Divorziati risposati, castità e comunione. Così Francesco porta a termine la sua “missione”

A breve distanza di un giorno, l’Ex Giovane Prete (badate bene: ex giovane, non ex prete, e così rispondo alla curiosità dell’amico Giovanni) torna a scrivere per Duc in altum per commentare l’eliminazione della castità dalle condizioni necessarie perché i divorziati risposati possano ricevere la comunione.

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dell’Ex Giovane Prete

Caro Aldo Maria,

non abbiamo fatto neppure in tempo a commentare la risposta ai nuovi dubia, che nella notte si è diffusa la risposta che il nuovo Dicastero per la dottrina della fede guidato da Fernández, con la controfirma di Francesco, ha dato il 25 settembre al quesito posto dal cardinale Duka, a nome della Conferenza episcopale ceca, sull’accesso alla comunione per i divorziati risposati.

Se, per accedervi, Giovanni Paolo II aveva indicato la necessità di vivere “da fratelli e sorelle” e Benedetto XVI aveva aggiunto “da amici”, la novità esplosiva di Francesco sta nell’eliminazione della castità dalle condizioni necessarie per poter ricevere la comunione.

Il papa ci tiene a far sapere che questa decisione entra a pieno diritto nel “magistero ordinario”. È la sua risposta, in ritardo di qualche anno, ai primi dubia del 2016.

Per quanto riguarda l’argomento in questione (comunione ai divorziati risposati), vorrei ricordare un attimo l’affermazione magisteriale più importante sull’argomento e che troviamo in Familiaris consortio 84: “La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia”.

Ovvero, la prassi della Chiesa di negare la comunione ai divorziati risposati è fondata sulla Sacra Scrittura!

Già in precedenza, nel 1977, la Commissione teologica internazionale aveva stabilito che la “Comunione ai risposati rende la Chiesa contro-testimone di Cristo” e che “l’accesso dei divorziati risposati all’eucaristia risulta incompatibile con il mistero di cui la Chiesa è servitrice e testimone, facendo credere loro che possano comunicare con colui del quale rifiutano il mistero coniugale sul piano della realtà, il che è una contraddizione obiettiva ed evidente con la vita e il pensiero del Signore sposa della Chiesa”.

Questo insegnamento lo ritroviamo costante nel Catechismo della Chiesa cattolica al n. 1650, nella Lettera della Congregazione per la dottrina della fede del 14 settembre 1994 e nella dichiarazione del Pontificio consiglio per i testi legislativi del 24 giugno del 2000.

Dopo questo excursus ritorniamo all’oggi. Papa Francesco, rispondendo in quel modo, ha ribaltato tutto, contraddetto la Scrittura e accusato implicitamente Giovanni Paolo II e la Chiesa prima di lui di aver mentito tutte le volte che hanno trattato l’argomento.

Scendendo dalla teologia alla vita concreta delle persone, in questo momento non posso non pensare al dolore che la decisione del papa ha provocato in quelle persone che per una vita hanno deciso di rimanere fedeli al loro matrimonio pur di non violare l’insegnamento della Chiesa, che hanno sempre giudicato essere l’insegnamento di Cristo. Contrordine compagni! Si sono sbagliati tutti! Per non parlare di noi sacerdoti che ci troveremmo di fronte a richieste inaccettabili, con un dramma di coscienza enorme per il dissidio tra ciò che sappiamo essere la verità e il “permesso” vaticano, il quale ci porrà per forza di cose contro alcuni nostri fedeli.

Nella Chiesa l’edificio della fede è perfetto, per cui spostare un singolo punto significa far crollare tutto. Infatti da questa decisione, le conseguenze a cascata sono devastanti:

– l’adulterio non risulta essere più un male assoluto;

– cade il sesto comandamento e la proibizione dell’atto sessuale fuori dal matrimonio;

– si inaugura una concezione strana di “fedeltà”, da applicarsi sopra una coppia che vive in uno stato di adulterio;

– si permette di ottenere la remissione dei peccati nella Confessione a chi continua a vivere violando il sacramento matrimoniale.

Per questo il cardinale Cafarra dopo Amoris laetitia ammoniva sul fatto che “qui si tocca la dottrina. Inevitabilmente. Si può anche dire che non lo si fa, ma lo si fa”. E più nel dettaglio il cardinale Burke disse: “Se la Chiesa permettesse la ricezione dei sacramenti (anche in un solo caso) a una persona che si trova in un’unione irregolare, significherebbe o che il matrimonio non è indissolubile e così la persona non sta vivendo in uno stato di adulterio, o che la santa comunione non è comunione nel corpo e sangue di Cristo, che necessita la retta disposizione della persona, cioè il pentimento del peccato grave e il fermo proposito di non caderci più”.

Bergoglio con quest’atto si auto-conferisce un potere che non gli spetta e che indurrà i divorziati-risposati ad “ingannare sé stessi” (Gc 1,22), perché “chi dice io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti è un bugiardo e la verità non è in lui” (1Gv 2,4).

Non possiamo non riconoscere che con la sua strategia dei piccoli passi sia riuscito ad arrivare dove sperava: cambiare la Chiesa, il cui volto è irriconoscibile rispetto a soli dieci anni fa.

In tanti non lo credevano possibile per le evidenti lacune teologiche e umane dell’argentino, tuttavia la storia ci ha dimostrato che non bisogna certo essere dei geni per distruggere, basta la volontà. E il Nostro ha dimostrato di averla. Non importa se davanti a lui non c’è ormai più nessuno (basta vedere piazza San Pietro), l’importante è aver portato a termine la missione che “qualcuno” gli ha affidato eleggendolo, ossia la demolizione dei bastioni della Chiesa di Cristo. In questa Chiesa nulla è ormai più stabile, nulla è più al sicuro. Che Dio ci aiuti e liberi!

 

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