Vincere facile. Transessuali che gareggiano contro donne

di Vincenzo Rizza

Caro Valli,

è di qualche giorno fa la notizia di una donna pugile canadese, Katia Bissonnette (nella foto, themirror.com) che si è rifiutata di salire sul ring contro un avversario trans. Il suo gesto, che ha fatto discutere, è stato motivato dal fatto di preferire non correre rischi combattendo con un avversario biologicamente superiore. Pare, infatti, che uno studio dell’Università dello Utah dimostrerebbe come gli uomini possono dare pugni più forti del 163% rispetto alle donne e che la scatola cranica e in genere la struttura femminile di una donna siano profondamente differenti da quelle di un uomo.

Come abbia fatto lo studio dell’Università dello Utah a calcolare con precisione (non 162, non 164 ma 163%; e i decimali?) la differenza di forza tra il pugno di un uomo e di una donna resta per me un mistero, ma ancora più misterioso resta il motivo per cui una donna debba essere costretta non solo a combattere contro un uomo, ma anche a spiegare il rifiuto di combattere sulla base di precisi dati scientifici quando la differenza fisiologica tra uomo e donna è evidente a qualsiasi persona che non abbia il cervello obnubilato da fantasiose ideologie.

Assistiamo quotidianamente, in effetti, anche nello sport, a decisioni bizzarre, con uomini fatti gareggiare con donne solo perché hanno avviato o concluso il percorso di cambiamento di sesso e con effetti evidentemente paradossali quando non ridicoli. È il caso di Lia Thomas (al secolo William Thomas), mediocre nuotatore liceale, che dopo la transizione di genere ha gareggiato in ambito femminile battendo tutti i record collegiali possibili. Basta vedere le foto di Thomas a confronto delle rivali per capire perché un armadio di un metro e ottantacinque abbia avuto la meglio su nuotatrici che hanno una struttura fisica del tutto diversa: fanno più impressione delle immagini della minuta Novella Calligaris con a fianco le nuotatrici della Germania dell’Est, pompate come zampogne dal doping di Stato.

Almeno Thomas non deve fare a cazzotti con le rivali: vincerà a mani basse le competizioni natatorie mortificando il senso dello sport e il morale delle avversarie, ma non le danneggerà fisicamente.

L’uomo trans nella boxe, anche se pieno di ormoni femminili e con basso livello di testosterone, ha sempre la struttura di un uomo e può provocare danni irreversibili all’avversaria. Francamente non c’è bisogno di articolate spiegazioni scientifiche per dimostrarlo. Spero solo che domani il Mike Tyson di turno non decida di avviare la transazione di genere, combattendo con parrucca e gonnellina nella federazione femminile.

 

I miei ultimi libri

Sei un lettore di Duc in altum? Ti piace questo blog? Pensi che sia utile? Se vuoi sostenerlo, puoi fare una donazione utilizzando questo IBAN:

IT64Z0200820500000400192457
BIC/SWIFT: UNCRITM1D09
Beneficiario: Aldo Maria Valli
Causale: donazione volontaria per blog Duc in altum

Grazie!