Lettera / Sulla guerra in Ucraina e la propaganda di Mosca

di Andrea Colombo

Caro Aldo Maria,

devo confessarti che sono rimasto allibito quando ho letto il messaggio che monsignor Viganò (persona che peraltro stimo) ha indirizzato all’associazione dei “russofili”, mettendo in campo il peggio della propaganda che Mosca sta diffondendo, con una certa presa nel nostro Paese, da diversi decenni. Voglio sgombrare il campo dai fraintendimenti con due premesse, una generale e una di carattere personale.

Primo. La guerra tra Ucraina e Russia non è la mia guerra e soprattutto non è una “guerra per la democrazia” come vanno blaterando i media nostrani, ma è un conflitto per la sopravvivenza di un popolo che da secoli è minacciato dal vicino orso russo. Mosca infatti ha tentato in tutti i modi, prima con gli zar e poi con Stalin e i suoi successori, di schiacciarlo, di umiliarlo, di cancellarne l’identità linguistica e religiosa (gli ucraini sono in gran parte greco cattolici, ossia cristiani di rito orientale ma fedeli a Roma). Il capitolo che si è aperto il 24 febbraio scorso è quindi solo un ultimo, tragico epilogo di una lotta per la libertà e l’indipendenza di questa gente. Allo stesso tempo, a mio avviso è sbagliato credere alla propaganda europeista che vorrebbe vendere il conflitto come una lotta tra la democrazia Ue e la dittatura putiniana: abbiamo visto, soprattutto negli ultimi tre anni, come Bruxelles sia un organismo dittatoriale che si declina come dittatura fiscale-sindacale contro la libera imprenditoria, come dittatura sanitaria contro ogni basilare libertà personale e come dittatura digitale con i suoi apparati di controllo capillare della popolazione e lavaggio del cervello. Ma ciò non toglie che non possiamo cadere nelle braccia della propaganda opposta e speculare, che vorrebbe farci credere che un cinico e menzognero ex agente del Kgb sia il salvatore della cristianità, dei “valori” contro il corrotto Occidente e il cattivissimo impero americano. Una propaganda vale l’altra: è sempre menzogna. E il cristiano deve scegliere la razionalità e l’equilibrio e non cadere nella trappola delle tifoserie, soprattutto quando si tratta di una vicenda sanguinosa che vede la morte sul campo di centinaia di migliaia di ucraini e russi.

La seconda premessa è personale. In troppi, sui social, in tv, financo in quei canali che negli anni scorsi hanno combattuto la sacrosanta battaglia contro la dittatura sanitaria, si lanciano in giudizi, proclamano certezze, salutano Putin come il grande condottiero che salverà le sorti del nostro malato Occidente. E lo fanno senza conoscere la storia di quelle terre, senza esserci mai stati, seduti comodamente davanti a un pc o in un salotto televisivo. Io andai in Ucraina alla vigilia del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nel 2001, ospite dei gentilissimi e cattolicissimi Padri Basiliani di Leopoli, in uno splendido monastero nella bella cittadina dall’architettura asburgica. Rammento la profonda devozione di quel popolo che, sotto il sole di una calda primavera, si radunava intorno alle chiese, faceva lunghe file per confessarsi, mostrava con orgoglio gli emblemi dei partigiani antisovietici, accanto alle immagini del Cuore Immacolato di Maria. Anziani, con le loro divise lise di un tempo che fu, i volti segnati da decenni di fame e umiliazioni, mi accoglievano con sorrisi che dicevano più di mille parole. Monaci, sacerdoti, semplici fedeli con il fisico minato dalla vita trascorsa nei Gulag per aver voluto tenersi saldi nella loro fedeltà al Papa, mostravano una serenità che aveva trionfato sui tanti anni di torture e privazioni. Non so cosa rimane oggi, annus horribilis di guerra 2023, di quella fede eroica capace di muovere le montagne e vincere ogni sofferenza. Forse, scomparsi i testimoni, la globalizzazione l’ha spazzata via. O forse potrà rinascere tra le macerie del conflitto. Solo Dio sa cosa accadrà. Di certo però non possiamo schierarci con colui, e coloro, che si considerano i degni eredi dell’impero sovietico, che attraversano le pianure ucraine portando morte e distruzione, spesso facendo sventolare sui carri armati quelle bandiere con la stella rossa che per gli ucraini significano genocidio, oppressione, decenni di schiavitù. Sarebbe questa la “civiltà” portata da Putin con la sua armata Brancaleone che a fatica riesce ad avanzare di pochi metri, dopo aver raso al suolo città e villaggi? Con i suoi tagliagole islamici ceceni, i mercenari della Wagner o gli avanzi di galera mandati al fronte come carne al macello? Sarebbero questi i “liberatori”?

Per chi volesse capire qualcosa di questo conflitto, pur standosene qui al sicuro nella nostra comoda Italia, consiglio di guardare Russia Today, visibile sulla piattaforma Rumble, per rendersi conto della vomitevole propaganda antiamericana, nostalgica dei Soviet, apertamente filocomunista, terzomondista e, ovviamente, esaltatrice del loro grande alleato, quella Cina che rappresenta il modello più atroce di dittatura esistente sulla faccia della terra. Dietro la favoletta del “nuovo ordine multipolare” si nasconde il disegno di controllo globale della Cina che tende a scalzare l’unica forza che si può opporre a tale incubo planetario: gli Stati Uniti d’America. E se proprio vogliamo guardare a un modello, all’estero, che potrebbe indicarci la via per una ritrovata libertà e dignità, guardiamo al governatore della Florida Ron DeSantis, che in piena pandemia ha decretato che nessun ente, pubblico o privato, possa mai obbligare alcuno ad assumere “vaccini”, indossare museruole o quant’altro e che sta ora combattendo una lotta benedetta contro i pervertiti che vogliono avvelenare i bambini con l’ideologia gender della Disney. Non rivolgiamoci al macellaio Putin che non solo non salverà l’Occidente, ma che sta anche affondando il suo Paese e gettandolo fra le braccia del vicino pechinese.

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Nella foto, la cattedrale di San Giorgio a Lviv (Leopoli)

 

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