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Rapporto Censis / Ecco l’Italia della malinconia

Malinconici, spaventati dagli eventi globali che possono compromettere presente e futuro, sempre meno disposti a seguire gli influencer, indignati dalle diseguaglianze economiche. È il ritratto degli italiani che emerge dal 56° Rapporto Censis e fotografa un Paese “entrato nel ciclo del post-populismo”.

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È uscito il 56° Rapporto Censis:  fotografa un Paese in preda alla malinconia, un Paese bloccato, privo di prospettive e segnato dalle disuguaglianze economiche. Sullo sfondo il primato europeo dei Neet [Not in Education, in Employement or Training, giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione], le aule scolastiche sempre più vuote a causa della contrazione demografica e la sanità che dovrà affrontare una carenza di personale.

Il report arriva dopo una drammatica sequenza di eventi di portata mondiale: il Covid, la guerra in Ucraina, l’inflazione in crescita e la crisi energetica. Un poker micidiale che va a sommarsi alle vulnerabilità preesistenti e che determina negli italiani “una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere” ma anche “istanze di equità non più liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico”.

Il 92,7% degli italiani è convinto che la corsa dei prezzi durerà a lungo, il 76,4% pensa che le entrate familiari nel prossimo anno non aumenteranno, quasi il 70% pensa anzi che il proprio tenore di vita peggiorerà.

Diventano quindi “socialmente insopportabili” le forbici economiche: il gap tra i salari dei manager e quelli dei dipendenti (odioso per l’87,8%), le buonuscite milionarie dei “top” (86,6%) ma anche gli eccessi, i jet privati e le auto costose. L’81,5% non tollera gli “immeritati guadagni” degli influencer, personaggi “senza competenze certe”.

Salvo “improvvise fiammate”, non si registrano però “intense manifestazioni collettive come scioperi, manifestazioni e cortei”. A comprovarlo c’è anche il dato record dell’astensione elettorale. C’è piuttosto un ripiegamento su se stessi “Una filosofia molto semplice: lasciatemi vivere in pace nei miei attuali confini soggettivi”. Una tentazione alla “passività” che si riscontra nel 54,1% degli italiani.

Nel complesso, quattro su cinque “non hanno voglia di fare sacrifici per cambiare”: l’83,2% non ha nessuna intenzione di sacrificarsi per seguire gli influencer (ancora loro), l’81,5% per vestire alla moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, ed è attorno al 60% la percentuale di chi non smania per sentirsi più giovane o attraente. Si frena anche al lavoro: al 36,4% non interessa più sacrificarsi per far carriera o guadagnare di più.

Crescono paure nuove: ormai l’84,5% degli italiani, in particolare i giovani e i laureati, ritiene che anche eventi geograficamente lontani possano cambiare le loro vite; il 61% teme che possa scoppiare la Terza guerra mondiale, il 59% la bomba atomica, il 58% che l’Italia stessa entri in guerra.

Oltre metà degli italiani, inoltre, teme di rimanere vittima di reati sebbene nell’ultimo decennio le denunce siano in calo del 25,4%, gli omicidi volontari siano diminuiti del 42,4%, così come le rapine (-48,2%) e le case svaligiate (-47,5%). Sono però aumentate, sempre dal 2012, le violenze sessuali (+12,5%) e le estorsioni (+55,2%), oltre ai reati informatici.

Nel Paese continua la tendenza all’invecchiamento all’impoverimento: nel 2021 le famiglie in povertà assoluta erano 1,9 milioni, pari al 7,5% del totale, aumentate di 1,1 punti rispetto al 2019, per un totale di quasi 5,6 milioni di individui.

Gli over 65 sono il 23,8%, + 60% rispetto a trent’anni fa, e tra vent’anni si calcola che saranno il 33,7%. Il trend si riflette sulla scuola, ma anche sulla sanità. Si calcola che tra vent’anni tra i banchi potrebbero sedere 1,7 milioni di giovani in meno, con uno tsunami demografico che investirà in primo luogo la primaria e la secondaria di primo grado: i bambini tra i sei e i tredici anni già nel 2032 potrebbero essere quasi 900 mila in meno rispetto a oggi. E anche le immatricolazioni all’Università sono date in contrazione forte tra il 2032 e il 2042.

Intanto i Neet italiani – chi non studia né lavora – raggiungono cifre record: sono infatti il 23,1% dei giovani tra i quindici e i ventinove anni, percentuale che sale al Sud raggiungendo il 32,2%.

Invecchia anche il personale sanitario: l’età media dei 103.092 medici del Servizio sanitario nazionale è di 51,3 anni; tra gli infermieri è di 47,3 anni. Si stima che nel 2022-2027 i pensionamenti tra i medici saranno 29.331 e 21.050 tra gli infermieri. Dal 2008 al 2020 il rapporto medici/abitanti è passato da 19,1 a 17,3 ogni diecimila abitanti, mentre quello relativo agli infermieri è passato da 46,9 a 44,4.

Fonte: Ansa

 

Aldo Maria Valli:
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