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Quanno nascette Ninno, ovvero la vera realtà del mondo

di Rita Bettaglio

Dice l’ultima antifona dei primi Vespri della Natività di Nostro Signore: Levate capita vestra, cioè alzate il capo, sollevatelo. Aprite gli occhi e vedrete. Vedrete nel buio in cui la Creazione geme e soffre nelle doglie del parto. Vedrete nelle tenebre fitte del mondo e della Chiesa. Vedrete nelle vostre anime, appesantite dai peccati personali e dalle conseguenze di quelli altrui.

Il graduale della Messa natalizia del giorno ci scuote, ci desta: Dies sanctificátus illúxit nobis: un giorno sacro ci ha illuminati.

Visitavit nos oriens ex alto, canta Zaccaria, non più muto: ci ha visitato una luce che sorge dall’alto.

Siamo abituati a questo linguaggio e spesso non vi riflettiamo. Com’è possibile tutto questo? Cosa accadde veramente nella Notte Santa di Betlemme?

Noi che siamo nati diversi decenni fa, ricordiamo la Novena di Natale, i canti, il presepe, il bacio del Bambinello, i campanelli impazziti di chierichetti felici al canto, finalmente, del Gloria. Sembrava non volessero più smettere e suonavano con tutta la loro infantile foga, ognuno più forte del proprio vicino, perché il Bambino era nato e tutti gli angeli si profondevano nella sua lode.

Riusciamo ancora, noi, a immaginare cosa significò la nascita del Bambino Gesù, cosa accadde?

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ci conduce dentro quella notte, mirabilmente descritta nel canto Quanno nascette ninno.

Quanno  nascette Ninno a Betlemme, era notte e pareva miezojuorno. Maje le stelle, lustre e belle, se vedèttero accussì.

Era notte ma pareva mezzogiorno: tutta la natura partecipò e non si vide mai nulla di simile.

Allora si adempirono le antiche profezie, la natura riconobbe il suo Creatore.

Prosegue il santo vescovo partenopeo:

Di fretta si svegliarono gli uccelli, cantando in una forma tutta nuova. Perfino i grilli con gli strilli e saltando qua e là. “È nato. È nato”, dicevano, “il Dio che ci ha creato”.

Anche chi dormiva sentì il cuore balzare in petto:

Si sconvolse insomma tutto il mondo, il cielo, la terra, il mare e tutte le genti. Chi dormiva si sentiva in petto il cuore giocare per l’allegria. E sognava pace e contentezza.

I pastori, allertati dall’ Angelo, accorsero alla grotta, mentre era tutto un fiorire per i campi.

In un paese che si chiama Engaddi fiorirono le vigne e uscì l’uva. Bambino mio saporito, ramoscello d’uva sei tu che, tutto amore, rendi dolce la bocca e poi ubriachi i cuori.

Come non udire l’eco suadente del Cantico dei Cantici? Lo Sposo è ora il Bambino, saporito ramoscello d’uva.

I pastori alla grotta rimasero incantati, rimasero incantati e a bocca aperta per tanto tempo senza dire parola. Poi fecero, lacrimando, un sospiro per sfogarsi. Dal cuore tirarono fuori, a migliaia, atti d’amore.

La meraviglia di questa teofania ben presto fece arditi quegli uomini semplici ed essi prendendo confidenza a poco a poco chiesero il permesso alla Madonna. Si mangiarono i piedini con bacini prima e poi quelle manine, per ultimo, il viso e le gote.

Qui potete dire tutto quello che volete, tirar fuori cattedrali gotiche e vetrate maestose, ma i napoletani non li batte nessuno: hanno il cuore più grande di tutti, specie se sono santi come il nostro sant’Alfonso.

Poi cantarono con gli angeli e con Maria e il Ninno (Ninin diciamo noi a Genova) gradì: Gesù fece “Aaaah hà” e poi chiuse quegli occhi aggraziati e si addormentò.

La gioia e la tenerezza scaldarono la notte fredda della Giuda. La luce dissolse le tenebre.

L’inferno soltanto e i peccatori incalliti come lui e ostinati ebbero paura, perché nell’oscurità vogliono stare i pipistrelli, fuggendo dal sole, i bricconi.

La notte, l’oscurità di cui si canta è quella del peccato e tocca ogni figlio d’Adamo. Ma la contemplazione della bellezza del Dio fatto bambino chiama al pentimento, unica via di redenzione.

Anche io sono nero peccatore, dice chi adora il Bimbo nella mangiatoia, ma non voglio essere rigido e ostinato. Io non voglio più peccare, voglio amare, voglio stare col Bambino bello come ci stanno il bue e l’asinello.

Ecco il santo proposito di Natale, il proposito che ognuno di noi può e deve fare.

E voi occhi miei, due fontane dovete diventare, di lacrime, piangendo, per lavare, per scaldare i piedini di Gesù. Chissà, calmo, direbbe: “Via, che ti ho perdonato”.

Questa è l’unica, la vera realtà del mondo. Questa è l’unica teologia cattolica che sant’Alfonso, nel 1754, mise in musica e in dialetto napoletano per portare la Buona Novella ai poveri e a quei lazzaroni che saranno stati analfabeti, ma erano, come tutti, chiamati alla salvezza. Quella vera, che passa attraverso la liberazione dal peccato.

Non c’è altra Via che non sia quella della Verità e della Vita. Perché la Verità rende liberi, mentre la menzogna, il peccato portano alla morte. Nessuna autorità sulla terra può trasformare il male in bene e il bene in male.

Questa è la certezza che trasforma la notte in mezzogiorno: ciò che è vero, è buono, è bello, è santo, è immutabile. Niente e nessuno lo potrà profanare in eterno. Questa è la nostra fede e ci gloriamo di professarla nella Chiesa nostra Madre.

Un grande ringraziamento a chi mi ha fatto scoprire questo gioiello di sant’Alfonso. Dio rimeriti.

Aldo Maria Valli:
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