Sul papa verde

di Mario Grifone

Caro Valli,

ho appena terminato la lettura della nuova esortazione del vescovo di Roma Laudate Deum, invito che resta praticamente solo nell’incipit, in quanto in tutto il testo a Dio viene riservato un piccolo paragrafo verso la fine.

Devo dire che se qualcuno leggesse l’esortazione senza conoscerne l’autore potrebbe pensare a un articolo di un ecologista arrabbiato, pieno di luoghi comuni e invettive varie nei confronti del cattivissimo uomo occidentale responsabile colpevole di tutti i danni ambientali e causa pure di catastrofi idrogeologiche.

Lo scritto è pieno di affermazioni apodittiche e indiscutibili, la tragedia ambientale ha origini antropiche senza se e senza ma. Non solo, poiché le emissioni antropiche di noi occidentali sono due volte superiori a quelle dei cinesi e sette volte a quelle di africani e terzo mondo, è evidente che siamo noi a dover cambiare stile di vita. Non c’entrano nulla le fabbriche inquinanti cinesi o le tonnellate di plastica buttate in mare dai popoli del sub continente indiano e neanche le emissioni delle auto di quei paesi che tanto bene fanno all’aria che respirano i loro abitanti e al colore dei cieli che li sovrastano

Certo che no, la colpa e solo nostra che abbiamo deciso di non vivere a contatto con la natura, magari in ecologiche capanne di paglia usando il combustibile naturale fornito dagli animali. Visione idilliaca contraddetta dal flusso migratorio imponente degli abitanti di quelle capanne verso l’inquinato Occidente.

Ma la vera “chicca” dello scritto è il concetto di antropocentrismo situato, espressione di difficile interpretazione. Vediamo se ho capito bene. Dalle nozioni base del catechismo mi risultava che l’uomo è il suggello di tutta l’opera creatrice di Dio che lo pone al centro del giardino con un mandato preciso “ut operaretur”, vale a dire che il creato era a sua disposizione e doveva essere custodito attraverso il lavoro e l’intelligenza di cui solo l’uomo è stato dotato. E infatti per secoli abbiamo custodito la natura coltivando le terre per trarne i frutti, addomesticando gli animali, creando incroci di piante e fiori e anche esaltandola in opere artistiche meravigliose. Questo, che fino ad oggi si chiamava antropocentrismo, viene da oggi specificato con l’aggettivo “situato”, che significa che tutti gli esseri viventi fanno parte di un unico insieme e solo avendone piena comprensione risolviamo i problemi ecologici, mentre l’antropocentrismo non situato è la causa di desertificazioni e altri mali del suolo. Nozione non nuova, prima si chiamava Gaia, termine non più utilizzabile per problemi di sensibilità di un certo mondo.

Ovviamente i passaggi che portano a questa brillante intuizione si trovano nelle pagine precedenti dell’esortazione, in cui viene fatto un pedante riassunto delle varie conferenze sull’ambiente degli ultimi anni che, come ben sappiamo, sono state l’occasione per pagare ameni viaggi ai loro partecipanti oltre che spreco di denaro e concause di inquinamento per l’alto numero di voli aerei che hanno comportato.

La conclusone naturalmente è un invito a compiere azioni ecologicamente corrette, a ridurre gli sprechi, manca solo la differenziazione dei rifiuti e siamo a posto.

Non viene in mente al nostro pastore (non direi di anime a questo punto) che la causa principale di questo disordine è sempre la stessa, l’atavico nemico, quello che semina la zizzania, per restare in tema natura tanto caro al nostro.

Forse qualche anziano ricorderà una lontana società in cui non si sprecava nulla, si rivoltavano le giacche, e la spazzatura era ai minimi termini in quanto non esisteva praticamente la plastica. Chi non sa di cosa parlo può guardarsi un film qualunque tratto dai racconti di don Camillo e Peppone.

Avrei preferito un invito a pregare di più e a fare apostolato invece che a fare un esame sulla nostra coscienza ecologica: lo slogan poteva essere “più Messe meno rifiuti”

Non praevalebunt.

 

 

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