Investigatore Biblico / Ecco come e perché indago sulle manipolazioni della Scrittura. Con una mia idea sull’indiziato numero uno

Cari amici di Duc in altum, da tempo nel blog vi propongo i contributi dell’infaticabile Investigatore Biblico, un bravissimo sacerdote che va alla caccia degli errori di traduzione contenuti nella Bibbia Cei 2008. Ho quindi pensato di farvi conoscere l’autore un poco più da vicino, chiedendogli di parlare di sé e del suo lavoro. L’Investigatore ha accettato ed ecco qui l’articolo che mi ha inviato.

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di Investigatore Biblico

Scrivo questo articolo, nato da una richiesta di Aldo Maria, a cui va la mia più sentita stima, con un po’ di timore. Gli interrogativi sono titanici e le risposte non semplici.

Perché ho deciso di aprire il blog Investigatore Biblico e dedicarmi a quest’unico scopo?

Chi sono

Sono un prete semplice, e forse nemmeno dei più santi e più colti. Ma poco importa, se l’operato che ho scelto di portare a compimento può donare qualche barlume di illuminazione. Leggo quotidianamente la Bibbia, piuttosto che immergermi nel minestrone avvelenato dei social e nell’arena confusa di questo mondo alla deriva.

Da tempo sentivo nel mio cuore alcune note stonate, ma senza averne consapevolezza. Successivamente ho deciso di cominciare a fare dei confronti diretti con l’edizione precedente, la Cei 1974, per poi approdare alla Vulgata, al greco e all’ebraico. La Parola di Dio è tutto ed è parte del Tutto.

Infine, la necessità di bussare alle porte altrui, con lo strumento dell’internauta.

Errori o inversioni volute?

Chi frequenta il mio blog conosce la sezione “errori di traduzione Cei 2008”. Ho deciso di impostare metaforicamente il cammino dell’investigatore attraverso indizi: ho scoperto errori grammaticali, parole diverse dalla versione originale, termini che sono stati ovattati rispetto al significato reale, vere e proprie inversioni di senso, eccetera.

Faccio alcuni esempi e rimando i lettori del blog di Aldo Maria ai link di alcuni articoli: indizio n.1 (attacco alla divinità di Cristo), indizio n.7 (la nuova traduzione del Padre nostro), indizio n.78 (Santo diventa Idolo), indizio n.103 (sminuire la divinità di Cristo cambiando punteggiatura).

Vi sono numerosi altri esempi, ma il blog non è concluso. Studio e scopro anomalie nella traduzione e continuo a pubblicare. Alla base della mia ricerca c’è un sospetto ben fondato: il colpevole principale ha natura soprannaturale. Questo indiziato numero uno, tuttavia, deve servirsi di collaboratori umani spiritualmente addormentati. E quale strategia migliore, per lui, del ricorrere a una Parola di Dio modificata o taroccata ad arte?

Ecco esplicitato il mio sospetto più profondo. Confido nella scienza e intelligenza dei lettori nel rendersi consapevoli che il discorso per esteso non può essere sintetizzato in poche righe.

Ogni scritto è specchio del proprio tempo e la nuova Bibbia, ahimè, invece di essere un granitico punto di riferimento, al di là delle mode, rischia a mio parere di scivolare in un triste adattamento di comodo. Non tutta, naturalmente. Perché l’opera di demolizione, per funzionare, deve essere graduale. E soprattutto non deve essere riconoscibile all’istante.

Qualche dettaglio sull’indiziato

Per non lasciare i lettori in un limbo di genericità, cercherò di elencare qualche aspetto che ho riscontrato nella parte sottintesa di questi errori di traduzione.

Partiamo da quello più eclatante. Il Padre nostro.

Non pochi conoscitori della lingua, atei compresi, hanno evidenziato che la nuova traduzione è assolutamente insensata. Il discorso è molto lungo, ma, in modo sintetico, ridurre il tutto alla motivazione che “Dio non induce al male” – e quindi via la vecchia traduzione -, è banale e non fornisce una seria base per giustificare la frase “non ci abbandonare alla tentazione”. Vi sono, infatti, episodi biblici nei quali è palese che Dio induca in tentazione per mettere alla prova il Santo: Adamo nell’Eden, Gesù nel deserto. Oppure altri passi, come nel Siracide, ove l’autore esorta a prepararsi alla tentazione se si vuole servire Dio.

Sarebbe stato più accettabile un “non introdurci nella prova”, se proprio la parola “tentazione” era considerata un fastidio all’orecchio dei contemporanei, evitando di partorire una frase non attinente, che pone addirittura il dubbio che Dio possa abbandonare i propri figli (che è peggio che metterli alla prova o di fronte a una tentazione).

La preghiera insegnata da Gesù l’abbiamo recitata in un certo modo per secoli, per cui, per quanto mi riguarda, la modifica al Padre nostro la considero niente di meno che un attentato alla Fede del cristiano.

Altri errori che ho voluto evidenziare nel mio blog riconducono per un certo verso a questo vento di rivoluzione, innovazione e cancellazione di un atteggiamento pastorale della Chiesa caduto in disuso e considerato desueto, in particolare quello dell’ammonizione sul senso di gravità di alcuni peccati, che oggi sembrano sdoganati.

Un altro aspetto riguarda la normalizzazione dei termini, così che il fedele perda le tracce circa l’origine del testo originale. Un esempio interessante è nell’indizio n.101, là dove i traduttori hanno deciso di mandare in pensione il termine “mammona” per sostituirlo con il semplice “ricchezza”, senza considerare che il termine originale richiamava propriamente il nome di un demonio.

Nell’indizio n.105, invece, un traduttore pacifista sostituisce “Signore degli Eserciti” con “Signore Onnipotente”, andando a modificare una traduzione che in greco suona inequivocabile.

Passando alla tematica “inclusività e immigrazione”, nell’indizio n.107 viene sostituito “estraneo” (straniero), significato molto specifico ai tempi della patriottica e religiosamente non inclusiva Israele (o ti convertivi o eri fuori, per capirci), con “profano”, mutando così l’intenzione dell’autore.

In altri casi, come nell’indizio n.118, sono stati aggiunti termini di sana pianta, non presenti nel testo originale. Nella fattispecie di questo indizio, “per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove” si tramuta in “è meglio un giorno nei tuoi atri che mille nella mia casa”, dove il termine “casa” viene del tutto inventato.

Altro dettaglio riscontrato è l’eliminazione delle parole scomode. Nell’indizio n.132 si decide di pre-pensionare “eresie” sostituendolo con “fazioni”. “Eresia” esprime l’idea di qualcosa di oggettivamente negativo: meglio relativizzare.

Nell’indizio n.135 Lucifero diventa “astro del mattino”, rendendo confusa l’interpretazione, mentre nell’indizio n. 131 il Messia diventa semplice “consacrato”.

Ripeto: sono solo alcuni esempi. Nel mio blog ne troverete molti altri.

Ipotesi sulla rivoluzione culturale nella Chiesa

Ora, la difficoltà davanti a cui mi ha posto Aldo Maria è trovare un filo logico e coerente che possa motivare l’ipotesi più eclatante: gli errori in realtà sono davvero semplici errori di traduzione, oppure volute modifiche che nascono da un progetto?

L’idea di errore ci rimanda alla dimensione dello scolaro, il quale sbaglia/commette un errore o perché ha studiato poco oppure perché non è riuscito a risolvere il quesito. Qualcosa, se vogliamo, di accidentale.

La mia domanda chiave, che è la stessa dell’amico Valli, sta proprio nel voler comprendere se questo processo di modifiche sia accidentale o faccia parte di un progetto nascosto, di cui non conosciamo l’intera natura ma del quale possiamo avvertire l’olezzo.

Sarò sincero. Come molti lettori, sono ancora alla caccia del filo conduttore completo. E non potrò che gioire se il mio lavoro verrà utilizzato da altri per trarre conclusioni ben argomentate e chiare.

In ogni caso, alcuni sospetti ci sono. Sono convinto, e non sono l’unico, che il cancro venga da dentro.  Mi permetto di citare, a tal proposito, le parole di Paolo VI del 29 giugno 1972:

Riferendosi alla situazione della Chiesa di oggi, il Santo Padre afferma di avere la sensazione che “da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio”. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. Dalla scienza, che è fatta per darci delle verità che non distaccano da Dio ma ce lo fanno cercare ancora di più e celebrare con maggiore intensità, è venuta invece la critica, è venuto il dubbio. Gli scienziati sono coloro che più pensosamente e più dolorosamente curvano la fronte. E finiscono per insegnare: “Non so, non sappiamo, non possiamo sapere”. La scuola diventa palestra di confusione e di contraddizioni talvolta assurde. Si celebra il progresso per poterlo poi demolire con le rivoluzioni più strane e più radicali, per negare tutto ciò che si è conquistato, per ritornare primitivi dopo aver tanto esaltato i progressi del mondo moderno.

Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l’ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli (IX anniversario dell’incoronazione di Sua Santità, omelia di Paolo VI nella solennità dei sani Pietro e Paolo, 29 giugno 1972).

Come è avvenuto questo? Il Papa confida ai presenti un suo pensiero: che ci sia stato l’intervento di un potere avverso. Il suo nome è il diavolo, questo misterioso essere cui si fa allusione anche nella Lettera di san Pietro. Tante volte, d’altra parte, nel Vangelo, e sulle labbra stesse di Cristo, ritorna la menzione di questo nemico degli uomini.

“Crediamo – osserva il Santo Padre – in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio ecumenico, e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé. Appunto per questo vorremmo essere capaci, più che mai in questo momento, di esercitare la funzione assegnata da Dio a Pietro, di confermare nella Fede i fratelli. Noi vorremmo comunicarvi questo carisma della certezza che il Signore dà a colui che lo rappresenta anche indegnamente su questa terra». La fede ci dà la certezza, la sicurezza, quando è basata sulla Parola di Dio accettata e trovata consenziente con la nostra stessa ragione e con il nostro stesso animo umano. Chi crede con semplicità, con umiltà, sente di essere sulla buona strada, di avere una testimonianza interiore che lo conforta nella difficile conquista della verità”.

Paolo VI con questo scritto ha messo in evidenza l’embrione di ciò che oggi vediamo maturato a pieno regime. E per me rappresenta il punto di partenza della mia denuncia.

La deriva ideologica interna si sta manifestando in molteplici ambiti. Io ho scelto di occuparmi del testo biblico e della sua traduzione.

Il linguaggio come strumento di demolizione e un paragone con Orwell

Uno degli strumenti più potenti in mano all’uomo è il linguaggio. Se siamo arrivati al punto in cui non sentiamo più parlare di peccato, di diavolo come persona, di tentazione, di conversione necessaria per la salvezza, e di tanti altri punti cardine della pastorale della Chiesa – come sottolineare la gravità profonda di certi peccati (vedi quelli sessuali a tutto tondo) -, significa che il linguaggio della Chiesa è effettivamente cambiato.

In questo progetto di demolizione serve cambiare il linguaggio fin dalle basi: la Sacra Scrittura e il Catechismo, inteso in senso ampio. E ciò va compiuto lentamente, affinché le generazioni, con il passare dei decenni, non si accorgano che, in effetti, c’è stato un profondo cambiamento.

Basta loro inculcare concetti (pre-concetti) semplici, bollando come obsoleto, medievale e antico un certo approccio sulla morale, e la mutazione sarà completa.

Qual è dunque la linea seguita dalla nuova teologia? Per rispondere a questa domanda possiamo servirci di 1984 di George Orwell.

Nella narrazione troviamo la nascita funzionale di una neolingua, un nuovo linguaggio, politicamente corretto, capace di imbavagliare e plagiare le menti.

Eccone alcuni passaggi interessanti:

Fine della neolingua non era soltanto quello di fornire un mezzo di espressione per la concezione del mondo, e per le abitudini mentali proprie ai seguaci del Socing, ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero.

La parola “libero” esisteva ancora in neolingua, ma poteva essere usata solo in frasi come “questo cane è libero da pulci”… non poteva essere usata nell’antico significato di “politicamente libero” o “intellettualmente libero”, dal momento che la libertà politica e intellettuale non esisteva più nemmeno come concetto.

Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l’evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi. Un bel giorno il partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile che prima o poi succedesse, era nella logica stessa su cui si basava il partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell’esperienza, ma l’esistenza stessa della realtà esterna.

Trasponendo i passi di Orwell alla causa dell’Investigatore Biblico, penso di poter dire che il fine delle nuove traduzioni è modificare lentamente la mentalità, partorendo un nuovo tipo di teologia, i cui punti chiave sono lo sminuire la divinità di Cristo, depersonalizzare o rendere mitologico/simbolico il diavolo e cancellare il senso del peccato. O meglio, di alcuni peccati, esasperandone al contrario altri, attraverso un nuovo bigottismo di matrice mondana.

Basti pensare, come esempio, a quanto oggi la società abbia reso prioritario il benessere degli animali rispetto a quello delle famiglie. A queste inversioni di mentalità si è arrivati attraverso il linguaggio e la propaganda, con internet e i social come carri armati.

Di quali traduzioni posso fidarmi?

Sulle traduzioni da leggere a proprio beneficio parlo a lungo nel mio blog, confrontando la versione precedente, quella del 1974 con l’attuale. Tornare alla 1974 è, per quanto mi riguarda, un ottimo punto di partenza. Per chi invece volesse andare ancor più in profondità, consiglio vivamente la Vulgata di san Girolamo.

Work in progress

Cos’altro posso dirti, caro Aldo Maria? Il blog è vivo e la mia ricerca solo all’inizio. Spero che i lettori possano appassionarsi alle Sacre Scritture, piuttosto che alla mia figura – per questo ho scelto l’anonimato -, per condurre una battaglia comune, quella di cercare il vero. E ciò che è vero dobbiamo tenercelo stretto e non farcelo sfilare dalle mani.

Un caro saluto a tutti i lettori di Duc in altum.

Vostro

Investigatore Biblico

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