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Perché il mondo è così vuoto di Dio

Cari amici di Duc in altum, da Aurelio Porfiri una riflessione a partire da alcune parole di don Divo Barsotti.

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Non so se questa è anche la vostra esperienza, ma io ricordo che quando ero adolescente, circa trentacinque anni fa, in tutti coloro che mi circondavano c’era una maggiore attenzione nei confronti del fatto religioso. La gente non ignorava il rapporto con il soprannaturale, che veniva identificato sempre con il Dio della religione cattolica. Oggi invece il mondo sembra avere quasi abbandonato Dio, o forse lo ha abbandonato per seguire altri dei.

In un ritiro del 1957 a Casa San Sergio don Divo Barsotti affermava: “Il mondo è così vuoto di Dio! Gli uomini vagano in una tenebra spessa e non sanno dove andare. E noi viviamo vicino a loro e non ci rendiamo conto dell’angoscia che stringe la loro anima, non ci rendiamo conto del vuoto della loro vita”. Sono passati più di sessant’anni e certamente possiamo dire che, se ci si riferisce al Dio della religione cattolica, che per noi è il Dio vero, il mondo è ancor più vuoto di Dio.

Il mondo non ha abbandonato del tutto il rapporto con il divino, ma è un divino corrotto. Si vede il divino nell’ecologia, nell’ambiente, nella natura, nel corpo umano, negli idoli dello sport. E poiché viviamo vicino a coloro che hanno abbandonato Dio, anche noi siamo parte di questa angoscia e di questo vuoto.

Dobbiamo sfuggire al rischio di sentirci buoni, di sentirci a posto, di sentirci come coloro che non devono mischiarsi con chi ha abbandonato Dio, perché pure noi siamo parte di questo abbandono; anche noi, pure se ci diciamo credenti, spesso abbandoniamo Dio perché ci rifugiamo nelle convenienze, ci leghiamo ai nostri peccati, pensiamo che il rapporto con Dio vada ravvivato soltanto in certe occasioni, quando qualcuno muore o nasce o si sposa.

Anche se alcuni di noi cercano di opporsi, siamo tutti parte di questo movimento verso il caos e il nulla. La nostra vita di fede è vissuta all’interno della Chiesa cattolica e certamente noi non possiamo restare indenni rispetto alla crisi che la Chiesa attraversa. A questa crisi si può reagire in molti modi: possiamo rifugiarci in un passato mitico, oppure accelerare verso un futuro immaginario. Tutte queste fughe, in avanti o indietro, sono proprie di coloro che non riescono ad accettare un triste presente.

Non tutto è negativo, non tutto è perduto. Qualcosa di buono si può ancora avere dal nostro passato glorioso. Allo stesso modo, possiamo ancora immaginare un futuro migliore. Ma se la sensazione è che, per avere qualcosa di buono, occorre rifugiarsi da qualche parte, vuol dire che in generale le cose non vanno bene.

Attenzione, quando parlo di fughe nel passato non mi riferisco a coloro che amano la tradizione. Amare la tradizione è sinonimo di essere cattolici. Il cattolico che non ama la tradizione rifiuta sé stesso, rifiuta la sua identità, rifiuta una delle fonti della rivelazione. Ma la tradizione non è il passato, la tradizione è l’origine. Quindi, bisogna stare bene attenti a non mitizzare il passato. La tradizione non va identificata con il passato, la tradizione è una consegna, è sempre in movimento verso nuovi lidi. La tradizione non abita il passato, abita l’eterno.

Rileggiamo quanto detto da don Divo Barsotti: “Il mondo è così vuoto di Dio! Gli uomini vagano in una tenebra spessa e non sanno dove andare. E noi viviamo vicino a loro e non ci rendiamo conto dell’angoscia che stringe la loro anima, non ci rendiamo conto del vuoto della loro vita”. La tenebra spessa è quella che ci viene posta davanti agli occhi dalla narrativa dominante, da quello che il mondo ci vuole far credere sia buono e invece ci conduce soltanto alla perdizione. Ecco perché non sappiamo dove andare, perché siamo preda della confusione, di quel senso del nulla che porta soltanto alla disperazione.

Il mondo si svuota di Dio quando vediamo che la differenza non è qualcosa di sbagliato, qualcosa da eliminare, ma qualcosa da celebrare, specialmente se parliamo della differenza tra uomo e donna. Si svuota di Dio quando, non sapendo più riconoscere le differenze e trarne le conseguenze, pretendiamo di appiattire tutto, per esempio facendo divenire gli uomini un po’ più donne e le donne un po’ più uomini. Il mondo si svuota di Dio quando non capiamo che le caratteristiche specifiche di uomini e donne sono la loro ricchezza e non un ostacolo verso la loro cosiddetta “realizzazione”. Insomma, Dio viene spedito in un angolo nella misura in cui ci opponiamo alla legge naturale.

Non possiamo pensare che un giorno smetteremo di peccare. Certo, con la grazia di Dio possiamo cercare di controllarci di più e di diminuire le nostre infrazioni verso la legge morale stabilita da Dio. Ma siamo esseri fragili, quindi il peccato sarà sempre con noi, con più o meno forza. Allora, quello che dobbiamo cercare di capire è che non abbandoneremo Dio quando chiameremo il peccato con il suo nome. Quando riconosceremo che c’è una linea che separa il bene dal male. Non abbandoneremo Dio quando sapremo chiamare le cose ancora con il loro nome.

Aurelio Porfiri

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