Lettera dall’Austria / “Non paghiamo la tassa. Siamo doppiamente scomunicati? L’Autorità ecclesiastica può risponderci?”

Ricevo dall’Austria questa lettera da due affezionati lettori del blog.

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Carissimo Aldo Maria,

a seguito della nostra ultima lettera pubblicata sul tuo blog un paio di settimane fa[qui], alcuni cari amici ci hanno manifestato il loro dissenso per il fatto di aver citato monsignor Lefebvre e affermato che la crisi attuale ha radici ben più remote del 2013. Pur consapevoli delle loro preoccupazioni, non possiamo tacere il fatto che le parole di quel vescovo prive di ambiguità e basate sul Magistero e la Tradizione (e non su opinioni o interpretazioni) ci abbiano consolati, svelando uno dopo l’altro gli errori, le contraddizioni e i nemici che da anni sfigurano la sposa mistica di Cristo. Pper verificare di persona questa affermazione, si legga la raccolta dei suoi scritti Vi trasmetto quello che ho ricevuto (Sugarco).

A titolo di esempio, vorremmo qui manifestare la nostra sofferenza per l’atteggiamento della Chiesa (comprese la Congregazione per la dottrina della fede e i papi) riguardo al Kirchenbeitrag, ovvero il tributo che i fedeli devono obbligatoriamente versare alla Chiesa cattolica nei paesi di lingua tedesca.

Ci teniamo a ribadire, per chi ancora avesse le idee poco chiare su questo argomento, che non si tratta di un contributo “volontario” come l’italiano otto per mille, ma di una tassa aggiuntiva che i fedeli cattolici (o delle altre confessioni ufficialmente riconosciute dallo Stato) devono versare direttamente alla Chiesa. L’unica possibilità per sottrarsi al pagamento di questa odiosa tassa è di dichiarare formalmente la propria uscita dalla Chiesa cattolica romana davanti all’autorità civile.

Un  documento della conferenza episcopale austriaca (ÖKB) del 2010  [qui] afferma che la dichiarazione di abbandono della Chiesa presentata davanti a un’autorità statale è da considerarsi come atto di apostasia verso la Chiesa cattolica romana e viene quindi punita con la scomunica.

Chi dichiara la propria uscita dalla Chiesa davanti a un’autorità statale non può quindi più ricevere alcun sacramento.

Ora, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium si legge: “Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo […] le Conferenze episcopali possono oggi portare un molteplice e fecondo contributo acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente”.

Questo, a parer nostro di ignoranti, implica che il documento della ÖBK sia da ritenersi vincolante, poiché non si tratta di un singolo vescovo che prescrive una norma, slegato dagli altri, ma di una Conferenza episcopale, che l’Autorità della Santa Sede non ha ad oggi formalmente corretto. Per cui è lecito presumere che la Santa Sede approvi ufficialmente tale norma. I fatti dicono questo. Le opinioni personali in merito qui non ci interessano.

Per tale motivo, a noi che abbiamo deciso di non pagare la tassa si applica il Codice di diritto canonico (can. 1364 – § 1): “L’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae”. E infatti dalla diocesi abbiamo prontamente ricevuto una lettera che ce lo notifica.

Eppure, nello stesso Codice di diritto canonico si legge (can. 1380): “Chi per simonia celebra o riceve un sacramento, sia punito con l’interdetto o la sospensione o con le pene di cui nel can. 1336, §§ 2-4”.

Ricordiamo che il peccato di simonia è esplicitamente condannato negli Atti degli Apostoli, in cui si legge che san Pietro in persona (il papa!) risponde a Simone il Mago in modo politicamente scorretto per i nostri tempi: “Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio!”  Se non bastasse, san Gregorio VII (1073-1085), il grande papa riformatore del Medioevo, dedicò molto del suo pontificato alla lotta contro i vescovi tedeschi simoniaci e trasgressori del celibato ecclesiastico. A ben vedere, questa è una piaga molto più grave della vendita delle indulgenze che offrì il pretesto alla riforma di Lutero, che peraltro trova oggi ampia approvazione tra i cattolici.

Nonostante la condanna della simonia da parte del Codice di diritto canonico, ad oggi nessuno dei vescovi di tali Conferenze episcopali è stato punito con l’interdetto o la sospensione o le pene espiatorie. Quindi ne dobbiamo dedurre che tali vescovi siano nel giusto secondo la Sede Apostolica, mentre siamo noi quelli nell’errore e perciò la nostra scomunica a rigor di logica è valida, e come tale viene infatti interpretata da ogni cattolico residente in questi Paesi.

A onor del vero, dobbiamo ammettere che la Santa Sede ha reagito in qualche modo, seppur debole e ben poco accessibile al pubblico di noi semplici fedeli. Dopo aver trascorso diversi mesi a studiare e cercare qualche spiraglio di speranza tra i documenti della Santa Sede (tutto in completa solitudine e da ignoranti in materia) abbiamo trovato una lettera [qui] del 13 marzo 2006 del cardinale Julián Herranz (all’epoca presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi) ai presidenti delle Conferenze episcopali, scritta con l’intenzione di portare un chiarimento su questo tema. Leggendo, si evince che l’atto di apostasia (oppure di eresia o di scisma) dalla Chiesa cattolica debba essere basato su una decisione interiore che deve essere manifestata esternamente e accettata dall’autorità ecclesiastica competente. Il ritiro dalla Chiesa cattolica dichiarato davanti a un’autorità statale non è un actus formalis nel senso del diritto canonico cattolico romano. Dal punto di vista formale, dunque, è necessaria un’espressa dichiarazione dinanzi all’autorità ecclesiastica, la cui effettiva validità dovrà essere valutata caso per caso.

Gli austriaci hanno aggirato questa toppa, quasi peggiore del buco, semplicemente intimando il non-pagante di contattare il proprio parroco entro e non oltre trenta giorni, pena la scomunica “automatica” conclamata. La stragrande maggioranza dei sacerdoti che vengono ordinati in Austria, infatti, è assolutamente convinta della necessità, della legittimità e della “bontà” di tale tassa legata all’amministrazione dei sacramenti. A noi, ad esempio, è stato misericordiosamente risposto “se volete godere dei privilegi della Chiesa (i sacramenti), dovete versare un contributo, altrimenti è giusto che siate fuori”.

Solo un mese dopo questa debolissima lettera “chiarificatrice” della Santa Sede, il 24 aprile 2006, la Conferenza episcopale tedesca ha ribadito di considerare il Kirchenaustritt (ovvero la scelta di uscire dalla Chiesa poiché ci si rifiuta di pagare i sacramenti) come un actus formalis, ossia scisma, giacché la dichiarazione di abbandono resa all’autorità statale diventerebbe, non appena questa la notificasse alla competente autorità ecclesiastica, efficace anche per la Chiesa. Inoltre, il 20 settembre 2012, i vescovi tedeschi hanno esplicitamente decretato che “quanti hanno richiesto di non essere più registrati [come cattolici] per evitare di pagare la tassa ecclesiastica, non potranno più confessarsi, fare la comunione o la cresima, partecipare attivamente alla liturgia e, al momento della morte, non potranno ricevere un funerale cattolico; non potranno nemmeno fare volontariato in un’associazione cattolica, né tanto meno lavorare in un’istituzione della Chiesa come una scuola o un ospedale”.

A quanto pare, l’evangelico “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” è stato tradotto diversamente nella Bibbia tedesca.

Nonostante la lettera della Santa Sede del 2006, le Conferenze episcopali tedesca e austriaca continuano quindi ad attenersi alle proprie precedenti disposizioni, equiparando il non-pagamento della tassa ad uno scisma o atto di apostasia.

Nota bene: dopo il 2006 non è più pervenuta alcuna nuova comunicazione da parte della Sede Apostolica, nessun chiarimento che sradicasse definitivamente tale barbarie, come l’ha definita padre Gabriele Amorth in una sua lettera autografa a noi indirizzata. Un silenzio che continua, nonostante le ripetute denunce inviate alla Congregazione per la dottrina della fede, a diversi vescovi e cardinali e al papa stesso.

Siamo stati completamente ignorati. Anzi no, una risposta l’abbiamo ottenuta alcuni anni orsono, direttamente dall’allora segretario della Congregazione per la dottrina della fede, con una telefonata dai toni informali, nella quale ci tranquillizzava dicendo di ignorare la scomunica inflittaci.

Diverse chiese quindi? Una che governa da Roma, una che governa da Berlino, da Vienna e chissà da dove? Alla nostra richiesta di un documento ufficiale visionabile da tutti i cattolici (infatti non spetta a noi tranquillizzare i cattolici austriaci scomunicati sulla base di una telefonata), la risposta è stata che “i vescovi tedeschi sono troppo potenti, non possiamo metterci contro di loro”. Un’affermazione che si può applicare a diversi ambiti, non trovi caro Aldo Maria?

Ora, ripetiamo, noi siamo scomunicati per scisma o apostasia (a seconda delle interpretazioni) e perciò non possiamo ricevere i sacramenti in alcuna Chiesa. O forse in quella guidata da Roma sì (?) a detta della Congregazione per la dottrina della fede che ha sede in Vaticano (per ora).

Ma il caso vuole che noi viviamo fuori dalla giurisdizione di Roma, sul suolo austriaco, e non avendo altra scelta ci capita di partecipare anche alle Messe feriali celebrate da sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), che di per sé non sono considerate legittime. Per tale motivo siamo scomunicati (di nuovo) per scisma consumato, ci viene detto questa volta sia dai romani sia dagli austriaci, che a quanto pare su questa questione un accordo l’hanno trovato. La Messa celebrata dalla Fraternità è infatti considerata legittima solo nelle festività di precetto. Curioso, perché il rito della Messa è sempre lo stesso e il celebrante è un sacerdote della FSSPX la cui ordinazione sacerdotale è stata firmata dal segretario della defunta Pontificia commissione Ecclesia Dei…

Se non fosse tragico, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate.

Non importa: siamo doppiamente scismatici, nonostante non abbiamo preso “alcuna decisione interiore di uscire dalla Chiesa cattolica”. Anzi, siamo arrivati a questo punto proprio per rimanere cattolici, noi e i nostri figli.

Gradiremmo molto che le Autorità ecclesiastiche volessero rispondere ufficialmente sui seguenti punti, coscienti della loro responsabilità davanti a Dio per il gregge loro affidato (e non venduto):

  • Poiché non paghiamo la tassa, siamo doppiamente scomunicati per scisma e apostasia (quindi destinati all’inferno) fintanto che non ricominciamo a versare il tributo?
  • Se paghiamo per ricevere i sacramenti, secondo il Codice di diritto canonico, incorriamo nel grave peccato di simonia, quindi non ci salviamo comunque?
  • Se ci accostiamo ai sacramenti nonostante la scomunica, offendiamo e inganniamo palesemente l’autorità, quindi comunque, pecchiamo in modo grave…
  • Se riceviamo i sacramenti nei giorni feriali da chi non pretende la tassa (però potrebbe darceli legittimamente solo la domenica perché appartenente alla FSSPX) commettiamo di nuovo il peccato grave di scisma, quindi ci danniamo? Infatti la nostra scomunica ha la stessa radice di quella della FSSPX. Disobbedienza all’autorità ecclesiale = scisma. (Se valesse l’aritmetica in ambito giuridico, potremmo sperare che le due scomuniche si annullino a vicenda.)

Insomma, non ci rimane che diventare buddisti o musulmani per ottenere misericordia? Non ci colpirebbe infatti alcuna scomunica, la quale invece, come esposto sopra, è inevitabile se, per seguire la nostra coscienza, non ritrattiamo le nostre “peculiari convinzioni” (per citare una curiosa definizione di ciò in cui credono i cattolici che si può leggere al paragrafo 254 dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium).

Non ci si dica con leggerezza: “Non date retta ai tedeschi” perché non ci è lecito, secondo i documenti della Sede Apostolica, non rispettare l’autorità fintanto che questa non viene ritirata formalmente.

Se quello stesso vescovo usa l’autorità che gli è stata conferita per invitare pubblicamente alla fornicazione, metter in discussione il celibato sacerdotale o il diaconato femminile, allora, per citare la Lumen gentium,  siamo tenuti ad “accettare con riverenza il suo supremo magistero e aderire alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”.

Se poi ci si dicesse che siamo tenuti ad aderire solo nei casi in cui il vescovo, quale successore degli apostoli, rimanesse fedele alla propria “missione d’insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini, per mezzo della fede, del battesimo e dell’osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza (cfr. Mt 28,18-20; Mc 16,15-16; At 26,17 ss)”, allora noi risponderemmo:

a) Proprio questo fu uno dei principi che rese celebre monsignor Lefevbre come il grande disobbediente ed attirò su di lui un mare di odio, che continua a spumeggiare anche dopo la sua morte;

b) Come possiamo noi, semplici fedeli, giudicare quando l’autorità sbaglia e quando non sbaglia? Non abbiamo lauree in diritto canonico, in teologia, o in filosofia. Se il papa accetta e conferma l’autorità del Vescovo che mi scomunica, allora disobbedire al vescovo equivale a disobbedire al Papa.

c) Come possiamo noi discernere quando il vescovo è fedele e quando non lo è? Come pretendere che i miei figli siano in grado di discernere quali attività pastorali proposte dalla Chiesa cattolica siano da considerarsi buone e quali no per la loro anima? Ad esempio, come può un bambino di sei anni (che non sia stato preventivamente indottrinato a casa) capire che le celebrazioni multi-religiose a fine anno scolastico e l’insegnamento del gender dalla scuola materna non sono proprio conformi alla missione del vescovo come l’ha “interpretata” Cristo? Non è forse la Chiesa a dover essere docente? E noi fedeli (in particolare i più deboli tra noi) non dovremmo forse poterci fidare di ciò che essa insegna perché sicuri che la sua missione sia solo quella di indicarci la via della salvezza e non quella della perdizione? Se tocca a noi fare da soli il discernimento su ciò che la chiesa pronuncia (oltre che su tutto quello che il mondo ci propina), a che mi serve farne parte? Diventa solo un peso che non possiamo portare…

d) Anche supponendo di essere in grado di fare questo discernimento studiando tutti i documenti del Magistero (inclusi quelli precedenti il Concilio ecumenico Vaticano II), nel caso in cui ci si trovi davanti ad un vescovo (o a un collegio di vescovi) che tradisce la sua missione, come dobbiamo regolarci? Nel nostro caso la correzione fraterna non ha avuto alcun effetto, anzi siamo stati emarginati. Nelle chiese cattoliche in cui noi non possiamo più ricevere i sacramenti i musulmani possono pregare Allah, i pastori luterani concelebrare e i migranti mangiare la pizza…

Qui non si tratta di peccati personali di singoli prelati (vescovi, cardinali o sacerdoti che siano) siano pure mortali. Qui si tratta di guide e pastori che insegnano nel nome di Cristo a tutte le genti l’opposto di ciò per cui il Signore li ha chiamati! Si tratta di predicare un vangelo diverso da quello che ci è stato dato da Gesù Cristo! Se un sacerdote, un vescovo, un cardinale, il papa stesso, o anche un angelo osasse fare ciò, sia anatema, ci dice san Paolo.

Per questo esigiamo la massima serietà nel rispondere a questo appello.

In vent’anni ne abbiamo sentite di tutti i colori nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle sale di catechismo, dalla bocca di sacerdoti, vescovi, laici consacrati e non. Nessuno di coloro che qui in Austria insegna vere e proprie eresie, opponendosi pubblicamente ed esplicitamente ai dogmi, è stato scomunicato, interdetto o sospeso… Tutte queste peculiari convinzioni vengono non solo tollerate ma incoraggiate.

Tutto ok finché c’è in gioco la fede. Perché quando entra in gioco il denaro, allora non si scherza più e con chi non paga è tolleranza zero.

Il “non pagamento della tassa ecclesiale” è forse un’infrazione più grave che non le trasgressioni contro le verità di fede?

Enrico e Elena

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PS – Ti ringraziamo perché dai voce a chi non ce l’ha! E grazie infinite per gli interventi che ospiti. Ringraziamo in particolare monsignor Viganò, monsignor Schneider e l’Investigatore Biblico, di cui apprezziamo il lavoro! In questi anni turbolenti la loro voce ci ha guidati e consolati immensamente! Siamo convinti che siano doni preziosissimi della Divina Provvidenza.

 

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