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Unioni omosessuali / L’errore di Bergoglio, l’applauso del mondo e lo scoramento dei figli della Chiesa (nel giorno in cui ricordiamo san Giovanni Paolo II)

Una volta ancora, purtroppo, papa Francesco si muove sul crinale scivoloso dell’ambiguità e consegna i fedeli all’errore. Come ha già fatto di recente con l’enciclica Fratelli tutti a proposito dell’idea di fratellanza, di nuovo confonde i figli della Chiesa, questa volta in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso.

In ciò che Bergoglio sostiene nel docufilm intitolato Francesco, di Evgeny Afineevsky, c’è un elemento di verità, e cioè che anche gli omosessuali sono certamente figli di Dio a tutti gli effetti e che nessuno va allontanato a causa della sua condizione. Del resto, la Chiesa l’ha sempre sostenuto. In quanto voluta da Dio a sua immagine e somiglianza, ogni creatura possiede una dignità originaria e inalienabile. Tuttavia, la Chiesa cattolica insegna che le relazioni omosessuali sono “gravi depravazioni” e gli atti omosessuali sono “intrinsecamente disordinati” e “contrari alle legge naturale” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2357). Di qui il no, sempre ribadito, alle unioni omosessuali e, più ancora, al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Trattare dunque gli omosessuali con rispetto, come chiede Bergoglio e come raccomanda il Catechismo, non implica ritenere legittima l’unione omosessuale.

Nel 2003 la Congregazione per la dottrina della fede, allora guidata dal cardinale Joseph Ratzinger (il pontefice era san Giovanni Paolo II, del quale ricorre oggi la festa liturgica), ribadì che in base alla legge naturale, alla ragione e alla salvaguardia del bene comune non vi è alcuna possibile giustificazione per il riconoscimento giuridico di qualsiasi tipo di unione tra persone dello stesso sesso. Motivo per cui il sostegno a tale tipo di riconoscimento è gravemente immorale.

Ma ora ecco che Bergoglio afferma: “Quella che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili”, così che gli omosessuali siano “legalmente coperti”.

E così, con una sola frase, il papa regnante frantuma l’insegnamento della Chiesa, lasciando i fedeli disorientati e confusi.

Le considerazioni della Congregazione per la dottrina della fede sono cristalline quando spiegano: “Il riconoscimento legale delle unioni omosessuali o la loro collocazione sullo stesso piano del matrimonio significherebbe non solo l’approvazione di comportamenti devianti, con la conseguenza di farne un modello nella società odierna, ma oscurerebbe anche i valori fondamentali che appartengono all’eredità comune dell’umanità. La Chiesa non può non difendere questi valori, per il bene degli uomini e delle donne e per il bene della società stessa”. Altrettanto chiara è la conseguenza: “Bisogna astenersi da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste e, per quanto possibile, alla cooperazione materiale sul livello della loro applicazione. In questo settore, tutti possono esercitare il diritto all’obiezione di coscienza”.

Il papa, dunque, nel docufilm che gli è stato dedicato ha detto qualcosa di sbagliato alla luce dell’ininterrotto magistero della Chiesa. Tuttavia occorre ricordare che, poiché la sua dichiarazione è arrivata in un contesto che non può in alcun modo essere considerato ex cathedra, si tratta di un parere personale, al quale il cattolico non deve sentirsi per nulla vincolato.

Ovviamente la grancassa mediatica laicista sta rilanciando con il massimo rilievo le parole del papa, e qui si innesta un altro tipo di considerazione. Il figlio della Chiesa, il battezzato, anche se sa che certe prese di posizione papali non lo vincolano, si sente francamente affranto per questo continuo appoggio del successore di Pietro al pensiero mainstream e alla mentalità dominante, per questo suo desiderio di piacere al mondo, di accogliere le idee del mondo e di riceverne l’applauso. Proprio mentre la barca della civiltà cristiana occidentale, sottoposta ad attacchi concentrici di tipo ideologico, politico, culturale e religioso, rischia di naufragare, ecco che Pietro non fa che aprire altre falle. Tutto ciò è motivo di profondo scoramento e lascia i cattolici sbigottiti.

Il senso di scoramento, unito a una profonda irritazione, si fa poi ancora più forte dinnanzi a commenti da grillo parlante come quello del padre gesuita James Martin, paladino dei “diritti” Lgbt, il quale scrive via Twitter: “Che cosa rende i commenti di papa Francesco a sostegno delle unioni civili omosessuali oggi così importanti? Innanzitutto il fatto che li esprime in quanto papa, non come arcivescovo di Buenos Aires. Secondo, il fatto che sta chiaramente sostenendo, non semplicemente tollerando, le unioni civili. Terzo, il fatto che lo sta dicendo davanti a una telecamera, non in privato. Storico”:

Ecco la confusione, volutamente alimentata. Ecco l’errore, portato avanti tenacemente e con sfrontatezza.

Grazie al cielo non tutti ci cascano. Abbiamo già pubblicato la pronta reazione di monsignor Carlo Maria Viganò. Ieri sera poi, subito dopo aver appreso le parole di Bergoglio, il vescovo di Providence, monsignor Thomas Tobin, ha scritto nel sito della diocesi: “La dichiarazione del Papa contraddice chiaramente quello che è stato sempre l’insegnamento della Chiesa sulle unioni dello stesso sesso. La Chiesa non può sostenere l’accettazione di relazioni oggettivamente immorali. Gli individui con attrazione per lo stesso sesso sono amati figli di Dio e devono vedere i loro diritti umani e civili riconosciuti e protetti dalla legge. Tuttavia, la legalizzazione delle loro unioni civili, che cercano di simulare il santo matrimonio, non è ammissibile”.

Monsignor Tobin si è mostrato coraggioso, ma l’impressione è che queste puntualizzazioni siano accolte a Santa Marta con una beffarda alzata di spalle. Bergoglio va avanti per la sua strada, a forza di parole che piacciono al mondo. Se poi tanti figli della Chiesa si sentono disorientati, scoraggiati e perfino traditi, peggio per loro. Ciò che sembra stare a cuore al successore di Pietro è l’applauso del mondo, è il favore della grande stampa progressista, degli intellettuali laicisti. È smantellare un patrimonio di sapienza e di fede costruito lungo i secoli. È destrutturare e disarticolare tutto (la dottrina, il papato stesso) dipingendo come “rigido” ciò che è semplicemente cattolico e giustificando ogni follia del mondo.

Leggiamo nel Vangelo: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti”. Ma a quanto pare a Santa Marta non si tengono in conto nemmeno questi avvertimenti.

E allora che fare? Primo, pregare per il papa. Secondo, non sentirsi vincolati a quelle che sono idee personali di Jorge Mario Bergoglio. Terzo, non lasciarsi scoraggiare. Quarto, ringraziare il papa che, paradossalmente, anche se ci fa soffrire, con le sue intemerate ci permette di puntualizzare che cosa insegna veramente la Chiesa e che cosa hanno insegnato i pastori fedeli. Come san Giovanni Paolo II, che quarantadue anni fa, il 22 ottobre del 1978, apriva il pontificato con quelle celebri parole: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”.

Aldo Maria Valli

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