Nascoste, silenziose figlie di re

di Rita Bettaglio

Figlie di re stanno tra le tue predilette… Così dice il salmo 45 (44 nella Vulgata). Chi sono queste figlie?

Sant’Agostino, commentando questo stesso salmo, dice: “Tutte le anime che sono nate da coloro che predicavano ed evangelizzavano sono figlie dei re; e le chiese figlie degli Apostoli sono figlie dei re”.

Il Re dei re, lo Sposo, è Cristo, quello per cui effonde liete parole il cuore della sposa, quello che laetificat juventutem meam, come si recita ai piedi dell’altare.

Ma queste predilette, che rallegrano il Signore, chi sono? Chi sono oggi, in un mondo e in una chiesa immersi nelle tenebre?

Ci sono ancora, nell’anno 2023 dell’era cristiana, anime che rallegrano il loro Dio e da Lui sono riamate appassionatamente? La Parola di Dio vale sempre, per ogni tribù, lingua, popolo e nazione. Per ogni tempo, quindi anche per oggi.

Cerchiamo, dunque, queste figlie di re. E ci sembra di non trovarle. Non ne vediamo le soavi movenze, le gemme luminose, il diadema scintillante. Intorno a noi, ci pare, solo tristezza e desolazione. E nessuno aiuta.

Invece non è così. Queste predilette ci sono. Nascoste, silenziose, mal sopportate da taluni, ma ci sono.

Sono i monaci e le monache, quelli che hanno scelto la parte migliore o, secondo il mondo, la più inutile e stolta. Quelli che sembra non facciano nulla per il mondo e la chiesa, ma che, invece, li sorreggono nascostamente, come Aronne e Cur sostenevano le mani di Mosè, pesanti per la stanchezza.

Cosa li ha portati, e ancora adesso li porta, a dedicare l’intera esistenza all’opus Dei, alla lode e alla supplica di Dio giorno e notte?

Diléxit me Rex, et introdúxit me in cubículum suum, canta l’antifona del Piccolo Ufficio della Madonna. Questo cubicolo, questa tenda è insieme il monastero, il coro e l’anima del monaco. Qui si eleva la lode di Dio ogni giorno e ogni notte. Per singulos dies benedicimus Te: ogni giorno, anche se il mondo non se ne accorge.

È quel piccolo e agguerrito esercito che san Benedetto chiama il coenobitarum fortissimum genus, la fortissima stirpe dei cenobiti, che militano sotto una regola e un abate. È un esercito che non si stanca di cantare il salterio e, così facendo, placare il cielo. Soldati semplici, centurioni al comando del loro abate.

Sono, seguendo l’analogia di sant’Agostino, tutti figli e figlie di re.

La figlia del re è tutta splendore, gemme e tessuto d’oro è il suo vestito.

Di che splendore si tratta? Di che vestito? L’abito benedettino è nero, semplice e non si segnala per nulla. La cocolla nera che i benedettini vestono in coro li rende ancora più informi: sembrano davvero sepolti con Cristo in Dio, come sotto la nera coltre usata un tempo nel rito della professione religiosa.

E allora questo splendore, le gemme e il tessuto d’oro cosa sono? Sono gli strumenti delle buone opere, gli strumenti della vita spirituale, usati con la massima diligenza nell’officina del monastero.

Dopo averli adoperati incessantemente di giorno e di notte, a favore loro e nostro, i monaci li riconsegneranno nel giorno del giudizio e otterranno dal Signore la ricompensa promessa da lui stesso: “Né occhio ha mai visto, né orecchio ha udito, né mente d’uomo ha potuto concepire ciò che Dio ha preparato a coloro che lo amano”.

San Gregorio Magno, ne II libro dei dialoghi, narra come santa Scolastica, dopo aver pregato Dio col capo reclinato sulle mani e aver sparso sul tavolo un fiume di lacrime, ottenne che si scatenasse un improvviso e fortissimo temporale. Il fratello san Benedetto, infatti, pur scongiurato di intrattenersi ancora con lei per pregustare insieme le gioie del cielo, aveva opposto un deciso rifiuto. La santa monaca, allora, aveva applicato proprio uno degli strumenti delle buone opere, riporre in Dio la propria speranza, ed era stata esaudita. Pioggia torrenziale, tuoni e fulmini costrinsero il santo a piegarsi ai desideri della sorella.

Egli un po’ rattristato si lamentò: “Che Dio onnipotente ti perdoni, sorella benedetta; ma che hai fatto?”. Rispose lei: “Vedi, ho pregato te e non mi hai voluto dare retta; ho pregato il mio Signore e lui mi ha ascoltato”.

Santa Scolastica incarna, in questa scena, l’essenza della vita monastica: reclinando il capo tra le mani, aveva sparso sul tavolo un fiume di lacrime, per le quali l’azzurro del cielo si era trasformato in pioggia.

Il suo capo reclinato ci ricorda quello del discepolo che il Signore amava. All’annuncio del tradimento, san Giovanni reclinandosi così sul petto di Gesù gli disse: «Signore, chi è?» (Gv 13, 25).

Quest’opera potentissima a favore della chiesa tutta la fanno ogni giorno i monaci e le monache. Per ognuno di noi. Anche oggi.

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