Sulle contestazioni al ministro Roccella. Il dito e la luna

di Marco Radaelli

Caro Valli,

una contestazione ha impedito al ministro Roccella di parlare agli Stati Generali della Natalità. Apriti cielo. Per carità, va da sé che la libertà di pensiero e di parola sono garanzie costituzionali e la loro violazione non è mai un bene. Ma dov’erano tutti questi paladini della libertà di espressione quando a farne le spese erano medici, infermieri, insegnanti, studenti, e tutti quelli che hanno perso il lavoro per aver detto, motivandolo, quello che pensavano? Questa difesa della Costituzione a intermittenza, e a seconda delle persone, lascia il tempo che trova. Ma poi, di cosa stiamo parlando? Di un ministro, ovvero di una persona che può parlare ed esprimersi molto più liberamente di tutti gli altri comuni cittadini messi insieme utilizzando ogni canale a disposizione: giornali, tv, radio, comunicati, conferenze stampa e molto altro. Se una volta non riesce a farlo, non mi straccio le vesti. Ripeto: non è una cosa augurabile e per cui gioire, ci mancherebbe, ma sono sicuro che, per un’occasione persa, il ministro sarà certamente in grado di trovarne altre migliaia in cui potrà dire pubblicamente quel che desidera. Cosa che a noi comuni mortali non è certo possibile. Per non parlare della premier, che a tutta questa solidarietà pelosa (verso alcuni sì, verso altri no) aggiunge il carico del politicamente corretto e tiene a sottolineare che la censura è caduta su una donna, come se questo rendesse più grave l’accaduto. Ma cosa vuol dire? Cosa c’entra il sesso di chi riceve la contestazione? E se fosse stato un uomo, allora? Rimango sempre basito di fronte a certe reazioni inutili.

Ma aldilà di questo, vorrei porre l’attenzione su un aspetto su cui si è sorvolato nei commenti e nelle reazioni, ma che a me pare essere il vero cuore della questione. Tutti a guardare il dito e a gridare allo scandalo di un ministro che per una volta non può parlare, ma nessuno che metta in evidenza la luna che è stata oscurata dietro quel dito. L’attenzione, infatti, non andrebbe posta sul fatto che la Roccella non abbia potuto parlare, quanto piuttosto sulle poche parole che (purtroppo) è riuscita a dire prima di essere silenziata. Di fronte alle femministe-abortiste che la contestavano al grido sempreverde, “Il corpo è mio e decido io”, la Roccella è riuscita ad affermare che in realtà “noi siamo d’accordo, nessuno ha detto che qualcun altro decide sul corpo delle donne, proprio nessuno”. Ecco la cosa grave che andrebbe sottolineata: come può un ministro della natalità dirsi d’accordo con chi dice che “il corpo è mio e decido io” con il solo scopo di giustificare e legittimare la propria “voglia di aborto”? Che credibilità ha un ministro della natalità che dimentica di dire che in quel corpo mio c’è in realtà anche un altro corpo non mio, sulla cui pelle si decidono la vita e la morte senza che questo piccolo essere umano possa in alcun modo dire la sua? Gentile ministro: lui, il nascituro, non avrebbe lo stesso diritto di dire “il corpo è mio e decido io”? Oppure, anche questa libertà è per molti ma non per tutti?

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Foto da ilfattoquotidiano.it

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