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Nullità matrimoniali, le nuove norme

Porta la data del 7 dicembre 2015 il rescritto con il quale Papa Francesco, in concomitanza con l’entrata in vigore  delle lettere apostoliche, in forma di motu proprio, Mitis iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, circa le cause di nullità matrimoniale, precisa alcune questioni.

In particolare Francesco abolisce le parcelle degli avvocati rotali, stabilendo che chi ricorre al supremo tribunale che giudica in terzo grado le cause di nullità matrimoniale avrà un difensore ex officio, «salvo l’obbligo morale, per i fedeli abbienti, di versare un’oblazione di giustizia a favore delle cause dei poveri».

Nel rescritto inoltre il Papa abroga esplicitamente il motu proprio di Pio XI Qua cura che offriva un appiglio per mantenere i tribunali interdiocesani in Italia e non restituire ai vescovi diocesani il pieno potere di decidere, in quanto giudici, in tutte quelle cause nelle quali le ragioni di nullità siano più evidenti.

«Le leggi di riforma del processo matrimoniale – scrive Francesco nel nuovo documento che integra e interpreta la riforma delle nullità varata con i due motu proprio dell’agosto 2015 – abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica come ad esempio il motu proprio Qua cura, dato dal mio antecessore Pio XI in tempi ben diversi dei presenti».

La Rota romana, spiega il documento, «giudichi le cause secondo gratuità evangelica, cioè con patrocinio ex officio», salvo appunto il caso di persone che, avendo a disposizione i mezzi necessari, possono versare un contributo a favore di chi non possiede uguali risorse.

Nello stabilire una serie di semplificazioni dell’iter processuale, il rescritto si augura che i fedeli «possano guardare alla nuova Gerusalemme che è la Chiesa come “pace della giustizia e gloria della pietà” (Baruc 5, 4) e sia loro concesso, ritrovando le braccia aperte del Corpo di Cristo, di intonare il Salmo degli esuli (126, 1-2): “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia”».

Nella sostanza le disposizioni volute da Francesco, non a caso emanate alla vigilia dell’apertura della porta santa di San Pietro, che ha dato ufficialmente il via al giubileo della misericordia, vanno tutte nella direzione di una Chiesa più vicina alle famiglie ferite, così che «la moltitudine di coloro che vivono il fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo, attraverso le strutture ecclesiastiche, nell’auspicio che essi si scoprano nuovi missionari della misericordia di Dio verso altri fratelli, a beneficio dell’istituto familiare».

Il rescritto si è reso necessario per fare chiarezza su una materia controversa. Lo scorso 13 ottobre il Pontificio consiglio per i testi legislativi – con una risposta a firma del presidente Francesco Coccopalmerio e del segretario Juan Ignacio Arrieta – aveva dichiarato che le disposizioni date da Pio XI «vigenti finora, sulla cui base sono stati poi adottati dall’episcopato italiano altri provvedimenti, anche di natura economica, devono ritenersi in pieno vigore». Inoltre si avvertiva: i vescovi «che eventualmente ritenessero di dover recedere dai Tribunali regionali dovranno ottenere la relativa dispensa della Santa Sede dalla norma generale», rivolgendosi al Tribunale della Segnatura apostolica.

Nel successivo novembre 2015 il decano della Rota romana, Pio Vito Pinto, aprendo le attività accademiche dello Studio rotale, aveva però spiegato che le norme del motu proprio Mitis iudex dominus Iesus, con le quali Papa Francesco ha rinnovato i processi per le nullità matrimoniali, snellendo e velocizzando le procedure, eliminando la necessità della doppia sentenza conforme e attribuendo nuove e dirette responsabilità ai singoli vescovi, si applicano pienamente anche in Italia, nonostante la presenza nel nostro paese dei tribunali regionali interdiocesani.

Quante sono le porte sante?

Come si sa, in occasione del giubileo della misericordia Papa Francesco ha stabilito che le porte sante siano aperte non solo nelle basiliche di Roma ma nelle cattedrali di tutto il mondo, così da consentire davvero a tutti i fedeli di compiere un gesto di conversione. Lo stesso Francesco ha dato l’esempio aprendo in anteprima la porta santa della cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Ma quante sono le porte sante nel mondo? Di fronte alla domanda dei vaticanisti, il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha dovuto ammettere che nessuno lo sa, perché non è mai stato fatto il calcolo: «Non ho idea di quante siano e non mi pare che nessuno lo sappia. Si può prendere il numero delle diocesi e moltiplicarlo, ma per quanto? Chi ne ha sei, chi nove, chi tre. Questa molteplicità delle porte è  una situazione veramente nuova, non abbiamo un precedente». In attesa che qualcuno si assuma il compito di procedere con i calcoli, padre Lombardi chiede comunque che non si guardi tanto ai numeri quanto «alle situazioni in cui vengono aperte le porte, che indicano prossimità a periferie e poveri».

Messico record

A proposito di numeri, si conoscono bene quelli che caratterizzeranno il prossimo pellegrinaggio internazionale di Francesco, in Messico, dal 12 al 18 febbraio, e sono particolarmente impressionanti. Dodicesimo viaggio all’estero di Papa Bergoglio e quarto in America Latina (i tre precedenti sono stati in Brasile nel 2013, in Ecuador, Bolivia e Paraguay e a Cuba nel 2015), il Pontefice visiterà sei importanti località messicane: la capitale Città del Messico (con la visita al santuario della Madonna di Guadalupe), Ecatepec, Tuxtla Gutiérrez, San Cristóbal de Las Casas, Morelia e Ciudad Juárez. Per raggiungere il Messico da Roma, l’aereo papale dovrà percorrere 10244 chilometri, e per rientrare altri 9720. All’interno del paese, poi, i diversi spostamenti previsti aggiungeranno 3599 chilometri. Per quanto riguarda le trasferte papali di Francesco, sono numeri senza precedenti: in totale, il Papa percorrerà 23563 chilometri. Tredici le allocuzioni previste: cinque omelie, un Angelus e sette discorsi. Francesco farà visita al presidente Enrique Peña Nieto, incontrerà le autorità e il corpo diplomatico, si riunirà con i vescovi e gli operatori della cultura e della scienza, andrà a trovare le comunità indigene, entrerà in un carcere e un ospedale. Particolarmente attesi gli incontri con i sacerdoti, i religiosi, i consacrati e i seminaristi, nonché quelli con i giovani e il mondo del lavoro. La messa del 13 febbraio nel santuario di Nuestra Señora de Guadalupe, patrona d’America, sarà alle 17 locali, le 23 in Italia.

Con la tappa a San Cristóbal de Las Casas, Francesco metterà piede nel Chiapas, lo stato noto per la presenza dell’esercito zapatista del sub comandante Marcos e per l’attività del vescovo Samuel Ruiz (1924 – 2011), il pastore che per quarantuno anni, dal 1959 al 2000, visse tra gli indigeni (che lo chiamavano tatic Samuel, padre Samuel), in un territorio tanto complesso e difficile, dove Ruiz fu anche al centro di polemiche, accusato di essere l’obispo rojo, il vescovo rosso,  e dove lui, come disse una volta, imparò «ad amare i poveri e le loro sofferenze, amore senza il quale non è possibile fare nulla per aiutarli a sollevarsi».

Nel Chiapas quasi il sessanta per cento della popolazione è cattolica. La povertà è estrema e diffuse sono piaghe come alcolismo, prostituzione, malattie sessualmente trasmesse, consumo di stupefacenti. Per Francesco un confronto diretto con una delle periferie più estreme, e più problematiche, non solo dell’America latina ma del mondo intero.

Aldo Maria Valli, Studi cattolici, gennaio 2016

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