei rimasto intimidito dallo studio televisivo ed è scattato in te il desiderio di non prendere una posizione contraria al «comune sentire»? Se fosse così, non ti giustificherei, ma potrei capirti.

So bene che durante un talk show non si possono fare lunghi ragionamenti e ogni idea complessa rischia di essere lasciata a metà, perché il conduttore incalza. So bene che in certe occasioni occorre esprimersi a base di frasi concise, rischiando la superficialità. Ciò tuttavia non giustifica quanto hai detto a proposito della 194. «Pilastro della società» vuol dire legittimare la morte di milioni di innocenti. E che razza di società è questa?

Caro don Vincenzo, non ho certamente bisogno di ricordare al presidente della Pontificia accademia per la vita ciò che scrive san Giovanni Paolo II nella Evangelium vitae. Comunque lo ricordo lo stesso, perché fa sempre bene: «La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» (n. 53). E ancora, con particolare solennità: «Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale (…) La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. Niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo» (n. 57).

Come me, caro don Vincenzo, hai conosciuto san Giovanni Paolo II. Gli abbiamo voluto bene. Come puoi ora dimenticare il suo insegnamento e dire che la 194 «è un pilastro della società»?

Scusa se mi sono permesso di mandarti questa lettera aperta. Lo faccio con il cuore e senza animosità. Viviamo in un mondo impazzito, nel quale il male è chiamato bene e il bene è condannato. Abbiamo più che mai bisogno di pastori coraggiosi, testimoni fedeli. Sai che cosa diceva il santo Curato d’Ars? «Quando vedete il sacerdote, pensate a Nostro Signore Gesù Cristo». Sarebbe molto bello che questo potesse avvenire anche in uno studio televisivo. Vedere un sacerdote e pensare a Gesù, non a un politico.

Un caro saluto

Aldo Maria Valli

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