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Antropologia progressista e sassi nello stagno

di Fabio Battiston

L’umanità che oggi si riconosce nella cosiddetta “idea progressista” – un concetto declinabile in diverse e molteplici componenti a noi tutti ormai ben note – non può più essere considerata alla stregua di un semplice avversario ideologico, socio-politico o religioso. Un interlocutore certamente “diverso” ma col quale è pur sempre possibile misurarsi, competere e discutere (anche aspramente ma civilmente) nelle varie agorà della comunicazione e dei rapporti tra soggetti, categorie e/o gruppi sociali.  Quest’umanità infatti si mostra ormai per ciò che sta realmente rappresentando dall’inizio di questo terzo millennio e che in molti, anche sul versante tradizional-conservatore, si sono spesso ostinati a ignorare. Un’entità non solo antropologicamente alternativa a qualunque visione ancorata a barlumi di identità storica e tradizione, siano essi valoriali, culturali o di fede; c’è infatti di più, tragicamente molto di più. Essa è pavlovianamente orientata alla “reazione automatica”, all’annientamento di persone, idee, gruppi, posizioni, proposte e valori che possano ostacolare o semplicemente controbattere il suo strapotere. Tale annientamento è prima di tutto culturale, psicologico e comunicazionale; poi diviene – sic et simpliciter – un tentativo di vero e proprio silenziamento fisico. L’irrefrenabile voglia di bavaglio, censura, attacco, menzogna ed infamia contro lo sporco e cattivo di turno che mostra di opporsi alle loro posizioni, si manifesta quotidianamente in chiunque si riconosca in questo fetido progressismo e nei suoi diktat. Così come il mostruoso stalinismo bollava come malati mentali, prima della loro eliminazione fisica, tutti gli oppositori (veri o presunti) del suo sanguinario regìme, cosi il progressismo odierno impone il proprio marchio di infamia a qualsiasi avversario che si mostri contrario alle sue “battaglie”. Ecco quindi le accuse di negazionismo, terrapiattismo, razzismo, fascismo e fobismo che si riversano su chiunque osi mettere in dubbio la validità e correttezza di ciò che oggi viene visto come un vero vangelo laico. Le cronache italiane ed internazionali degli ultimi anni sono piene delle prodezze di queste squadracce che, in puro stile nazi-comunista, tentano di imporre in Italia e nel mondo i loro indiscutibili “progetti” in tema di ambiente, clima, diritti civili, economia, cultura, sanità, educazione, scienza e tecnologia. Queste “squadre delle morte” (non riesco a trovare una definizione più calzante) costituiscono una canaglia molto ben articolata. Ne fanno parte gruppuscoli più o meno strutturati, dove spadroneggiano borghesucci radical chic e membri di quel ciarpame cultural-intellettualiota che imperversa indisturbato da decenni. Ne sono il nerbo robuste organizzazioni sovranazionali sia economiche che industriali (basti pensare al World Economic Forum, alle Big Pharma companies e ai giganti di quello che una volta si chiamava lo scenario ICT). Il supporto finanziario a questo mondo, invece, giunge dai grandi filantropi dagli immensi tentacoli: Soros e Bill Gates i più gettonati, ma la lista è molto più corposa. Non mancano poi le coperture politiche con l’Onu, l’Unione europea ed il G7 in prima linea. Ciliegina sulla torta alcune organizzazioni, diciamo così, laicamente esoteriche come il Gruppo Bilderberg e l’onnipresente Massoneria. Penso sia anche opportuno sottolineare come tra questi prodi squadristi degli anni duemila alberghino anche sostanziose aliquote di quel nuovo cattolicesimo (clericale e laico) che sta mettendo a repentaglio il futuro religioso, valoriale ed educativo delle giovani generazioni, e non solo. Per quanto attiene al conservatorismo politico nostrano, non pare proprio che esso possa costituire un valido argine all’ideologismo progressista. Il posizionamento dell’attuale governo su molti temi cari al deep state (servilismo totale alle politiche green e LGBT della Ue ad esempio) lo dimostra in modo lampante.

Questo lo scenario, queste le minacce che incombono da tempo su un mondo che si vuole orientare alla schizofrenia più assoluta e nel quale il bene ed il male sono stati completamente ribaltati nel loro significato più profondo. La domanda che ora si pone per tutti coloro che intendono ancora, e con forza, opporsi a tali mostruosità è una sola: che fare? Questo non è solo il titolo di un famoso romanzo dello scrittore russo Nikolaj Gavrilovič Černyševskij ma anche quello di una notissima opera politica partorita nientemeno che dal signor Vladimir Il’ič Ul’janov, meglio noto come Lenin. Non sembri paradossale questo accostamento. Il sottotitolo del testo leninista recita infatti: Problemi scottanti del nostro movimento. Mai come nello scenario attuale questa puntualizzazione appare totalmente adeguata per la nostra realtà di “resistenti”. Dobbiamo capire il problema che abbiamo di fronte, esaminarne gli aspetti fondamentali e scegliere le strade più efficaci per raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo. Dirò ora in breve quale è il mio pensiero a riguardo.

Anzitutto, credo sia giunto il momento di dire con grande franchezza che con questa umanità non si può, anzi, non si deve più dialogare, né civilmente, né aspramente. Chi si identifica nel grande alveo del progressismo ed è portatore delle sue parole d’ordine (deep state, cancel culture, gender fluid, LGBTXYZ, eutanasia, aborto, eugenetica, scientismo, ecologismo talebano, sincretismo neopagano, apostasia, multietnicità e multiculturalismo, terzomondismo, tecnocrazia, neoumanesimo, ecc.)  deve essere semplicemente visto – per chi non si riconosce in quelle mefitiche strategie – nient’altro che come un nemico da sconfiggere e abbattere per sempre! Nel loro DNA non è previsto il dialogo ma solo l’imposizione, non il confronto su basi serie e documentate ma solo la prevaricazione. E se qualcuno insiste nelle sue critiche ecco il bavaglio, il libro da bruciare, la ghigliottina mediatica, il processo televisivo con la relativa condanna senza appello. A tutto questo si può rispondere? E in che modo?

Quella che vi propongo è una mia personalissima strategia. L’ho definita sassi nello stagno. L’idea mi venne pochi anni fa rileggendo un famoso saggio di Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie. Fui particolarmente colpito da un breve testo nel capitolo intitolato, appunto, Sassi nello stagno. Eccolo:

Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentri­che che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la nin­fea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richia­mati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profon­dità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smuo­vendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, som­muove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, o microeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad aver tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni.

Ebbene, da quel momento ho cominciato anch’io a gettare i miei sassi nello stagno ovunque e comunque ce ne fosse l’occasione: in famiglia, tra gli amici, nel lavoro, nell’urna elettorale e, non da ultima, nella Chiesa. Sono sassi lanciati contro il comune sentire, contro quella che non da oggi molti di noi hanno efficacemente definito come la dittatura del pensiero unico post-modernista. Uno stagno maleodorante – fatto di ugualità, ipocrisia e malafede – in cui da anni stanno annegando cuori, cervelli, fedi e volontà di un’umanità in costante crescita e senza più identità. È tuttavia fondamentale che questi sassi vengano scagliati seguendo poche ma importantissime regole. Tra le altre, eccone due:

  • Non avere mai timore di apparire “diverso” rispetto al conformismo imperante. Faccio un semplice esempio. Non iniziare mai un discorso su un tema “caldo” (immigrazione o omofobia ad esempio) facendolo precedere da rassicuranti dichiarazioni di aderenza al comune sentire, del tipo: io non sono razzista, però…; per carità io non ho nulla contro gli omosessuali, tuttavia… Non dobbiamo avere remore nell’argomentare le nostre posizioni, specialmente quando siano particolarmente “urticanti” per la controparte. Dobbiamo far questo non con spirito di dialogo ma per dare corpo ad una realtà che essi credono ormai sconfitta. Non ci interessa convincerli o trovare un compromesso; ci importa renderli consapevoli che ci avranno sempre come acerrimi ed invincibili nemici. Ricordiamo sempre che sono loro i veri negazionisti, coloro che attentano alla natura ed alle regole da essa stabilite. Quindi oltre al sasso rilanciamogli, con gli interessi, l’accusa di razzismo e di umanofobia. Loro che, fieri abortisti, difendono ogni specie di animale pur di contrastare l’essere umano, in particolare il più indifeso ed innocente.
  • Argomentiamo le nostre posizioni con dati di fatto il più possibile oggettivi. Non per confrontarci con la controparte ma per renderla nuda di fronte alle sue falsità. Anche in questo caso un piccolo esempio. Emergenza climatica, scenari eco-ambientali ed energia sono tra gli aspetti più strategici con cui il deep state e la dittatura del pensiero unico stanno cercando di modificare dal di dentro la nostra esistenza fin nei più piccoli particolari. Su questi scenari si sta da tempo innestando una strategia basata sulla menzogna e sul terrore per spingere ciascuno di noi a modificare sul piano etico, economico, relazionale e professionale, modelli, stili di vita e comportamenti specifici (individuali e collettivi). L’obiettivo finale? Il controllo totale della persona e della collettività in ogni sua manifestazione. Ma non si illuda il mondo eco-liberal! Non manderemo mai sul lastrico le nostre famiglie ed alla fame i nostri figli per rendere le nostre case ecosostenibili; non faremo a pezzi il nostro organismo mangiando luridi insetti e distruggendo nel contempo le nostre tradizioni enogastronomiche. Dobbiamo tutti impegnarci ed avere la capacità si “sputtanare” i sacerdoti del nulla che imperversano per ogni dove, sproloquiando di cause antropiche dell’emergenza climatica, di necessità di mobilità elettrica globale, di demonizzazione del nucleare, di green economy e così via. Diffondiamo opinioni, opere ed interventi di un mondo tecnico-scientifico silenziato e messo alla berlina poiché, con argomentazioni inappuntabili, sostiene tesi contrarie a ciò che il politically correct vuole obbligarci ad accettare. In Italia abbiamo autorevolissimi esponenti del mondo scientifico tuttora sottoposti ad una vera e propria gogna mediatica a causa delle loro posizioni su clima ed energia; tre nomi tra gli altri: i professori Prodi, Zichichi e Battaglia.

In queste ultime settimane i mass media e i politici d’ogni risma hanno utilizzato la tragedia alluvionale romagnola per propagandare le loro scempiaggini sugli eventi estremi causati dalle colpe dell’uomo cattivo che produce CO2 (anche mettendo al mondo figli). Ebbene, spariamola in faccia agli eco-talebani quale è la realtà. Il disastro è stato provocato dalle folli politiche e azioni ambientaliste che, per anni, hanno ostacolato e impedito – nel nome del rispetto per la Madre Terra tanto cara al despota di Buenos Aires – qualsiasi intervento umano finalizzato alla prevenzione ed al contenimento di simili sciagure. Altro che amore per l’ambiente! E con buona pace dell’Uisg. Sapete che cos’è? Trattasi dell’l’Unione internazionale delle suore generali, e il 27 maggio scorso il solito Avvenire ha pubblicato un farneticante e terrifico pronunciamento di queste signore in merito al problema ambientale. Quelle righe riflettono ciò che oggi pare sia il pensiero cattolico su questo tema. La quintessenza di ciò che oggi è la Chiesa temporale: un mostro satanico. Sembra un volantino di Potere operaio degli anni Settanta. Ma che accidenti c’entriamo noi credenti con questa sublime schifezza? Anche questa roba rappresenta un nemico e va trattata come tale.

Infine voglio citare un personaggio forse sorprendente: il ragionier Fantozzi. Fu infatti proprio il ragionier Ugo a lanciare uno dei più famosi sassi nello stagno quando, davanti ai colleghi attoniti e all’esimio e benpensante professor Guidobaldo Maria Riccardelli, pronunciò lo scorrettissimo giudizio: “La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!”. Certamente oggi, anno del Signore 2023, di c… pazzesche da affrontare ce ne sono un’infinità. Purtroppo non sono film, ma tentativi violenti di rovesciare per sempre un ordine plurimillenario. Di fronte a questo pericolo ormai incombente dobbiamo far sapere che c’è anche un altro Paese, altri cittadini, altri credenti, altri valori. Spero che quest’Italia non si piegherà tanto facilmente, come molti vorrebbero, e che riuscirà a sconfiggere (nel mondo e nella Chiesa) chi vuole distruggerla.

A ciascuno di noi il compito di trovare le strade più idonee per conseguire questo obiettivo. Forse un buon punto di partenza (o anche di arrivo?) può essere rappresentato dal Salmo 3. Buona lettura e… buona preghiera.

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Nella foto, il ragionier Fantozzi (Paolo Villaggio) nel film Il secondo tragico Fantozzi (1976)

Aldo Maria Valli:
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