Se l’anno pastorale parte col piede sbagliato

di Mauro Bonaita

Caro Valli,

prendendo spunto dalla recente apertura dell’anno pastorale nella mia diocesi (Reggio Emilia) mi permetto, umilmente e senza pretese, di condividere alcuni pensieri da non addetto ai lavori e da genitore.

In diocesi il percorso è tracciato sulle orme dell’episodio dei due discepoli di Emmaus, e l’omelia è stata incentrata sulla necessità di una evangelizzazione “creativa” basata sulla “parola”. Ho percepito qui una forzatura e un troppo timido riferimento ai sacramenti. È infatti noto che i due discepoli di Emmaus credettero nell’atto dello spezzare il pane a richiamo dell’istituzione dell’Eucaristia, mentre ora pare di intendere che essi abbiano creduto per le sole parole lungo la via.

Comunque sia, una frase più di tutte ha urtato il mio animo: “Bisogna chiedere di essere creativi perché la dottrina ha fatto il suo tempo”.

Ancora con queste parole in testa, a casa ho voluto leggere anche la lettera indirizzata alla diocesi, di ben trentasette pagine, per vedere se ci fosse lo stesso concetto.

Nelle prime venti pagine si parla della sapienza; a tratti pare sia assimilata alla saggezza delle persone “vissute” (quelle di mondo), in altri si ha la percezione che si parli di una persona divina a sé stante, fuori dalla Trinità. Al fondo di pagina 20 poi si legge: “L’andare a Dottrina non basta più, anzi per certi aspetti può diventare un serio pericolo, perché il ragazzo può essere indotto a pensare che sia semplicemente una scuola e che prima o poi, come del resto accade, dovrà finire, dopo aver conseguito i Sacramenti prescritti, vissuti come un diritto e non piuttosto un dono”.

A pagina 31 il modello di catechesi tradizionale viene di nuovo denigrato in quanto “scolastico” e perché “ormai ha fatto il suo tempo”. A pagina 33 viene elogiato l’episodio in cui Blaise Pascal, sul punto di ricevere il viatico, contro ogni sana dottrina chiede di comunicarsi con un povero invece che con un sacerdote e si sostiene che “questa deve essere la passione che deve permeare le nostre comunità!”.

Ora mi chiedo: ma non è forse vero che la Dottrina è figlia di quella Divina Sapienza che ha ispirato i Pastori del passato attraverso la comunione con lo Spirito Santo? Non è forse vero che è nel catechismo che si scoprono i doni di Dio nella “ratio” che ispira la Fede? Non sono forse i Sacramenti che realizzano la comunione con lo Spirito Santo e sono fonte della Sapienza? Noi cattolici di una volta abbiamo veramente vissuto un così “serio pericolo”?

Cosa dovremmo dire ai nostri figli? Non studiate la matematica per non correre il “pericolo” di diventare ingegneri? Se gli diciamo di trascurare la dottrina della Chiesa, non è forse vero che impediamo loro di diventare santi?

Eppure basterebbe leggere i numeri dal 4 al 13 del Catechismo della Chiesa cattolica (Trasmettere la fede) per rendersi conto di come stanno le cose. Diversamente sarebbe tutto da buttare al macero.

Io lavoro nella metalmeccanica e sono ignorante circa la storia e la vita di Blaise Pascal. Sto forse prendendo un abbaglio?

Credo di poter dire che questo modo di pensare sia figlio di un falso concetto di libertà sdoganato dalle filosofie del mondo. Si vuole dire ai nostri figli di crescere vivendo liberi di fare ciò che sentono e ciò che gli suggerisce lo spirito di sapienza odierno (quella quarta persona lontana dai Sacramenti, e quindi dalla Trinità, che di soprannome fa Ego). Ma, ancora più in profondità, credo che questa falsa libertà derivi dal rifiuto da parte di noi uomini del sacrificio e della sofferenza. La vita moderna con le sue comodità, i suoi medicinali antidolorifici, le sue punture epidurali contro i dolori del parto, le sue anestesie operatorie e i suoi anestetizzanti psichici contro i mali morali (televisione, videogiochi e internet) genera rifiuto del dolore, della sofferenza e del sacrificio. Ecco così che molte sante messe e liturgie eucaristiche (paro del novus ordo) risultano falsificate da questa visione tipica della modernità e sfociano in una concezione dell’Eucaristia che rifiuta il Sacrificio di Gesù sulla croce. Se noi uomini dovessimo realmente accettare la Verità di tale Sacrificio allora dovremmo accettare anche il nostro sacrificio e le nostre sofferenze, rinunciando al mondo. Invece avviene il contrario e da qui nascono i nuovi “diritti”: matrimonio LGBT, figli anche per i gay, aborto, eutanasia…

Se è vero che sono maggiori i frutti dei Sacramenti in coloro che accolgono la Verità e se è altrettanto vero che l’Eucaristia edifica la Chiesa (Ecclesia de Eucharistia), allora ecco cosa sta smantellando la Chiesa di Cristo in questo tempo presente: non solo la perdita della fede nella presenza reale di Cristo nel Santisismo Sacramento, ma la perdita del senso sacrificale di Gesù morto in Croce. Ed ecco cosa dobbiamo invece riscoprire: il senso del nostro soffrire offerto a Dio per essere co-redentori con Maria.

Karol Wojtyla, nella sua poesia Stanislao, scrisse: «Se la parola non ha convertito, sarà il sangue».

Io credo che nei prossimi anni assisteremo a una nuova era di martiri. Ecco cosa salverà la Chiesa: il sangue. La storia è come una enorme lavatrice per l’umanità e il detersivo per le anime sono le sofferenze di coloro che sono stati testimoni della fede (martiri, appunto, secondo l’etimologia dal greco).

Io ho due figli di sei e quattordici anni e sento oggi più che mai il peso, come genitore, di re-imparare io per primo e insegnare loro la Dottrina per amare Gesù Cristo con tutto il cuore, il corpo e la mente. Prego Dio che mi dia non solo le nozioni, ma anche la capacità di trasmettere efficacemente questa dottrina, compito a cui confesso di non sentirmi portato.

Che Dio e Maria assistano tutti i genitori e i nostri figli in quest’opera di evangelizzazione, perché saranno tempi sempre più difficili e serve molto “detersivo”.

Laudetur Jesus Christus

 

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