Una domenica d…istruttiva.

di Fabio Battiston

Domenica 13 agosto; da qualche tempo la consueta Santa Messa delle undici nella parrocchia personale della Santissima Trinità dei Pellegrini, a Roma, non ci vede presenti. Per motivi logistici io e mia moglie siamo costretti fuori città; fortunatamente abbiamo nelle vicinanze la chiesa della Fraternità Sacerdotale San Pio X ad Albano. Questo ci permette di seguire il rito Vetus Ordo cui partecipiamo ormai da molti anni.

Dopo la Messa decidiamo di andare a Castel Gandolfo e di visitare il Palazzo pontificio. Com’è noto da quasi dieci anni, purtroppo, esso non è più la residenza estiva del Papa. Infatti, dopo il ritorno definitivo di Benedetto XVI nella sede vaticana della Mater Ecclesiae, il rapporto tra i pontefici e la cittadina dei Castelli Romani sembra essersi definitivamente chiuso. Questo, almeno, pare il deciso proposito del despota di Buenos Aires che, in tutti questi anni, si è ben guardato dal mettere piede nello splendido palazzo, un edificio che egli certamente detesta così come qualsiasi altra forma di artistica bellezza. Lo fece una volta sola, nel 2013, per incontrare il suo “caro fratello” Joseph Ratzinger ormai Papa emerito.

Molti anni fa una parte del Palazzo pontificio fu trasformata in museo. Fino alle dimissioni di Benedetto XVI, oltre alla partecipazione ai consueti Angelus estivi, era quindi possibile ammirare alcune magnifiche sale adornate da una serie di splendidi cimeli della storia papale degli ultimi secoli. Questo era ciò che ci attendevamo di trovare nel corso della nostra visita ma, con grande ed amarissima sorpresa, abbiamo scoperto dell’altro. Sì, perché il despota argentino – come ulteriore dimostrazione del suo disprezzo per la sacralità della sede e, non ultimo, per la figura del suo predecessore – non ha trovato di meglio che trasformare in museo anche l’appartamento privato del Santo Padre. E non si è limitato agli ambienti per così dire “istituzionali” (studio, biblioteca, ecc.), no! Con grande sgomento mi sono trovato nella camera da letto del pontefice; quella stessa camera dove hanno riposato – e sofferto – Benedetto XVI e san Giovanni Paolo II. Il medesimo luogo nel quale, forse, morirono Pio XII e Paolo VI entrambi deceduti proprio a Castel Gandolfo. Luoghi di gioia e di dolore intimamente legati alla fede, vissuti dai Vicari di Cristo non dieci o quindici secoli fa ma pochi anni o decenni orsono. Un’operazione che, pur tra mille cautele, sarebbe stata possibile solo evidenziando ai visitatori il carattere particolare di quei luoghi, sollecitando una presenza ed una partecipazione ben diversa da quella che si manifesta visitando il Louvre o i Musei Vaticani. Invece niente; quella sala era preceduta da un banalissimo cartello indicante “Camera da letto papale”, così come nel palazzo imperiale di Vienna viene identificato il boudoir della Regina Sissi o il fumoir di Francesco Giuseppe. Ma la scena peggiore doveva ancora mostrarsi ai nostri occhi. Sul lato sinistro della stanza da letto si apre infatti una porta con la scritta “Cappella privata del Santo Padre dedicata alla Madonna di Czestochowa”. All’interno un corridoio delimitato da cordonitaglia obliquamente la cappella. Nessuna indicazione avvisa che non si è di fronte ad una della tante sale museali ma che si trattainvece di un luogo sacro, di una cappella che non è mai stata sconsacrata. Niente richiami ad un abbigliamento consono o ad un atteggiamento rispettoso. Men che mai (ci mancherebbe altro, vero infame gaucho?) un invito alla preghiera o ad una più “inclusiva” meditazione. Ed eccoli, i visitatori, passare distratti coi loro smartphone, coi loro pantaloncini o corpetti con ombelico scoperto e con le loro magliette sdrucite. Trascuratezza totale ma, d’altra parte, nessuno li ha sensibilizzati in merito. Venghino signori, venghino! Ammirate la Chiesa che fu ed i suoi indegni rappresentanti. Ma non preoccupatevi, sono solo retaggi di un passato che non tornerà più. Parola del più grande e misericordioso costruttore di ponti dei nostri tempi! Hola hermanos, hermanas y transexuales!

P.S. Non c’è che dire: tra la mefitica omelia di  don Walter Insero durante i satan-funerali di Michela Murgia e la tremenda visita di Castel Gandolfo ho ricevuto due colpi da KO tecnico degni del miglior Cassius Clay. Ma resisto… fino a quando?

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