La “Laudate Deum” e un album di De André

di Vincenzo Rizza

Caro Valli,

il riferimento contenuto nel suo articolo [qui] al beffardo titolo Laudate Deum dell’ultima esortazione apostolica, parafrasando Fabrizio De André nel Testamento di Tito, “mi ha fatto pensare”.

Lei scrive che “Dio è relegato in un cantuccio, quasi si trattasse di un accessorio di poco conto”. È vero: per un verso Dio è relegato in un cantuccio, per l’altro l’uomo è consapevolmente denigrato perché starebbe distruggendo il Creato ma al tempo stesso (inconsapevolmente?) eccolo esaltato perché ritenuto padrone di verità scientifiche incontestabili.

Entrambi gli atteggiamenti (di denigrazione ed esaltazione) mi sembrano facce della stessa medaglia, frutto di una visione dell’uomo che si ribella e si sostituisce a Dio, di un uomo tanto potente da riuscire a polverizzare ciò che Dio ha creato e tanto sapiente da conoscere ogni verità.

Ho citato prima Fabrizio De André, straordinario cantautore dichiaratamente non credente, che tuttavia era fortemente attratto e affascinato dalla figura di Gesù. Di un Gesù considerato non Figlio di Dio ma figlio di uomini; eppure grandissimo uomo, un rivoluzionario che ha cambiato la storia.

In quello che considero il capolavoro di De André, l’album La Buona Novella, tratto dai vangeli apocrifi, mi sembra di intravedere una lettura della Chiesa molto vicina a quella che oggi si cerca di introdurre.

L’album si apre con un inno, Laudate Dominum (quante assonanze con la Laudate Deum), per concludersi con un altro inno, Laudate hominem. In mezzo, la storia di Giuseppe e Maria e della crocifissione di Gesù che ha termine proprio con il Testamento di Tito, cioè di uno dei due ladroni che in punto di morte, appeso alla croce, ripercorre i comandamenti e la sua vita.

Tito non crede che esista un solo Dio:

Non avrai altro Dio all’infuori di me

Spesso mi ha fatto pensare

Genti diverse venute dall’est

Dicevan che in fondo era uguale

Credevano a un altro diverso da te

E non mi hanno fatto del male.

Quante assonanze con la dichiarazione di Abu Dhabi.

Tito non crede che Gesù sia Figlio di Dio, ma crede sia umano come lui:

Guardate la fine di quel nazzareno

E un ladro non muore di meno.

Eppure Tito, nel vedere Gesù, un uomo che muore, impara l’amore:

Io nel vedere quest’uomo che muore

Madre, io provo dolore

Nella pietà che non cede al rancore

Madre, ho imparato l’amore.

Ne consegue l’esaltazione finale dell’uomo e non del Dio Gesù, contenuta nell’inno finale Laudate hominem.

La Laudate Deum e in genere molte “riforme” dell’attuale pontificato mi sembrano per tanti aspetti sovrapponibili alla visione del cantautore genovese: sicuramente apprezzabile per un non credente, inaccettabile per un cattolico.

 

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