Lettera (triste) da Milano sulle tradizioni sparite. Come le rondini

di Daniele Berti

Caro Valli,

quanto vorrei scriverle qualcosa sul bene, ma ahimè mala tempora currunt.

Il gorgo vorticoso del peggio risucchia tutto e tutti. Uomini, tradizioni, religioni. La storia, la nostra essenza. Sempre più veloce, ci porterebbe all’estinzione se nostro Signore non ci avesse fatto promesse.

Le dico questo perché da abitante milanese ultradecennale (ormai deluso, disgustato e senza più orgoglio di viverci), intendo testimoniare la decadenza sia religiosa sia laica di questa città. Al bel vestito esterno si contrappone un’interiorità irrimediabilmente corrotta.

Non entro nella questione della liturgia vetus ordo che una città di tale peso religioso relega a una sola chiesa e a un pugno di sacerdoti che lo portano avanti.

Accenno solamente a cosa è successo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e San Francesco (Rosetum per i milanesi), dove alla festività della Natività della Beata Vergine Maria, durante la messa, con la chiesa gremita, a mo’ di stroncatura della figura materna di Gesù l’officiante non ha fatto l’omelia, non ha pronunciato il Credo e alla fine della misera celebrazione eucaristica (sembrava la funzione modello sveltina del primo mattino), non ha accennato nemmeno a un’Ave Maria. Non dico cantata, sia mai, ma almeno corale con i fedeli. Niente.

Sintomi di qualcosa che, ormai lampante, è più profondo. Una sorta di ipnosi di massa che colpisce tutto e tutti. Mi riferisco alla perdita delle tradizioni in tutti i sensi. Una china inarrestabile.

Ora si deve sapere che per il quartiere in cui abito, la cui chiesa è appunto il Rostum, c’era un tempo una festività importante: quella dedicata a Padre Pio. La zona è conosciuta dai devoti del santo non solo come luogo di culto di lunga data (un’associazione ogni mese fa celebrare una messa a suo ricordo), ma anche perché nella piazza sorge un’importante statua a lui dedicata.

Ebbene, fino a vent’anni fa nella settimana della festa il quartiere si fermava. Venivano chiuse le strade. Arrivavano le giostre. I negozianti esponevano all’esterno i loro prodotti, si faceva addirittura un mercatino. La parte laica era ferventissima e lo era anche quella religiosa, con la chiesa aperta e il convento accessibile. Venivano fedeli da altre zone e le famiglie si riunivano unendo sia il sacro sia il profano. Ah, dimenticavo: c’era anche la processione.

Anno dopo anno si è entrati però nel vortice della tristezza e dell’indifferenza, alimentato da un mondo di zombie. Un mondo che ha ormai come costanti solo lavoro, tv, social. Una città, la nostra Milano, ormai ridotta a dormitorio, avvezza solo a vizi e vanità. Una città algida che si vuole mostrare bella ai turisti ma ha perso la sua identità.

Al Rosetum non è rimasto niente delle tradizioni di un tempo. La festa di quartiere non esiste più. Il nulla. Anche per i frati tutto finito. Solo una messa frettolosa. Che tristezza, che amaro in bocca. E attenzione: così è anche per il resto di Milano.

Una città che ormai viene “schifata” (mi passi il termine), anche dalle rondini. Sì dalle rondini e dai rondoni. Un fenomeno di cui non si parla. E mi chiedo se solo io vedo queste cose che mi rattristano.

Ma non è stato sempre così e prima o poi finirà. Speriamo prima.

Gesù vieni presto!

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