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Dopo le “precisazioni” su “Fiducia supplicans” / Salvate il soldato Fernández! O una risata lo seppellirà

di Vincenzo Rizza

Caro Valli,

il comunicato stampa del Dicastero per la dottrina della fede a firma del cardinale Fernández (prefetto) e di monsignor Matteo (segretario) volto ad “aiutare a chiarire la ricezione di Fiducia supplicans” è talmente surreale da sembrare falso. Quando ho letto l’articolo sul blog [qui] non credevo ai miei occhi.

Ormai siamo purtroppo abituati a documenti vaticani scritti con un’approssimazione disarmante, ma qui il livello è veramente sceso sotto lo zero: si tocca il fondo e si comincia a scavare.

L’inadeguatezza del neo prefetto era nota, ma neppure i suoi più feroci detrattori avrebbero potuto immaginare con quale velocità, dopo neppure sei mesi dalla nomina, potesse rendersi ridicolo.

Negli anni Settanta un noto autore libertario, Walter Block, pubblicò il suo libro più conosciuto, Difendere l’indifendibile, in cui si ergeva a difensore dei personaggi più improbabili, dalla prostituta al porco maschilista, dal ricattatore a colui che grida “al fuoco” in un teatro affollato, dall’usuraio al poliziotto corrotto. In quel caso, seppure con molte forzature, i ragionamenti dell’autore erano comunque affascinanti e ben argomentati. Nel nostro caso il Tucho sembra più che un teologo un concorrente della Corrida di Corrado: un dilettante allo sbaraglio dato in pasto a un pubblico giustamente arrabbiato che rumoreggia con pendagli e campanacci mostrando tutto il suo disappunto. E così, dopo aver pubblicato un documento senza capo né coda, criticato dai vescovi di un intero continente e da molti vescovi e cardinali sparsi nel mondo, come un bimbo sorpreso con le mani nella marmellata si è affrettato a difendere l’indifendibile con argomenti ancora più grotteschi di quelli contenuti in Fiducia supplicans.

Si ribadisce, allora, la distinzione tra benedizioni “liturgiche o ritualizzate” e “spontanee o pastorali” per poi precisare che quelle spontanee/pastorali possono durare, cronometro alla mano, tra i dieci e i quindici secondi (attendiamoci un futuro chiarimento per capire cosa succede se durano cinque secondi in più o in meno).

Si chiarisce, ancora, che la benedizione “non deve avvenire in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare”: tuttavia non si comprende perché se, come dice papa Francesco, la radice della mitezza cristiana è “la capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire … Questo mondo ha bisogno di benedizione e noi possiamo dare la benedizione e ricevere la benedizione”, la benedizione possa dare scandalo e non possa essere resa pubblicamente ma in modo sostanzialmente carbonaro.

Sublime, infine, l’esempio pratico che viene proposto, sostanzialmente incoerente con l’essenza della questione. Testualmente:

Poiché alcuni hanno manifestato la domanda sul come potrebbero essere queste benedizioni, vediamo un esempio concreto: immaginiamo che in mezzo ad un grande pellegrinaggio una coppia di divorziati in una nuova unione dicano al sacerdote: “Per favore ci dia una benedizione, non riusciamo a trovare lavoro, lui è molto malato, non abbiamo una casa, la vita sta diventando molto pesante: che Dio ci aiuti!”.

In questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: “Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen”. E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due.

L’incoerenza consiste nel fatto che non si sta chiedendo la benedizione della coppia ma la benedizione di due persone (in difficoltà), tanto che “il segno della croce” viene fatto “su ciascuno dei due”. Senza considerare che resta il dubbio se la benedizione possa essere concessa solo a una coppia di malati gravi, disoccupati e senzatetto o anche a una coppia di persone in salute, lavoratori e proprietari di casa.

Concludendo, mi chiedo se Tucho faccia tutto da solo o abbia in Vaticano collaboratori e consiglieri che lo aiutano nel suo lavoro. Nel primo caso è necessario che qualcuno accorra in soccorso per salvare il soldato Fernández (da sé stesso); nel secondo caso devono proprio detestarlo, lasciandolo preda della sua vanità e vanagloria, consapevoli che prima o poi una risata lo seppellirà.

Aldo Maria Valli:
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