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Qualche lezione dalla vicenda dello spot blasfemo

“Nessuna volontà di offendere le convinzioni morali, civili e religiose degli spettatori”. Così ha dichiarato l’azienda produttrice delle patatine, dopo il ritiro dello spot blasfemo [Duc in altum ne ha parlato più volte].

Tendo a pensare che l’affermazione, per quanto incredibile, sia sincera. Ormai prendersi gioco della fede cattolica è talmente normale che probabilmente gli ideatori della campagna pubblicitaria non sono mai stati sfiorati dal sospetto di essere blasfemi. Anzi, tendo a credere che non possiedano nemmeno la percezione del concetto di blasfemia.

In ogni caso la campagna, bloccata dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, non andrà più in onda.

Una vicenda da cui si possono trarre alcuni insegnamenti, come scrive Marco Anca nel contributo che qui vi propongo.

***

di Marco Anca

Caro Valli,

dunque la pubblicità blasfema è stata ritirata dopo un intervento del comitato di autodisciplina pubblicitaria.
A me però piace trarre insegnamenti generali anche da un singolo episodio.
Che cosa ci ha insegnato la vicenda dello spot?
1. La mobilitazione nasce dal basso, e su gruppi e piattaforme estranei al regime
2. Eventuali proteste e ricorsi vanno mandati agli enti competenti
3. Tempo perso rivolgersi a politicanti e pennivendoli di regime
4. Il silenzio delle gerarchie cattoliche italiane è stato assordante. Dobbiamo liberarci di tutti questi cappellani di regime.
5. Silenzio di tutti i politicanti ufficiali, compresi quelli che a parole si dicono cattolici o genericamente “cristiani”. A quelli di loro che chiederanno il voto in nome dei valori cristiani, o che li usano strumentalmente, va detto chiaramente che sono degli impostori.
6. I cattolici in Italia sono oramai una piccola minoranza, ma agguerrita e resa forte dall’alterita’ rispetto al regime. Cosa che vedo anche in altri paesi.
Aveva ragione Pasolini. E aveva ragione Ratzinger, profetico perché, così come il suo predecessore, la storia l’aveva vissuta in prima persona, e aveva studiato con attenzione Lenin sul ruolo delle minoranze attive e rivoluzionare.

 

Aldo Maria Valli:
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