Brevi cenni sulla resistenza all’ideologia “woke”

di Luca Foglia

Caro Valli,

affidandomi a san Bernardino cercherò di parlare “chiarozzo chiarozzo” per approfondire il tema della rete di resistenza contro l’ideologia woke.

Iniziamo dal chiarire cosa significhi woke. Per noi cattolici è, in estrema sintesi, tutto ciò che va contro i versetti 27 e 28 del Capitolo 1 della Genesi (qui). Tradotto: ideologia gender, cancel culture, inclusione, ecologismo, neoliberismo; niente di nuovo, Pio IX nel Sillabo del 1864 ci aveva già messo in guardia. Aggiungo l’uso ripetuto di alcuni slogan che solitamente precedono una tesi woke: la vaccinazione salva le vite, ci sono un aggredito e un aggressore, l’emergenza climatica non può più aspettare, difendiamo la democrazia, la libertà e i diritti civili, l’inflazione è colpa di Putin eccetera.

Perché l’ideologia woke ci interessa come fedeli? Anzitutto perché anche la Chiesa cattolica non ne è immune, anzi. Poi perché condiziona le vite di ognuno di noi. Basti pensare alle piattaforme woke per eccellenza con le quali ognuno di noi si confronta quotidianamente. Vale a dire gli aggregatori delle notizie che leggete non appena consultate internet, i motori di ricerca, i social network, le piattaforme di streaming, l’intelligenza artificiale e, a breve, le valute digitali centralizzate. Il tutto funziona secondo filtri e schemi ben congegnati. Un esempio banale quanto significativo: non appena abbiamo tre giorni di freddo iniziano ad apparire articoli riguardanti il surriscaldamento globale.

Questo è, o sarebbe meglio dire era, possibile in quanto chi decide è un’élite coesa che tramite la finanza globale controlla più o meno tutto. A partire dal 2020 il vento è tuttavia cambiato. I fatti all’origine dell’inversione di tendenza sono stati il Covid, la guerra in Ucraina e l’acquisto da parte di Elon Musk del social network twitter, ora X, l’unico social Usa anti woke.

Questi eventi hanno fatto capire ad alcune persone che la narrazione ufficiale degli organismi internazionali, di cui i nostri governi non sono altro che succursali, faceva acqua da tutte le parti. E così ha avuto origine la resistenza, che ha trovato nei blog a livello locale e in X a livello globale il suo sfogo. Anzitutto di giusta denuncia (monsignor Viganò è un impareggiabile “martello degli eretici” in tal senso), ma anche di smarrimento e di sconforto, come ben testimoniato da Duc in altum. Ed è qui che vorrei inserire questo mio intervento, che deve essere letto come un invito a concentrarsi sulla fase propositiva, assai più interessante e portatrice di speranza.

Volenti o nolenti, per fare ciò non possiamo ignorare il livello globale. Alcuni spunti da cui partire erano stati forniti nell’articolo precedente (qui).

Concretamente ritengo si debba evitare di chiuderci nei nostri circoli. Andiamo a vedere Sound of Freedom (la casa distributrice paga il biglietto a chi non può permetterselo), seguiamo i blog, i siti e gli account meritevoli, commentiamo pubblicamente, informiamoci su quanto avviene nel mondo, anche sui nostri fratelli cattolici che sono ancora perseguitati fino alla morte in America Latina, in Africa e in Asia. Dopo, e solamente dopo, diamo un’occhiata a una fonte di informazione woke e divertiamoci a scoprire tutte le fake news (menzogne) che raccontano. Esistono chiaramente le dovute eccezioni, ecco perché non bisogna cadere nella mentalità da tifoso – tipica dell’individuo woke – ma approfondire, anche chiedendo aiuto ai nostri esperti.

Dobbiamo ovviamente pregare, come comunità e non solo come individui. Ho constatato che molte persone non lo sanno più fare in modo adeguato e quindi non lo fanno proprio. Da qui il successo dell’app Hallow. Andiamo su X o su YouTube e recitiamo il Rosario (qui in latino sottotitolato, si impara in un paio di settimane). Visitiamo i siti cattolici non mainstream (qui), ce ne sono di meritevoli che propongono, accanto alle catechesi del passato, persino dei menù di magro per la Quaresima, gli stessi menù per cui le signore woke spendono centinaia di euro dai loro dietologi.

Dobbiamo leggere per farci guidare nella quotidianità, ci sono newsletter che ogni mattina vi inviano il Vangelo e il santo del giorno (tempo di lettura dai cinque ai dieci minuti). Grazie a loro mi sono appassionato alla vita di san Giovanni Damasceno, molto più entusiasmante delle serie tv nordiche intrise di magia e violenza; per non parlare delle lettere che santa Caterina da Siena spediva ad autorità politiche e religiose (successori di Pietro inclusi); lei, che non aveva nemmeno trent’anni, faceva tremare i polsi alle élite di allora. In queste letture mattutine sono venuto a conoscenza del villaggio di Maaloula in Siria dove si recita ancora il Padre nostro in aramaico, o delle antichissime comunità cristiane in Libano e in Iraq che, nonostante le numerose difficoltà, non rinunciano alla propria fede. Interessiamoci a cosa succede in Medio Oriente, ricolleghiamo i luoghi di oggi a quelli elencati nel Vangelo, negli Atti degli apostoli, nelle lettere di san Paolo; lì sono le nostre radici spirituali, non a Bruxelles, New York o Londra.

Dobbiamo infine meditare, riscopriamo sant’Ignazio di Loyola e san Luigi Grignion de Montfort, altro che viaggi in India o in Giappone per riscoprire noi stessi! Ognuno trovi il compagno di viaggio più affine alla propria sensibilità; abbiamo una tradizione così ricca cui attingere che i woke non avranno mai.

Gli algoritmi faranno il resto. È un circolo virtuoso, più cerchiamo, seguiamo e commentiamo fonti “buone” e più queste verranno proposte, condivise, riprodotte, messe in risalto nelle ricerche. Non fermiamoci a wiki(woke)pedia.

Concludo, essendo milanese, con un ricordo del cardinale Biffi (qui). Altro che influencer!

 

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