Vaticano / Ma il Consiglio dei cardinali ha ancora senso?

Prima è toccato agli olandesi (7-13 novembre). Poi ai tedeschi (14-18 novembre) e ai belgi (21-25 novembre). Ora tocca ai vescovi austriaci compiere la loro visita ad limina a Roma.

Lo ricorda Luke Coppen su pillarcatholic.com precisando che i vescovi del’Austria incontreranno i funzionari vaticani e il papa durante il viaggio dal 12 al 16 dicembre, la loro prima visita collettiva nella Città Eterna dal 2014.

A differenza di tedeschi e belgi, i vescovi austriaci non arrivano a Roma con una questione da prima pagina (la via sinodale nel caso della Germania e le benedizioni omosessuali in quello del Belgio). Ma hanno comunque questioni importanti da discutere con papa Francesco e la curia romana. Tra questi vi sarà certamente il processo di secolarizzazione, ha osservato Paul Wuthe, caporedattore dell’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress .

“Se in occasione della visita ad limina del 2014 erano 5,27 milioni gli austriaci che professavano la fede cattolica, il numero è sceso a 4,83 milioni nel 2021″, ha ricodato Wuthe.

Secondo il presidente della Conferenza episcopale austriaca, l’arcivescovo Franz Lackner, al centro della visita a Roma ci sarà la sintesi del sinodo nazionale del Paese, che ha registrato “appelli diffusi per l’ordinazione delle donne (almeno nella forma del diaconato)”.

La visita potrebbe avere un’importanza particolare per il più importante leader cattolico austriaco: il cardinale Christoph Schönborn. Il teologo domenicano, che ha collaborato alla stesura del Catechismo della Chiesa cattolica, è probabilmente alla sua ultima visita ad limina come arcivescovo di Vienna.

Il porporato, che è alla quinta visita ad limina e governa l’arcidiocesi di Vienna da ben ventisette anni, compirà 78 anni a gennaio, ben oltre la consueta età pensionabile dei vescovi diocesani. Come vuole la norma, ha presentato le dimissioni prima del settantacinquesimo compleanno, ma papa Francesco le ha rifiutate e gli ha chiesto di rimanere in carica per “un periodo indefinito”.

La visita dei vescovi potrebbe quindi dare al papa l’occasione per valutare i potenziali candidati alla successione del cardinale a Vienna.

A proposito di cardinali, sempre su pillarcatholic.com  Ed Condon si chiede: a che cosa serve ormai il Consiglio dei cardinali voluto da Francesco?

Il Consiglio non è più quello di una volta. I membri sono invecchiati e l’agenda appare quanto meno anemica. Quindi?

Quando il papa creò il Consiglio dei cardinali, ormai quasi un decennio fa, lo scopo principale era consigliare Francesco sulla riforma del governo globale della Chiesa e produrre una nuova costituzione per la curia romana.

Quel documento, Praedicate evangeliumè stato pubblicato all’inizio di quest’anno, ma il Consiglio è rimasto in carica, sebbene la sua agenda non sembri includere la maggior parte delle questioni realmente importanti che la Chiesa deve affrontare a livello globale.

Se il papa decidesse di sostituire i membri attuali, tutti ormai prossimi agli ottant’anni, avremmo un’idea di come Francesco vede il futuro di questo organismo, ma tutto è fermo.

Nei giorni scorsi la sala stampa della Santa Sede ha diffuso un comunicato sull’ultima riunione del Consiglio. La dichiarazione è stata breve. Ha spiegato che i cardinali hanno incontrato Francesco per due giorni per discutere diverse questioni, tra cui la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il sinodo in corso sulla sinodalità, i lavori della Pontificia commissione per la protezione dei minori e un recente incontro delle conferenze episcopali dell’Asia. Nulla sua guerra tra Ucraina e Russia, nulla sulla Cina, nulla sulle finanze vaticane.

Francesco ha detto di considerare la guerra in Ucraina probabilmente come l’evento globale più importante attualmente in corso. Avendo precedentemente identificato l’Ucraina come il centro di una terza guerra mondiale al rallentatore, Francesco questa settimana ha paragonato le atrocità russe nel paese alla campagna nazista della seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo, l’invasione russa e la risposta ucraina hanno drasticamente spostato le placche tettoniche ecclesiali in entrambi i paesi, con effetti significativi sul movimento ecumenico globale. Tuttavia questi temi non hanno meritato l’attenzione del presunto comitato consultivo globale di più alto livello del papa.

Analogalmente, il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, invitato a illustrare i colloqui sul cambiamento climatico della COP27 in Egitto, non è stato chiamato a informare il consiglio sui progressi dell’accordo Vaticano-Cina recentemente rinnovato sulla nomina dei vescovi. Data la recente decisione del governo cinese di creare una nuova diocesi al di fuori della giurisdizione della Chiesa e di reclutare un vescovo cattolico in servizio per farne da ausiliare, ci si sarebbe potuti aspettare che questo fosse un argomento chiave per il papa e il suo consiglio, ma così non è stato.

E mentre le questioni finanziarie vaticane continuano a fare notizia – compreso un cardinale che registra il papa mentre discute di segreti di Stato – né Parolin né il cardinale Giuseppe Bertello, l’ex capo del Governatorato, sono stati invitati a parlare.

Idem per quanto riguarda il capo del Consiglio per l’economia del Vaticano, il cardinale Reinhard Marx, che non è stato chiamato a riferire dei rapporti secondo cui il suo stesso Consiglio aveva diffuso promemoria avvertendo che le riforme rischiavano di diventare una “sciarada”.

Ci si sarebbe potuti aspettare che gli affari finanziari all’interno della curia meritassero almeno una conversazione, e invece niente.

Un’agenda così anemica sta a significare che il Consiglio dei cardinali è ormai irrilevante per il governo del papa sulla Chiesa universale?

C’è da immaginare che il papa e gli altri membri del Consiglio abbiano probabilmente apprezzato l’aggiornamento fornito dal cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, sull’incontro di ottobre delle conferenze episcopali dell’Asia, ma molti potrebbero chiedersi perché non si sia parlato piuttosto della crisi in corso in India, dove una serie di vescovi sono stati costretti a dimettersi – e un altro ha dovuto cercare la protezione della polizia – sulla scia delle proteste di massa contro riforme liturgiche nella Chiesa siro-malabarese.

I membri del consiglio, una volta chiamati C9 per via del loro numero, brevemente ribattezzati C6 e ora presumibilmente soprannominati C7, sono sempre più anziani e, sebbene geograficamente rappresentativi della Chiesa, non costituiscono più una formidabile collezione di figure chiave come una volta.

Più della metà dei suoi membri – i cardinali Gracias, O’Malley, Maradiaga e Bertello – hanno superato l’età ordinaria di pensionamento episcopale, avendo rispettivamente 77, 78, 79 e 80 anni.

Il cardinale Bertello, pur essendo ancora membro della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano, è funzionalmente in pensione ed è stato sostituito alla guida del Governatorato lo scorso anno. Allo stesso modo, pur essendo ancora nominalmente capo della Pontificia commissione per la tutela dei minori, il cardinale O’Malley si è ritirato dal suo ruolo cedendolo al padre gesuita Hans Zollner.

Altri membri del presunto Consiglio di più alto livello del papa hanno dovuto fare i conti con vari scandali.

Il cardinale Oscar Maradiaga, coordinatore del gruppo, ha affrontato per anni accuse di gravi irregolarità finanziarie nella sua arcidiocesi di origine di Tegucigalpa in Honduras, che hanno portato a una visita apostolica nel 2017 ma non a una chiara risoluzione.

Il cardinale Marx, nel frattempo, ha offerto due volte al papa le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco (anche se non dalle sue nomine vaticane) in risposta allo scandalo degli abusi clericali in Germania. Marx è il vescovo più anziano del suo paese e un forte difensore del controverso “sentiero sinodale” che è stato duramente denunciato dagli alti cardinali vaticani durante la visita ad limina dei vescovi tedeschi poche settimane fa.

Quando al cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, alla guida del più importante dicastero curiale di Roma, non si può dimenticare che la Segreteria di Stato è stata oggetto di critiche diffuse durante il processo in corso in Vaticano sugli scandali finanziari, procedimento che sta mettendo a nudo una cultura di cattiva amministrazione, frode, corruzione, estorsione e appropriazione indebita.

A questo punto una soluzione ovvia e organica sarebbe che Francesco procedesse a un ricambio dei cardinali consiglieri, eliminando gradualmente i membri in pensione a favore di porporati più giovani.

Il papa potrebbe per esempio chiedere al cardinale congolese Besungu di assumere il ruolo di coordinatore, portando così all’interno del Consiglio un punto di vista del continente in cui la Chiesa sta crescendo più velocemente.

Una seconda opzione per Francesco sarebbe quella di reinventare del tutto il Consiglio, aprendolo a non cardinali e anche a non chierici.

È ironico, sotto questo profilo, che il Consiglio, composto interamente da cardinali, abbia fornito come risultato principale la promulgazione di una nuova costituzione vaticana che ha aperto la strada all’ingresso dei laici ai più alti livelli della curia.

Non dimentichiamo poi che quando l’organismo fu creato un membro chiave era il cardinale George Pell, scelto dal papa per la riforma finanziaria. Ma Pell, a causa dell’inchiesta a suo carico, prese congedo dall’organismo e dal suo incarico di prefetto della Segreteria per l’economia nel 2017, prima che i suoi mandati in entrambi gli organi scadessero nel 2019.

Da allora, i successori di Pell alla guida della Segreteria finanziaria sono stati prima un sacerdote e poi, più recentemente, un laico, e nessuno dei due ha diritto di far parte del Consiglio così com’è attualmente.

Sembra che per Francesco il Consiglio sia ancora utile, altrimenti lo avrebbe sciolto dopo la promulgazione della Costituzione apostolica, ma in che senso?

Permettere che i membri invecchino e le riunioni diventino irrilevanti potrebbe essere, da parte del papa (che compirà 86 anni tra pochi giorni) il segno che egli non guarda abbastanza avanti da sentire il bisogno di riavviare il Consiglio. Può darsi che, con la nuova Costituzione ormai promulgata e il processo sinodale bloccato, Francesco consideri compiute le grandi fatiche del suo pontificato, e creda che le decisioni su ciò che verrà dopo spettino a qualcun altro.

 

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