Il presepe? Noi lo facciamo così

Cari amici di Duc in altum, dopo la pubblicazione del racconto di Giovannino Guareschi, e l’invito a raccontare il vostro presepe, mi avete scritto in tanti. Ed ecco qui una selezione di contributi. Grazie anche per le belle fotografie. Se volete raccontare come fate il presepe e con quali risultati, scrivete a blogducinaltum@gmail.com

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Bello per amore

Se dovessi dare una definizione del mio presepe sarebbe: bello per amore, solo per amore, parafrasando il titolo del libro di Pasquale Festa Campanile. Perché non gli dedico particolari attenzioni, non faccio acquisti importanti tranne un pupazzetto, una pecorella e il muschio sintetico che diminuisce di anno in anno.

Il mio presepe, bello per amore, è composto da una economicissima capanna con Maria, Giuseppe e la culletta completa del bambinello Gesù incollati. Io sono riuscita a trovare il posto per il bue e l’asinello, reperiti a casa di mia madre, una colomba e due uccellini di plastica, che erano tra i giochi dei miei bambini. Della compagnia fanno parte un angelo di plastica, zampognari, una lattaia, una lavandaia, un taglialegna, un paio di pastori con pecorelle di varie dimensioni. Poi c’è il laghetto di carta alluminio, nel quale si affacciano un gallo, un paio di galline, un’oca che adoro e un tacchino. Non possono mancare i re magi. Io amo i miei re magi, che non sono miei… erano di mia madre. Sono re magi a cavallo e sono bellissimi nonostante la coda di un cavallo sia staccata, a Gaspare manchino i piedi, a Melchiorre mezza gamba e sono tutti e tre comunque palesemente scoloriti e usurati.

Alla base del mio presepe, carta roccia, sempre quella da anni, le lucine e il tutto coperto dal muschio sintetico.

Trent’anni di questo presepe, diverso solo nell’altezza delle montagne, altezza che dipende dal primo oggetto inutilizzato che mi capita fra le mani e che copro di carta roccia. Sulla parete, alle spalle del presepe, appendo delle lucine che copro con del tulle celeste. Nei vari aggiustamenti e negli anni, ovviamente, il tulle si è bucato, ma con dei punti della cucitrice io risolvo il problema e, anzi, queste “aggrappature” rendono il cielo più movimentato. Almeno ai miei occhi che guardano il tutto con amore.

Il 7 mi faccio aiutare a mettere giù gli scatoloni con gli addobbi natalizi e il giorno 8, assolutamente e sempre solo l’8 dicembre, in onore della Madonna, aspetto che figli e marito escano per poter dedicarmi al mio presepe.

È sempre stato un “mio ” momento. Predispongo una play-list di canti natalizi e religiosi e comincio quello che io considero un atto d’amore vero Gesù, Maria e Giuseppe. Non sono una perfettina, faccio abbastanza in fretta e nel giro di un’ora abbondante il presepe è bello e fatto. L’ultimo tocco è quello di coprire il minuscolo bambinello nella culla con un pezzettino di pizzo, perché la culla deve essere vuota e perché a mezzanotte del 25 devo andare a scoprire e a far nascere il Re. Non manco mai di ringraziare perché per un altro anno ho avuto la gioia di preparare il presepe. Faccio un passo indietro, guardo il mio presepe e lo vedo bello, anche se nella mente mi si affacciano immagini di presepi molto più artistici e complessi con fiumi di acqua che scorre, veri laghetti, botteghe e tanto altro. Ma non mi interessano, il presepe per me è questo, forse perché l’ho visto così da sempre nella casa dei miei genitori, che non ci sono più. È questo per me il presepe. Semplice, povero, così come nella semplicità e povertà è nato il Re dei Re.

Quest’anno sono particolarmente grata. Sono reduce da un intervento e sto riacquistando piano piano la salute. Deo Gratias. Faccio un passo indietro e accanto a me il mio gatto. Tutti e due guardiamo il presepe, io con soddisfazione e amore, lui cercando di capire come saltarci su! Devo assolutamente impedirglielo, ma questa è un’altra storia.

Mimma Di Biase

Un momento da condividere

Mi commuovo sempre a leggere il brano del Don Camillo di Guareschi da lei proposto: pura poesia.

Di solito noi il presepe lo montiamo l’8 dicembre insieme alle luminarie e all’albero.

Ci dividiamo i compiti: mia moglie dà una mano alle figlie (23 e 17 anni) che gestiscono l’albero (sempre lo stesso da quando ci siamo sposati) e il presepe (la cui location è sempre la stessa in questi ultimi anni), mentre io mi dedico alle luminarie all’esterno.

Quest’anno, essendo tutti noi un po’ impegnati, i “lavori” si sono prolungati fino al giorno dopo, il 9.

Comunque è sempre un bel momento da condividere tutti assieme.

Buon Natale a tutti i lettori di Duc in altum!

Roberto Di Giannantonio

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Nella tradizione napoletana

Dopo le parole del nostro gigante della letteratura – ma anche della pubblicistica politico-culturale e della propaganda (uno dei veri artefici della sconfitta del socialcomunismo in Italia alle elezioni del 1948) – Giovannino Guareschi, io non ne ho, e lascerei parlare il mio presepe alla maniera del Settecento, messo insieme con amorosa ricerca uno o due pezzi all’anno, e qualche regalo di cognati, genero e (mancata) nuora. In casa rimane esposto dal 2 dicembre al 2 febbraio, secondo la classica tradizione napoletana, come napoletano è lo stile e soprattutto l’amore per il presepe: migliaia di artigiani, nel corso di almeno tre secoli, hanno creato bellezza che non sarebbe stata nemmeno pensabile senza un’anima cristiana. E grazie a loro Gesù Bambino è presente ogni casa, con Sua Madre e il suo Custode, tra angeli cherubini e puttini, il bue e l’asinello, pecorelle e volatili da cortile, persino cavalli ed elefanti, non senza l’omaggio delle genti, dai re venuti dall’oriente ai più semplici popolani e pastori, in un mondo ricostruito in modo anacronistico, perché è di sempre.

Grazie e un caro saluto

in J. et M.

Giovanni Formicola

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Semplicità e povertà

La mia fidanzata ed io abbiamo costruito il presepe tra sant’Ambrogio e la festa dell’Immacolata. Abbiamo utilizzato il più possibile materiali casalinghi e provenienti dai boschi intorno casa.

La grotta è una mia opera, mi sono ispirato alle descrizioni di Anna Katharina Emmerick.

Insieme e con amore, Gabriella ed io abbiamo cercato di rendere l’idea della semplicità e della povertà del luogo, rifugio di pastori e pecore in mezzo alle montagne, ma anche della bellezza che tutto ciò porta con sé, e abbiamo cercato di sottolineare come siano stati proprio gli ultimi ad accogliere per primi la Santa Famiglia nel giorno più straordinario che la storia del mondo abbia mai conosciuto.

Con stima e affetto

Carmine e Gabriella

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In silenzio, ma in compagnia di tante presenze

Bisogna incartare la parte dietro al mulino, servono muschio e cortecce per nascondere bordi e spigoli. Ecco così va meglio, il paesaggio d’insieme è più morbido. Le luci della Natività devono essere bianche e quelle di sfondo – che accendono le casette e i villaggi di montagna sparsi in secondo piano – colorate. Chissà se il rumore dell’acqua che scorre si sente fino a lì.

Nei recipienti di rame, fuori dalla bottega, mancano ancora lenticchie e farina. Legna da ardere ce n’è. Sono gli ultimi ritocchi al presepe (o presepio, come lo chiamavano i nostri nonni), quello grande in sala da pranzo. Unico giallo: non si trova il fuoco, da nessuna parte. Quella lampadina rossa a intermittenza da mettere dietro il bue e l’asino nella capanna, ma vedrete che ci inventiamo qualcosa per rendere tutto più caldo e familiare in attesa che arrivi Gesù.

Quest’anno pare più facile. La casa è più ampia, aumentano gli spazi, i presepi son più grandi e, dice mia moglie, più belli. Ma senza i suoi “interventi magici”, li chiamo io, il risultato non sarebbe così come lei dice.

La preparazione del Santo Natale è un rito che coinvolge tutta la famiglia, parte da lontano e affonda le radici nelle nostre origini, quelle dell’Italia centro-meridionale.

Gli ultimi ritocchi sempre di notte. Nel silenzio ma in compagnia di quelle presenze che, caro Valli, vengono a trovare anche me. Gli interventi e le idee più geniali sono quelle dei ragazzi, i nostri figli. Così un’insistente piega della carta da montagna diventa un sentiero, l’ostinata spaccatura tra le due montagne viene tamponata da un tronco salvato dal camino.

Ecco i personaggi (per carità, non chiamateli pupazzi o pupazzetti!), sono quelli di una volta, ce li ha lasciati in eredità un mio caro amico che adesso ci guarda da lassù. Colori tenui e volti, alcuni seri e altri sereni, ma tutti sembrano veri. Pastori e mestieri, zampognari e pifferai tutti rivolti verso la capanna sul cui sfondo, dalla parte di Maria, poggiano delle antiche anfore di creta cariche di oli speciali.

Passiamo in ingresso. Al presepe che ti accoglie in casa, un po’ più piccolo, qui le case con il villaggio li abbiamo costruiti noi: cartone, vinavil e colori a tempera. In un vicolo un asino si riposa, mentre l’altro sta alla mangiatoia. Giù dalle scale il pastore si scalda al fuoco e tiene d’occhio le pecorelle. Luci accese si nascondono nelle case intorno, contadini e acquaioli, una signora vende frutta, mentre l’altra si affaccia sull’uscio incuriosita. Le cortecce di pino sono disposte a grotta. Lì San Giuseppe e la sua Sposa insieme a tutti noi attendono la notte del Santo Natale.

Francesco Bovio e Silvia Lanzano

I miei ultimi libri

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