Sul sinodo e il ruolo dei vescovi

Caro Valli,

vorrei esprimere un pensiero circa il prossimo Sinodo.

Si è parlato molto, giustamente, dei contenuti disastrosi che potrebbero venirne fuori, ma forse non si è detto abbastanza sull’anomalia colossale di un sinodo dei vescovi a cui partecipa, anche con diritto di voto, chi vescovo non è.

Perfino Lumen gentium, costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, ribadisce chiaramente che il compito di insegnare e governare spetta ai vescovi uniti col papa, non ai laici.

Intaccare questo punto significa, a mio avviso, rodere le fondamenta del dogma ecclesiologico. Già per come è concepito questo sinodo è di per se stesso una eresia colossale, è una bomba posta alle fondamenta della Chiesa di Cristo. O sbaglio?

O forse al momento disastroso in cui ci troviamo, col papa e i vescovi che ci ritroviamo, anche questo problema è sorpassato da altri?

Lucrezia Lazzareschi

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Gentile Lucrezia,

l’espressione da lei usata (una boma posta alle fondamenta della Chiesa) mi fa tornare alla mente, per analogia, una definizione simile usata tempo fa dal professor Josef Seifert, il filosofo austriaco che dopo alcune sue osservazioni critiche su Amoris laetitia venne misericordiosamente cacciato dall’arcivescovo di Granada, che gli tolse una cattedra universitaria.

In un articolo Seifert scrisse che l’ammissione ai sacramenti di persone non pentite che vivono in stato di adulterio, nonché di omosessuali praticanti, costituisce “un’immensa minaccia nascosta in questo testo, per l’intero insegnamento morale della Chiesa”, una “bomba atomica” teologicamente distruttiva.

Come vede, l’immagine della bomba ritorna. Abbiamo tutti l’impressione che le bombe, più o meno grandi e potenti, siano ormai moltissime. Le cariche sono state piazzate proprio lì dove possono risultare più dirompenti, e il ruolo dei vescovi è certamente un pilastro che i guastatori intendono far saltare in aria per disarticolare ancora di più la Chiesa nella sua stessa struttura portante.

Non a caso in questi giorni la domanda ricorrente tra molti amici che amano la Tradizione non è “che cosa ci porterà il sinodo” ma “che cosa distruggerà”.

Quando papa Francesco, parlando ai gesuiti del Portogallo, ha detto che “la visione della dottrina della Chiesa come un monolite è errata”, e chi non è d’accordo è un “indietrista”, è stato chiaro. L’obiettivo è una dottrina liquida, ad assetto variabile, secondo situazioni e circostanze, cioè una non-dottrina. Siamo al relativismo eretto a regola. Niente deve essere stabile visto che (sono ancora parole del papa) nella comprensione delle questioni di fede e di morale ci deve essere una “giusta evoluzione”. Dunque i vescovi si mettano buoni e tranquilli: il loro ruolo, al più, dovrà essere quello di favorire la “giusta evoluzione”.

Occorre aggiungere altro?

A.M.V.

 

 

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