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Appunti per il distacco definitivo. Con una breve risposta

di Fabio Battiston

Sono anni, ormai, che vivo sulla mia pelle il problema – come cattolico apostolico romano – dell’appartenenza alla Chiesa temporale di questo inizio di terzo millennio. È il dramma di chi non si sente più abitante di quella casa che lo ha accolto nel Battesimo e che gli ha poi offerto i doni dell’Eucaristia, della Confermazione e della Penitenza. Ho scritto, quasi sempre per me stesso, fiumi di inchiostro su quest’accidenti di questione. Ho letto decine di libri e migliaia di pagine sull’argomento. Mi sono confrontato con chi, su questo tema, ne sa senz’altro molto più di me. Ho pregato nostro Signore (certamente poco, molto poco) per poter essere guidato a una scelta, per capire. Non solo non riesco a uscire dall’inquietudine e dalla confusione ma più passa il tempo e più mi sto rendendo conto che conviverci mi sta facendo del male. Molto male. Devo quindi arrivare a una soluzione, in un modo o nell’altro. Alle volte guardo non senza un briciolo di invidia quei cattolici, soprattutto della mia generazione, per i quali nulla è cambiato in questi decenni. Persone che senza colpo ferire, come se niente fosse, passano da una domenica alla successiva modificando il “non ci indurre in tentazione” nel “non abbandonarci alla tentazione”. Oppure che ascoltano all’Angelus domenicale, senza trasecolare, qualcuno che dice loro “Buongiorno e buon pranzo” anziché “Laudetur Jesus Christus”. Credenti per i quali il Papa è sempre il Papa, oggi come settant’anni fa, si chiami Pio XII, Paolo VI, Benedetto XVI o Francesco, perché per loro esso rappresenta, nella Chiesa, ciò che è sempre stato nei secoli. Beati loro che non hanno sussulti, che non si pongono domande e che vivono in piena fiducia e consapevolezza la loro vita di credenti. Essi la vivono, penso talvolta, come se la Chiesa terrena cui appartengono non esistesse, tanto per loro essa è (o appare) immutata e immutabile, come l’eternità che è invece cosa viva e concreta. Purtroppo (o per fortuna) io non sono così e, a quasi sessantotto anni, credo proprio che non lo diverrò mai. Ed eccomi allora a scrivere l’ennesima riflessione. Ho però il fondato sospetto che la stanchezza psicologica, che comincia ormai ad affiorare, renda queste righe anch’esse stanche, ripetitive e – a quel che sembra – senza una realistica prospettiva di servire a qualcosa, se non forse a far maturare un distacco che appare, giorno dopo giorno, concretamente irreversibile.  Una separazione, una sorta di personale scissione non già dalla fede nel Dio Trinitario, bensì da quella casa terrena, temporale, che ai miei occhi di umilissimo credente, e peccatore, non lo rappresenta più. E quanto vorrei che tutto questo fosse solo un brutto sogno; che la Chiesa, la mia casa, fosse ancora quella che ho conosciuto e amato tanto tempo fa. Nella mia realtà di cattolico, invece, ciò che è avvenuto negli ultimi decenni, ed è letteralmente esploso dal 2013 ad oggi, ha rappresentato per la Chiesa un orrendo susseguirsi di tsunami, uno più tragico dell’altro. Gli accadimenti di quest’ultimo anno sinodale, poi, hanno aggiunto alle onde assassine una sinfonia satanica che tutto avvolge, tutto distrugge. Per dare una rappresentazione plastica a questo scenario ho provato a buttar giù un piccolo schema; una sorta di tristissima sequenza di domande e risposte su ciò che oggi, formalmente e sostanzialmente, qualifica la Chiesa cattolica temporale, la barca nella quale dovremmo sentirci tutti fraternamente in rotta verso la Salvezza. Questo, naturalmente, è ciò che penso ma è già più che sufficiente per chiedere a me stesso una risposta definitiva. Ecco a voi.

La Chiesa di oggi:

converte? No, è inclusiva e non fa proselitismo;

insegna? No, ascolta;

annuncia la Verità? No, ne propone una tra le tante;

celebra? No, fa festa a tavola;

ammaestra? No, dialoga;

è regale? No, è democratica;

è misericordiosa con chi si pente? No, perdona sempre, chiunque e comunque;

custodisce e diffonde il Depositum Fidei? No, esce, esce di continuo e guarda sempre avanti, mai indietro;

predica? No, cerca, analizza, valuta, comprende e poi…si adegua.

Conferma nell’unica fede cristiana? No, solo in quella universal-sincretistica che tutto ingloba e tutto racchiude;

e i Novissimi, e il timor di Dio? Carneade, chi era costui?

Io penso che ce ne sia abbastanza per scappare, fuggire rapidamente senza guardarsi indietro. Non posso, non voglio credere che fuori da questa chiesa non ci sia salvezza, al contrario. Restare in questo guano equivale a perdere la fede. Non voglio correre questo rischio.

*

Caro Fabio,

capisco bene i tuoi sentimenti, che in larga parte sono anche i miei. Anch’io quando vedo tanti cattolici che si sorbiscono senza batter ciglio prediche protestanti e celebrazioni deviate mi chiedo se per caso sia tutto un brutto sogno. Sono io impazzito o sono loro cloroformizzati e normalizzati?

Non so se ricordi il film Matrix. Pillola rossa o pillola blu? Scegli la blu e resti alla superficie, ti accontenti di come vanno le cose. Scegli la rossa e affronti la dura realtà.

Noi apoti, noi che non ce la beviamo, noi che scegliamo la pillola rossa, siamo condannati a soffrire doppiamente: per quel che vediamo attorno a noi e perché non riusciamo a svegliare i cloroformizzati. Ma guai se scegliessimo di andarcene! Dobbiamo piuttosto offrire a Nostro Signore questa sofferenza e raddoppiare le forze per la battaglia.

Ogni volta che lo sconforto rischia di avere il sopravvento penso alle chiese in cui si celebra il vetus ordo: quanti giovani, quante famiglie, quanti bambini, quanti fedeli! Giorni fa in una di queste chiese osservavo una bambina inginocchiata in preghiera, con le mani giunte e il velo bianco che le copriva il capo. Sembrava un dipinto, e mi sono detto: “La Chiesa è viva, la fede è viva. Qualcuno sta conservando il seme”.

Coraggio Fabio!

A.M.V.

Per chi desiderasse intervenire: blogducinaltum@gmail.com 

 

Aldo Maria Valli:
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