Spezzare quelle catene
Almeno nove milioni di bambini nel mondo vivono in condizioni di schiavitù. La denuncia è dei missionari salesiani, che a questo flagello stanno dedicando una campagna internazionale, intitolata Spezza le loro catene.
Povertà, mancanza di prospettive, disgregazione del nucleo familiare, perdita di valori morali nella comunità, richiesta di manodopera a basso costo: queste le cause principali di un fenomeno che ha bisogno della collaborazione di tutti (responsabili politici e religiosi, imprenditori, mass media) per essere affrontato e debellato.
Comprati e venduti, i bambini schiavi sono sottoposti a violenze e abusi, costretti a lavorare in miniere, fabbriche, laboratori, abitazioni private. In molti casi diventano spacciatori di droga, in altri, specie in Africa, sono arruolati come soldati. E poi c’è il fenomeno delle spose bambine, costrette a matrimoni precoci e forzati.
In occasione della giornata contro la schiavitù infantile, che si celebra ogni anno il 16 aprile, i missionari salesiani scrivono: «Vogliamo dare voce a milioni di bambini, rendere visibile la schiavitù infantile e richiedere misure per sradicare questo flagello del secolo XXI».
Tra i casi più eclatanti quelli delle fabbriche di tessuti in Afghanistan, Pakistan e India, delle miniere in Brasile, dei campi di canna da zucchero in Myanmar, della ricerca del coltan (il prezioso minerale usato per la costruzione di telefoni cellulari e computer) nella Repubblica Democratica del Congo e dei diamanti in Sierra Leone. In Egitto e in Benin invece i minori sono utilizzati soprattutto nella raccolta del cotone e in Costa d’Avorio nella coltivazione del cacao. Uno sfruttamento a cui si accompagna spesso quello nel lavoro domestico, per la prostituzione e l’accattonaggio.
Dalla Colombia all’India, dal Benin alla Costa d’Avorio, dal Mali all’Egitto, i salesiani affrontano questa realtà soprattutto cercando di offrire ai bambini, vittime della schiavitù, una seconda possibilità, perché possano spezzare le catene che li costringono in schiavitù, ma è una battaglia difficile, specie quando in gioco ci sono gli interessi delle multinazionali.
La data del 16 aprile, per la celebrazione della giornata internazionale contro la schiavitù, è stata scelta in onore e in memoria di Iqbal Masih, il bambino pakistano di dodici anni ucciso, forse dalla «mafia dei tappeti» (l’assassino è rimasto senza volto), il 16 aprile 1995 dopo essere diventato, per la sua coraggiosa denuncia degli sfruttatori, un simbolo della lotta contro il lavoro minorile.
Schiavitù infantile e lavoro minorile non sono la stessa cosa, ma certamente i fenomeni sono strettamente correlati. Con circa 77 milioni di bambini lavoratori, l’Asia meridionale è l’area che presenta le cifre più impressionanti. Il caso più eclatante quello del Pakistan, dove l’88 per cento dei bambini fra i sette e i quattordici anni non va a scuola e lavora. Impressionante anche la situazione del Bangladesh, dove circa la metà dei minori vive in queste condizioni, dell’India (40%) e dello Sri Lanka (10%) .
Aldo Maria Valli