Dibattito / Messe sospese: offesa a Dio o ragionevole precauzione?

Cari amici di Duc in altum, la breve ma densa intervista a don Alfredo Morselli ha suscitato molte reazioni. Tra le numerose lettere arrivate al blog, ho scelto quella che vi propongo qui sotto, alla quale segue la replica di don Morselli. Riguarda la sospensione delle Messe con concorso di pubblico causa coronavirus.

A.M.V.

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Gentile Valli, ho letto l’intervista a don Morselli su Duc in altum e sono rimasta colpita da una frase: “Ritengo che la sospensione delle Sante Messe pubbliche fosse necessaria”.

Ma quando togliamo Dio, togliamo tutto. Tutto crolla. Dov’è il primato di Dio?  Agli inizi il Signore si rivelò all’uomo attraverso la creazione, poi al popolo d’Israele con la Legge, oggi si comunica a noi nel Figlio. Non al di fuori del Figlio.

Diveniamo veramente fecondi, quindi capaci di portare guarigione e salvezza nel mondo, solo se generiamo il Cristo e lo generiamo nell’atto di quella comunione che Egli vive con noi, in quell’atto in cui discende sull’altare. E siamo chiamati a divenire partecipazione di quell’atto, concretamente, realmente, fisicamente.

Come possiamo essere testimonianza, riparazione, speranza se non ci inseriamo nel Corpo Santissimo del Cristo, prima di tutto attraverso la santa Comunione?

Il cristiano deve prendere coscienza – come hanno fatto i santi, attraverso la lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre – che è chiamato a distruggere e consumare l’inferno. Ma lo consumiamo, cioè non permettiamo che il demonio porti la sua opera di male, solo se in noi vive Dio. Se in noi Dio trova posto. Se, come in Maria e per Maria, lo generiamo nel cuore e nel nostro corpo.

Egli vuole darsi? Sì, Egli ha fame di noi. Prima della nostra fame c’è la sua fame, e se noi partecipiamo a questo desiderio è perché Lui per primo ha avuto l’umiltà e il desiderio di darsi a noi. Ognuno di noi è il pensiero unico, come l’unico esistente per Lui. Allora chi siamo noi per dire di no a Dio?

“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Ho avuto sete e mi avete dato da bere”. Questo è anche il grido di Dio. Egli vuole vivere nell’uomo. E allora come possiamo, ripeto, noi Chiesa, dire di no a Dio?

Ci vuole fede. Al popolo d’Israele Dio disse di non temere, per mezzo di Mosè, prima di attraversare il Mar Rosso, perché Egli avrebbe combattuto per loro. Dunque, perché non crediamo che anche oggi Egli voglia combattere per noi, in questo tempo di dolore e di prova? Ma dobbiamo permetterglielo.

Non affidiamoci solamente all’intelligenza dell’uomo. Come cristiani siamo chiamati a unire l’intelligenza alla fede, facendole vivere in noi in unità. L’obiezione che adesso viene fatta a giustificazione del divieto delle Messe pubbliche è la salute del corpo. E la salute dell’anima? La vita eterna?

È indubbio che il non aver permesso la celebrazione delle Sante Messe pubbliche espone la Chiesa a una grande responsabilità davanti a Dio.

Lettera firmata

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Risponde don Alfredo Morselli

Purtroppo, il contrario del naturalismo e del razionalismo – che portano a dimenticare l’influsso della grazia sulla natura e ad escludere l’intervento di Dio nella storia – non è il fideismo, ovvero una fede volontaristica che vuole fare a meno della ragione, camuffando talvolta il bando della ragione con la maschera di una non genuina pietà. La verità contro cui si pongono naturalismo, razionalismo e fideismo sta nel corretto rapporto tra fede e ragione, quando la ragione non vuole far da padrona sulla fede e quando la fede accetta gli indispensabili servigi dell’ancella ragione. Fides et ratio, fede e ragione, come si intitola una preziosa enciclica di san Giovanni Paolo II, ove esse sono presentate come le due ali con cui l’anima si eleva a Dio.

Fatta questa premessa, la ragione illuminata dalla fede ci dice che Dio stesso mantiene in essere un ordine naturale, con precise leggi. Certamente il buon Dio può andare oltre le leggi della natura causando eventi apparentemente contrari a detto ordine; e questo è ciò che gli uomini chiamano “miracolo”. Al suddetto ordine naturale appartengono tanto il virus killer (mantenuto in essere, in vista di un bene maggiore dei danni, da Dio stesso), quanto l’uomo ferito dal peccato originale, vulnerabile dal virus, perché non è più riconosciuto da quest’ultimo come suo signore.

Pensare che il virus in ogni Santa Messa perda la sua infettività, e che l’uomo riacquisti l’immunità contro gli agenti patogeni che aveva Adamo prima del peccato, significa pensare che Dio è obbligato o che certamente a ogni Santa Messa compie, oltre alla Transustanziazione, tanti miracoli quanti sono i virus e i fedeli presenti. Una pia speranza, o una forte speranza soggettiva, non sono motivi validi per mettere a rischio la vita nostra e del prossimo. Purtroppo, abbiamo la conferma di un contagio, che ha causato diverse vittime, proprio in una Santa Messa di una comunità neocatecumenale.

Allora come fare? Un principio della teologia suona nel seguente modo: “A chi fa quanto può, Dio non nega la grazia”; e un altro principio, tomista al cento per cento, dice che “Dio non lega la grazia ai sacramenti”, ma può donarla anche al di fuori della celebrazione sacramentale. Ovviamente Dio, che scruta i cuori, sa bene chi fa il furbo e chi è realmente impossibilitato.

Per il resto concordo con le opinioni della lettrice; bisogna tornare alle rogazioni, alle benedizioni, alle preghiere di esorcismo. Anch’io non sopporto il naturalismo di certi “cattolici adulti” che considerano devozionalismo dannoso quanto la Chiesa ha fatto per secoli. Ritengo necessario che noi sacerdoti ci prestiamo per le confessioni e tutti i conforti possibili. Ma non posso dire che a Messa certamente non si contagia nessuno; e quindi ritengo, pur con grande dolore, che le celebrazioni si devono svolgere a porte chiuse.

Don Alfredo Morselli

 

 

In Corde Matris

 

Sac. Alfredo M. Morselli

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