Migranti e monasteri / Lettere alle “sorelle d’Italia”

Cari amici di Duc in altum, torniamo sulla lettera aperta che alcune claustrali hanno inviato al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio sulla questione di migranti.

Come ricorderete, nella lettera, pubblicata da Avvenire, le monache hanno voluto esprimere “preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione”. Le claustrali  hanno scritto inoltre di voler “dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie”  e hanno chiesto che “le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo”.

Non tutte le claustrali d’Italia, però, si sono riconosciute in quella lettera. Dopo che, giorni fa, ho pubblicato la replica di un’eremita che si è detta “profondamente addolorata” e poi di una claustrale, la “Monaca guerriera”, che ha espresso tutto il suo dissenso, oggi vi propongo altri quattro contributi (i primi tre di claustrali, l’ultimo di una laica) che a loro volta si dissociano dalla lettera resa nota da Avvenire

A.M.V.

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Gentile Dottor Valli, le scrivo anzitutto per ringraziarla del mirabile sostegno che dà alla vita contemplativa con i suoi scritti e con lo spazio che le offre sul suo blog. Il Signore non mancherà di ricompensare tanto coraggio, che manca perfino a chi questa vita dovrebbe edificare e difendere.

Mi permetto di prendere un po’ del suo tempo per fare qualche considerazione sulla lettera della monaca guerriera di Cristo Re, che condivido pienamente nel suo contenuto, come pure (e ancor più) su quella dell’eremita diocesana.

Nel testo inappuntabile della monaca guerriera sono riportate due citazione del regnante Pontefice, estratte dai due ultimi documenti sulla vita claustrale (Vultum Dei quaerere e Cor orans). Non ho alcun dubbio sulla buona fede della monaca guerriera, ma mi chiedo se abbia compreso che, mentre inneggia giustamente alla eccellenza e al valore della vita claustrale, cita due documenti che di quella medesima vita sono la tomba. La sua penna, caro dottor Valli, non si è risparmiata su questo tema, e sono certa che comprenderà subito ciò che intendo.

Vorrei dire alla monaca guerriera: “Mia diletta sorella in Cristo, bene ha fatto a scrivere ciò che ha scritto, ma – per carità e verità – depenni quelle citazioni e le sostituisca con parole più coerenti, più lapidarie, più vere. Non avrà difficoltà a trovarne di magistrali, poiché abbiamo alle spalle duemila anni di monachesimo autentico e cristallino a cui attingere a piene mani”. Inoltre, mi pare alquanto specioso citare a sostegno della propria tesi – contro le sorelle d’Italia “immigrazioniste” – chi dell’immigrazione è il propugnatore più assiduo e manifesto. Infine, la nostra cara monaca si firma lodevolmente come “guerriera di Cristo Re”, titolo che richiama i Cristeros del Messico i quali, dopo aver combattuto con eroico coraggio la dittatura massonica e anticristiana del presidente Calles, capitolarono, anzi furono costretti a capitolare, dalla disastrosa politica vaticana di quel tempo. Ecco, non vorrei che la nostra monaca guerriera, alla quale voglio bene nel Signore, dopo aver combattuto (con la penna e, ancor più, con la preghiera) le sorelle d’Italia, debba poi capitolare per l’applicazione dei documenti pontifici che cita contro di loro: quod Deus avertat!

Circa le sorelle d’Italia, vorrei chiedere: sorelle di… quale Italia? Non sanno queste care sorelle che l’immigrazione è un fenomeno gestito dalle organizzazioni mondialiste per scristianizzare l’Italia e l’Europa? È di un’Italia scristianizzata che vogliono esser sorelle? E se proprio vogliono esercitare la loro operosa carità (cui – per vocazione – non sono tenute), perché non partono dagli italiani poveri (e Dio sa se ve ne sono!), che sono magari persino cattolici praticanti? Queste care sorelle – lo vogliano o no, ne siano consapevoli o no – non fanno né gli interessi dell’Italia (che è e deve rimanere cristiana), né quelli dei migranti (che sarebbero molto più felici rimanendo nella loro patria), né men che meno di Nostro Signore e della Sua Chiesa (le amate sorelle si appellano al documento di Abu Dhabi: forse anche loro ignorano che tale documento è in forte odore di eresia, come è stato ampiamente dimostrato da diversi teologi?).

In ogni caso, condivido in pieno l’opinione dell’eremita diocesana, che non conosco ma cui mi lega profondamente la medesima forma di vita carmelitana: la preghiera e l’unione con Dio sono le armi delle contemplative, e non simili iniziative che scadono nel ridicolo e, se fosse possibile, farebbero piangere perfino gli Angeli in Cielo!

Infine, caro dottor Valli, mi permetto di farle una confidenza. Lei ha dedicato un intero volume, Claustrofobia, alla distruzione della vita contemplativa che si sta operando dall’alto con la costituzione apostolica Vultum Dei quaerere e l’istruzione applicativa Cor orans. Ebbene, questa distruzione viene da lontano. Papa Francesco non è che l’ultimo anello di una lunga catena che ha avuto inizio con la Sponsa Christi di Pio XII. In questo documento, per la prima volta (per quel che mi risulta), si parla di federazioni. La confidenza è questa. Quando il documento fu promulgato, ci fu una levata di scudi nei Carmeli italiani: le monache, che in queste cose hanno (avevano?) molto fiuto, manifestarono apertamente il loro dissenso, tanto che una personalità del calibro di padre Gabriele di Santa Maria Maddalena dovette intervenire con un opuscolo per convincere le monache a “piegarsi” alle federazioni. Ho con me il documento che circolava tra i monasteri pro manuscripto. Siamo nel 1950. Da allora è iniziata un’inarrestabile discesa passata attraverso il Concilio Vaticano II per giungere alla Cor orans, ultimo tassello di un diabolico mosaico. Se qualcosa si può invidiare al demonio, questa è la pazienza…

Sappia, per amor di verità, che chi le scrive riconosce (fino a dimostrata prova contraria) nel regnante Pontefice il vero Papa che, come i suoi immediati predecessori, è stato ed è strumento (spero inconsapevole) di un’opera distruttiva della Chiesa di Dio nella sua componente umana. Ma ciò non deve minimamente scoraggiarci, perché al di sopra degli avvicendamenti umani ed ecclesiali “Stat Crux”: rimane immobile e silenziosa la Croce di Cristo, che continua a salvare il mondo con la sua potenza redentrice. E ai piedi di quella Croce, sanguinante ma gloriosa, c’è la Madre.

Ecco, caro dottor Valli, ho voluto condividere con lei queste riflessioni, quasi dimezzando il pensiero, sperando di non averla tediata.

Mi sappia Sua sorella in Cristo

Una carmelitana scalza

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Carissimo dottor Valli, nella risposta che il direttore del quotidiano Avvenire ha dato alla lettera delle claustrali si invitavano altri monasteri a uscire dal silenzio. Ebbene, anche se non è certamente mia abitudine farlo, esco anch’io dal silenzio, ma per il motivo opposto a quello delle consorelle che hanno scritto la lettera. Non condivido infatti questo modo di uscire dalla clausura e desidero dissociarmi da un comportamento che non riflette la mia scelta di sorella claustrale e mi provoca profondo dolore.

Come sono cambiate le mie sorelle e come si fanno manipolare da idee e modi di agire che non hanno niente di monastico! Che tristezza vederle vestire i panni di sessantottine femministe che all’epoca furono contagiate dal virus dell’ideologia e si sentivano realizzate solo se dicevano o urlavano la loro opinione nelle assemblee! Quando mai le contemplative sono “scese in piazza” e si sono schierate politicamente dalla parte del pensiero mainstream? Non siamo forse state chiamate al silenzio e all’offerta nascosta di noi stesse per tutti i mali che affliggono l’umanità oggi e in tutti i tempi? Non abbiamo noi donato al Signore ogni attimo della nostra vita perché lo usi come vuole per la salvezza delle anime, comprese quelle dei migranti e di tutte le egregie persone tirate in ballo nella lettera? Perché tenere un comizio a favore di questa o quella tendenza politica, chiamando addirittura altre “sorelle” a uscire dal silenzio e unirsi a voi? Ma quale battaglia credete di poter vincere lasciandovi pilotare da chi vuole eliminare la vita contemplativa facendo di noi delle attiviste politiche? Come mai, care consorelle, non vi sentite spinte dallo stesso zelo di carità davanti all’aborto ed ai malati terminali che non hanno voce per chiedere aiuto? Non sarebbe stato più consono alla nostra vocazione invitare tutte le sorelle claustrali d’Italia a una clausura più autentica, a una preghiera più potente, a un’offerta più totale in un momento in cui c’è tanto buio dovunque, perché il Signore dia luce a chi guida? Che tristezza vedere che tante sorelle non sono più innamorate dell’ideale che hanno abbracciato! Che tristezza vedere le carmelitane scendere dal Monte Carmelo, che tristezza vedere le clarisse desiderose di aprire i monasteri ai musulmani in nome di una fratellanza che non ha nulla di evangelico!

Una claustrale

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Gentilissimo dottor Valli, le invio queste righe come risposta alla lettera aperta delle claustrali, con la speranza che le mie parole attraverso il suo blog possano giungere a queste consorelle. La ringrazio per l’attenzione e voglio dirle che prego sempre per lei. Ho spesso occasione di leggere i suoi articoli e di apprezzarli.

Carissime sorelle claustrali, mi permetto di scrivervi rispondendo alla vostra lettera pubblicata su Avvenire. La vostra iniziativa non ha bisogno della mia disapprovazione perché si disapprova da solo. Voglio solo, con dispiacere, farvi notare come, da persone consacrate, non siete capaci di difendervi da chi vi impone le sue idee e come nel contempo siete molto lontane dalla realtà che stiamo vivendo nella nostra Italia.

I nostri monasteri da sempre sono aiutati dalla carità delle persone che ci vivono accanto, quelle stesse persone da voi definite portatrici di sentimenti di intolleranza, rifiuto, violenta discriminazione. Anche gli italiani, non solo i migranti, sono nostri fratelli, e quanti di loro sono senza un lavoro, senza una dignità, senza beni di prima necessità! Non voglio entrare nel merito di questioni che sono sotto gli occhi di tutti e che soltanto voi sembrate non vedere. Non voglio entrarci anche perché credo non sia il nostro compito. Vi prego, sorelle carissime, di ritornare a vivere una vita di vere claustrali che ci ridonerà anche l’equilibrio umano di farci vedere le cose nella loro realtà e non come ce le presentano gli organi di informazione con forte connotazione politica.

Una vostra consorella

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Carissimo dottor Valli, sono una fedele laica e vorrei, se me lo permette, tornare sulla gravissima questione delle povere “sorelle d’Italia”. Sostengo integralmente il giudizio di valore di suor Giovanna eremita e anche quello della “Monaca guerriera”, anche in virtù di una conoscenza personale e una frequentazione di diversi anni di uno dei monasteri che hanno sottoscritto la lettera.

Tale monastero, alla fine del pontificato di san Giovanni Paolo e all’inizio di quello di Benedetto XVI, espose per lungo tempo la bandiera arcobaleno all’esterno. Un’ostentazione che, sicuramente, denotava pubblicamente un’alleanza con i peggiori nemici della Chiesa cattolica.

Ricordo che le monache di quello stesso monastero si auguravano una presa di posizione da parte della gerarchia a favore dei divorziati. C’era già allora l’attesa di un cambiamento che non tenesse conto della sana dottrina che ha la sua scaturigine nel santo Evangelo. Non c’è dunque troppo da stupirsi che ora da quei conventi ci si rivolga alle autorità statali per invocare provvedimenti motivati dall’ideologia e non dalla fede.

Tra le firme noto quella ddi un reemo camaldolese, e anche questa circostanza non mi stupisce visto che Camaldoli ospita da tempo corsi di yoga e scuole di politica ispirate al pensiero della sinistra.

Ricordo che partecipai, senza sapere bene dove sarei finita, a un corso di esercizi e mi stupii di come la totalità dei partecipanti leggesse giornali laicisti e snobbasse quella che all’epoca era ancora la stampa cattolica.

Circa una dozzina di anni or sono ebbi occasione di partecipare a incontri durante i quali restai interdetta nel sentir stroncare dall’allora generale dell’ordine la Dominus Iesus del cardinale Joseph Ratzinger.

Con tali premesse, la lettera delle claustrali, prima o poi, doveva arrivare.

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