Lettera / La parrocchia della Santissima Trinità dei Pellegrini, luogo della pace non della contrapposizione

di Armin Schwibach

Caro Aldo Maria,

mi permetto di scriverti in relazione all’annuncio [qui] che hai dato in Duc in altum circa la Messa che sarà celebrata a Roma dal cardinale Burke nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini.

Vorrei ricordare che la nostra parrocchia è un luogo di preghiera, una parrocchia “normale”. Ogni domenica è piena di gente che vuole solo pregare e assistere alla Santa Messa (oltre a tante altre iniziative). Non è mai stato luogo di dimostrazioni o cose simili, mai un luogo in cui coltivare il risentimento, mai un luogo di tristezza o nostalgie. Si tratta di un luogo di consapevolezza e di semplice bellezza e godimento di ciò che è veramente cattolico: la vita immersa nel mistero della salvezza, della realtà della promessa.

Furono proprio queste le parole del primo parroco, padre Kramer: noi siamo normali, noi siamo una parrocchia, una parrocchia piena di giovani, di bambini, di persone che vogliono stare vicine a Dio. E così è stato dal primo giorno in cui, nel 2008, è stata aperta. Ero presente quando la parrocchia personale cominciò la sua vita e quando, durante la Messa, venne letto il decreto del cardinale Ruini, vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma.

Nel 2017 ebbi (ancora una volta) la grazia di poter incontrare Papa Benedetto XVI in Vaticano. Eravamo seduti in quel salottino che ormai tutto il mondo conosce. Per ironia del destino, stavo sulla stessa poltrona sulla quale si sedeva anche Francesco durante le sue rare visite al monastero (e che erano importanti innanzitutto per avere foto carine).

Il Papa mi dedicò, come già le altre volte, un’ora del suo tempo, ma un’ora insieme a Benedetto XVI sembrò un tempo immerso nell’eternità. Naturalmente si trattò di un colloquio in piena fiducia e, come puoi immaginare, riservatezza. Comunque sia, una cosa posso e voglio dirla. In quell’occasione il Papa vollle sapere come andavano le cose in parrocchia. Così parlammo della situazione, del dono del Summorum Pontificum, dei tangibili frutti del provvedimento, aldilà di qualsiasi forma di ideologia o polemica. Raccontai dei bambini della prima comunione, del catechismo, dell’opera buona dei sacerdoti e di tanto altro. Il Papa fu particolarmente contento di quella che io continuai a chiamare la normalità della vita parrocchiale, una normalità che faceva splendere ancora di più gli occhi luminosi del pontefice. Perché era esattamente ciò che lui aveva voluto quando aveva istituito la parrocchia.

Anche oggi, in tempi diventati più difficili, questa normalità continua a essere la ricchezza della parrocchia. Perciò mi dispiacerebbe molto se adesso si cercasse di introdurre in quel luogo sacro, in quel luogo vissuto da una comunità veramente libera, un elemento dimostrativo di dissenso, anche se camuffato da solidarietà.

La nostra parrocchia non è una congrega di persone ideologizzate, ma un luogo di preghiera, di bellezza, di tranquillità, dove è normale respirare aria cattolica, l’aria dei millenni riversata nell’adesso. E la Fraternità di San Pietro vuole proprio questo, alla sequela della volontà di Papa Benedetto, senza l’odiosa e purtroppo molto diffusa tendenza alla contrapposizione.

Proprio in queste ore di particolare e santa memoria di Papa Benedetto XVI, dottore della Chiesa nel senso vero della parola, bisogna sottolineare una cosa: egli voleva la pace, voleva che la Chiesa potesse godere di questa pace e così crescere nella verità del Logos fattosi carne. Secondo le parole di san Paolo proprio ai Romani: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale (logikē latreia)” (Rm 12,1). Ecco la parola chiave: culto spirituale, che conduce al sublime mistero.

Perciò la Messa di sabato prossimo, secondo me, deve essere vista esattamente in questa dimensione, in questa ottica. Non una Messa di partigiani, ma una Messa del popolo di Dio che segue la strada della preghiera indicata da Papa Benedetto XVI. La nostra chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, la nostra parrocchia donataci dal Pontefice, non conosce polemiche ma offre la possibilità di respirare l’aria della vera libertà: la libertà che solo la verità può donare.

La Messa incomincia con la preghiera forse più bella (almeno lo è per me): “Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat juventutem meam”, “Mi accosterò all’altare di Dio, al Dio che allieta la mia giovinezza”, “Emítte lucem tuam et veritátem tuam: ipsa me deduxérunt et adduxérunt in montem sanctum tuum, et in tabernácula tua”, “Degnami del tuo favore e della tua grazia, onde mi guidino e mi conducano al tuo santo monte, e ai tuoi tabernacoli”. Questa preghiera rispecchia e dice tutto. In fondo è, come si direbbe oggi, un programma.

Benedetto XVI voleva la pace liturgica, e la nostra parrocchia è un luogo di questa pace e deve rimanere tale, senza entrare in polemiche dannose, nelle futili rivendicazioni o lotte.

Un caro saluto, con il pensiero alle benedizioni di Papa Benedetto XVI che ci guarda dal cielo!

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