Non vogliono lasciarci in pace. In margine a un singolare episodio

di Fabio Battiston

Nel giorno dell’Assunzione di Maria ho potuto finalmente partecipare, dopo alcune settimane di assenza, alla Santa Messa nella parrocchia  personale della Santissima Trinità dei Pellegrini a Roma. Questo ritorno è stato però caratterizzato e movimentato da un fatto – forse di poco conto o forse no – accaduto al termine della solenne liturgia. Ecco a voi una breve cronaca dell’evento. Come molti sapranno, nelle Messe vetus ordo la maggior parte dei fedeli non lascia mai la chiesa subito dopo il termine del rito ma si raccoglie in preghiera, chi per qualche istante, chi per diversi minuti. Non appena i sacerdoti hanno concluso il rito facendo il loro ingresso in sagrestia, ecco comparire davanti all’altare un uomo e una donna (persone normalissime, non certo tacciabili di atteggiamenti scomposti o alterati) con in mano due grandi fotografie di Jorge Mario Bergoglio. All’inizio essi restano immobili di fronte ai molti fedeli, mostrando le immagini a braccia levate, poi iniziano a percorrere il corridoio centrale della chiesa pronunciando più volte, prima sommessamente poi a gran voce, le parole “Francesco è Papa”. All’inizio tutti noi presenti siamo rimasti ovviamente sorpresi poi, man mano che le due persone percorrevano il corridoio, alcuni – ciascuno a proprio modo – hanno iniziato a reagire invitando i due ad allontanarsi. All’uscita dalla Chiesa, la loro invocazione bergogliana è stata scandita a pieni polmoni e a quel punto non ce l’ho fatta più; ho guardato negli occhi l’uomo (certamente un sudamericano, come la donna che era con lui) intimandogli con forza di andarsene. Era già uscito dalla chiesa e fermo all’ingresso quando, per due volte, gli ho detto a voce alta: “Fuori!”. I due finalmente se ne vanno e le reazioni dei fedeli sono le più diverse (almeno quelle che ho potuto personalmente captare); chi è indignato, chi commenta la cosa con amara rassegnazione chi, più in linea con lo spirito sarcasticamente romano così ben descritto da Ennio Flaiano, commenta: ”Ma che volevano fa’ ‘sti due? Rischià de prende du’ pizze in faccia?”.

Questo il fatto, che spero di aver descritto col massimo della sincerità (magari se qualche lettore di Duc in altum era presente potrà confermare, modificare o arricchire la cronaca dell’accaduto). Vorrei ora dire qualcosa sia su ciò che ho provato sia sul senso da dare a questo avvenimento.

Devo confessare che, passato il momento di alterazione che mi aveva pervaso, mi sono immediatamente pentito di ciò che avevo fatto. Nessun cristiano, meglio, nessun cattolico può arrogarsi il diritto di cacciare chicchessia da una chiesa, dalla casa del Signore. È un peccato grave, forse il peggiore – dopo un assassinio – che un credente possa commettere. Ne sono sinceramente dispiaciuto. Poi però, e non certo a discolpa del mio gesto sia ben chiaro, sono emerse altre considerazioni che vanno al di là dell’accadimento in sé; esse riguardano invece il problema certamente più ampio che abbiamo di fronte in un momento così drammatico per la vita e la sopravvivenza della Chiesa cattolica temporale.

In primo luogo, ho riflettuto sul fatto che ciò che ho intimato per pochi istanti a quell’uomo è esattamente ciò che da dieci anni e più la “nuova” Chiesa cattolica universale 2.0 sta facendo nei riguardi di noi cattolici, fedeli alla tradizione liturgica e non solo: sta cercando, letteralmente, di cacciarci via dopo averci insultato, emarginato e isolato. Le ripetute umiliazioni, così ben documentate dai lettori del blog, cui nelle chiese vengono sottoposti i fedeli che desiderano prendere la comunione in bocca, sono solo uno dei moltissimi esempi di questo continuo e vergognoso stillicidio di nefandezze.

L’altra riflessione riguarda invece il clima di contrapposizione, contrasto, vorrei quasi dire guerra che si è ormai instaurato all’interno della Chiesa cattolica. La “pastorale/dottrina/magistero” propagati a piene mani in dieci anni di pontificato bergogliano hanno sapientemente seminato discordia, confusione, contrapposizione e quant’altro di negativo possa insinuarsi nella vita di una comunità distruggendola dalle fondamenta, come una maligna metastasi. E chi mai può essere artefice di una simile operazione se non il male assoluto personificato nella sua mefitica essenza spirituale? Un male che ha bisogno di potenti attuatori umani, meglio se posizionati nei gangli fondamentali della Chiesa temporale. Il risultato di tutto ciò è sotto i nostri occhi.

A cosa abbiamo dunque assistito alla festa dell’Assunta nella parrocchia della Santissima Trinità dei Pellegrini? A un insignificante siparietto tra fedeli, ciascuno fondamentalista a modo suo, di opposta visione? A un segnale da non sottovalutare che manifesta, nel proprio microcosmo, i prodromi di uno scisma non de jure ma ormai de facto? Non so dire, ma una cosa è certa. Hanno deciso di non lasciarci in pace. Nemmeno nelle poche chiese dove, ma chissà ancora per quanto, possiamo liberamente manifestare la nostra fede. Il tempo del ritorno alle catacombe è ormai vicino.  Ma oggi non ci sono Nerone, Aureliano e Diocleziano a perseguitarci: c’è colui che dovrebbe proteggerci.

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