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Sul testamento spirituale di Cyril Gordien, prete

Si chiamava Cyril Gordien ed era un sacerdote della diocesi di Parigi. Parroco di Saint-Dominique ed ex cappellano nazionale degli scout, è morto a soli quarantotto anni per un tumore. Negli ultimi tempi aveva scritto un testamento spirituale che è stato distribuito ai fedeli in occasione del funerale.

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Sacerdote della diocesi di Parigi, padre Cyril Gordien è morto il 14 marzo seguito di un tumore devastante. Una morte che non ha mancato di turbare molti fedeli che conoscevano il sacerdote ordinato nel 2005. Durante i funerali, celebrati il 20 marzo nella chiesa di Saint-Pierre-de-Montrouge, è stato distribuito il testamento spirituale di padre Cyril Gordien, riferisce La Croix. Intitolato Prêtre au cœur de la souffrance e scritto nel 2020, ripercorre il suo cammino spirituale senza nascondere le difficoltà incontrate.

“È con un immenso atto di ringraziamento al Signore che vorrei iniziare queste poche righe di meditazione”, scrive il sacerdote. “Rendo grazie al Signore per avermi chiamato al sacerdozio. Io sono solo un piccolo vaso di creta in cui il mio fragile essere è stato trasformato dalla grazia sacerdotale nel giorno della mia ordinazione. […] Non sono sacerdote per me stesso, ma per le anime, per la loro salvezza”.

Don Gordien definisce il sacerdote “mediatore che apre agli uomini le porte del cammino verso Dio”. Per farlo, deve “prima e fondamentalmente trascorrere del tempo alla presenza del Signore”. Di conseguenza, “se un sacerdote non prega più, non può più portare frutto”. E ricorda l’importanza dell’adorazione, per i sacerdoti come per i fedeli.

Ma il sacerdote deve anche stare dalla parte dell’uomo. “Il sacerdote deve sostenere, incoraggiare, esortare, consolare, curare con i sacramenti tutti coloro che gli sono affidati, senza distinzioni o preferenze”. “L’umanità di un sacerdote, ferito ma risanato da Cristo, gli dà la capacità di simpatizzare con la sofferenza degli uomini”. Un ruolo essenziale ma che, a volte, può essere difficile da ricoprire. “Quante volte i fedeli mi hanno confidato le loro battute d’arresto, i loro immensi dolori, le loro battaglie e le loro prove. A volte sento il peso del mondo sofferente, e solo Cristo può sollevarmi quando depongo questo pesante fardello ai suoi piedi”.

Mentre nel marzo 2022 riceveva il verdetto circa la sua malattia, don Cyril Gordien tornava così su questo “mistero della sofferenza”: “So che il mio Signore mi sta aspettando. So anche che apparirò davanti a Cristo, e devo prepararmi a comparire davanti a Lui, umilmente”.

Tornando alle tante rinunce che ha dovuto accettare a causa della sua malattia e degli interventi ad essa collegati, il sacerdote riconosce che è sicuramente “in questo cammino di svuotamento che il Signore mi sta conducendo”.

“Oltre la sofferenza, scopro una nuova fertilità”. “Ora la fecondità del mio sacerdozio rimane velata, misteriosa, ma reale. È la fecondità della croce, il grande passaggio dall’apparente fallimento al trionfo della vita”.

Rivolgendosi a tutti, il sacerdote prosegue: “Le nostre piccole azioni, umili, supportate dalla preghiera, hanno una grande forza. Nostro Signore se ne serve per toccare i cuori, a volte più efficacemente che con un’azione grande e folgorante”. E riconosce umilmente: “Forse a volte ho cercato troppo di risplendere davanti agli uomini, piuttosto che far risplendere attraverso di me Cristo, lui che è la Luce del mondo!”.

La forza della preghiera occupa un posto speciale nel testamento spirituale di don Cyril. “Senza preghiera, un cristiano non può resistere, perché non può affrontare i poteri delle tenebre”. La preghiera non è altro che “la forza che segretamente trasforma il mondo”. Se i cristiani la abbandonano, “allora si apre la porta alla notte spirituale e alla barbarie scientifica”. Spetta a tutti, quindi, pregare quotidianamente. “Questo tempo trascorso alla sua presenza è fonte di grazie, e ciò che conta è la fedeltà e la perseveranza, ogni giorno. Più dobbiamo fare, più dobbiamo pregare!”.

A una domanda che molti devoti si pongono, “qual è il buon combattimento?”, don Cyril Gordien risponde, semplicemente: “Quello della fede”.

“Mantieni la fede e trasmetti la fede. La buona battaglia è quella che consiste nel rimanere fedeli alle promesse del proprio battesimo, nel lottare per rimanere uniti al Signore Gesù, nel vivere da cristiani, nel mantenere le proprie convinzioni”.

Fonte: fr.aleteia.org

 

Aldo Maria Valli:
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