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Difesa del bene comune o collaborazione con il male?

di Stephen Sammut, PHD*

Una cosa si può affermare con certezza: le cicatrici lasciate dalla vicenda del Covid-19 sull’umanità saranno chiaramente visibili per molti anni a venire. Se non ci saranno iniziative immediate per contrastare la narrativa della disinformazione, così come le misure prese per ridurre in modo presunto l’impatto del Covid-19 e i suoi effetti, rischiamo che le conseguenze sull’umanità siano permanenti, da ogni punto di vista realisticamente immaginabile: fisiologico, immunologico, neurologico, psicologico, sociale, educativo, economico, politico.

Come se non bastasse, come se i vari abusi (se non crimini) perpetrati contro l’umanità con il pretesto di prevenire la diffusione del Covid-19, e a vantaggio del “bene comune”, non fossero sufficienti, i vaccini e la necessità di essere vaccinati sembrano ora configurarsi come gli strumenti per il prossimo assalto all’umanità. Come sempre, questi provvedimenti sono generalmente mascherati con la scusa di prendersi cura del proprio vicino. Tuttavia, poiché in seguito ad alcune situazioni abbiamo iniziato a riflettere seriamente, gli eventi che vediamo continuare svolgersi intorno a noi, oltre a ciò che è già accaduto, non sono altro che crimini contro l’umanità, poiché implicano “gravi violazioni della dignità umana” perpetrate da un “attore statale” ed eseguite da vari livelli di autorità. Inoltre, costituiscono “un attacco sistematico e diffuso contro la popolazione civile” e causano “grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute mentale o fisica”.

In un precedente articolo ho cercato di sfidare l’idea che le restrizioni per il Covid-19 servano al “bene comune”. Mi sono occupato delle informazioni relative al virus (Sars-CoV-2) e alla malattia associata (Covid-19) mettendo in luce il basso tasso di mortalità per infezione, gli alti tassi di guarigione, la discutibilità del test PCR (che determina così tanto circa ciò che le persone possono o non possono fare) e la possibilità di usare vari trattamenti che potrebbero essere facilmente resi disponibili (ma non vengono utilizzati a sufficienza). Ho anche fornito confronti con le statistiche relative ad altre malattie e ho affrontato vari impatti negativi derivanti dalle misure adottate apparentemente per rallentare la diffusione della malattia.

In questo articolo sollevo una questione fondamentale, cercando di sfidare l’attenzione miope sulla moralità dei vaccini e delle vaccinazioni, trattamenti che vengono imposti anche in ambienti cattolici (e ci si chiede quanto tempo ci vorrà prima che gli altri seguiranno l’esempio, con la scusa di “servire il bene comune”, e prima che ciò che oggi è “fortemente incoraggiato” diventi coercizione). La risposta che vediamo dare al Covid-19 è davvero al servizio del “bene comune” o è una collaborazione con il male?

Quando si vedono foglie malate su un albero, sapendo che l’albero è marcio alle radici, non si trattano le foglie, ma le radici. Tuttavia, questa non è la logica secondo la quale stiamo affrontando il Covid-19 e i vaccini. È piuttosto inquietante osservare come la gerarchia cattolica e la comunità intellettuale (accademica, scientifica o meno) concentrino le proprie direttive esclusivamente sui vaccini e sulla moralità dell’uso di un vaccino connesso a linee cellulari derivate dall’aborto.

Questo è simile a quanto è accaduto circa gli approcci adottati in relazione a Covid-19. Il focus è il virus e quanto lontano può viaggiare, attraverso quali maschere può passare, come è possibile rilevarlo, eccetera. Si ignora il quadro più ampio dell’impatto negativo, e significativamente più alto, delle misure prese (ad esempio l’aumento ragguardevole dei disturbi della salute mentale, l’uso di droghe, le difficoltà economiche, la perdita del lavoro, l’interruzione dell’istruzione e della vita di fede, inclusa la capacità di adorare, l’interruzione delle relazioni umane, comprese quelle più essenziali per l’integrità della società, della famiglia, eccetera).

Le direttive riguardanti il vaccino, prese alla luce di una presunta “grave pandemia”, mostrano di per sé un’ignoranza e in una certa misura un’ostinazione (che sembra costituire, questa sì, la vera pandemia, in ambito sia cattolico sia secolare) rispetto alla realtà del Sars-CoV-2 e del Covid-19, realtà che rende discutibile la necessità di un vaccino per questo virus a vari livelli.

Inoltre, c’è chi sostiene la moralità di essere vaccinati. Ma in entrambi i casi il tratto comune è il silenzio clamoroso e inquietante, la collaborazione (nonostante il numero significativo di contro-argomentazioni scientifiche o meno) e l’adeguamento imbarazzato alle misure irrazionali prese contro il Covid-19.

Sembra che queste entità (siano essi leader ecclesiastici, accademici, università, eccetera) siano disposte a ignorare la potenziale immoralità di quelle misure, nonostante il danno significativo che hanno causato alla società, sia fisicamente (a tutti i livelli), sia psicologicamente, economicamente, socialmente e spiritualmente, e sempre difendendo le loro azioni con la scusa che si tratta di “servire il bene comune”. Inoltre, questi accademici e leader della Chiesa sembrano ignorare i successivi mali derivanti dall’uso del vaccino, inclusi i passaporti vaccinali che sono già utilizzati come piattaforma di credito sociale equivalente a ciò che viene utilizzato nella Cina comunista (il Paese sviluppatore di questo concetto).

Nel cercare di definire la moralità e le azioni morali, il Catechismo della Chiesa cattolica afferma nel paragrafo 1753 che “Un’intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in se stesso scorretto (come la menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi”. Inoltre, il paragrafo 1756 afferma: “È quindi sbagliato giudicare la moralità degli atti umani considerando soltanto l’intenzione che li ispira, o le circostanze (ambiente, pressione sociale, costrizione o necessità di agire, ecc.) che ne costituiscono la cornice. Ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti, a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio. Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene”.

Se si presume che il “bene comune” sia la “buona intenzione” e il Covid-19 la “circostanza”, quando si considerano le prove che ho delineato in precedenza (e tutte le altre che esistono) sul virus, sul Covid-19 e contro le misure prese, ci si deve chiedere: dove sono i vescovi, i teologi, i filosofi, i moralisti, gli scienziati e le università che sfidano apertamente e si oppongono all’immoralità di misure che sono state ispirate principalmente dalla politica, dalle bugie, dalle distorsioni della scienza, dalla manipolazione dei dati, dagli interessi privati ​​e finanziari?

Come afferma Thomas Merton nel paragrafo di apertura in Thoughts in Solitude (Pensieri nella solitudine), “Non esiste nella vita spirituale disastro più grande dell’essere immersi nella irrealtà, perché la vita viene in noi alimentata e mantenuta dallo scambio vitale che intercorre tra noi e le realtà che ci circondano e ci sovrastano”.

Oggi, chiaramente, stiamo assistendo a un “disastro” che si dispiega all’interno della società e della Chiesa, con ovvie conseguenze aggiuntive sul resto della società, in particolare a causa della disconnessione che esiste tra le prove attuali – scientifiche, sociologiche, economiche e spirituali – e i frutti portati dalle azioni che sono state intraprese fino a ora, le parole del Catechismo sulla moralità e le parole di Cristo: “Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni” (Matteo 7:15-20).

Pertanto, esorto e sfido i cattolici a raccogliere le proprie prove e a pensare con la propria testa, prendendo le distanze dall’ipnotizzante focus sulla moralità del vaccino come se fosse un’entità isolata. Bisogna prendere in considerazione il quadro relativo al Covid-19 come entità molto reale e molto più grande (misure prese, gravità della malattia, disponibilità di cure, vaccino, passaporti vaccinali, privazione delle libertà date da Dio, smantellamento della società, eccetera). Si tratta poi non solo di incorporare nelle conclusioni le realtà fisiologiche e sociali che stanno venendo in gioco nella società, ma anche di comprendere l’impatto di tutto ciò che sta avvenendo sulla vita spirituale e sull’ordine morale. Infine, occorre porsi una domanda: le misure imposte e quelle che le sostengono cercano di servire il bene comune o collaborano con il male?

Ci è stato dato un intelletto per una ragione. Dobbiamo assicurarci di informarci bene, dobbiamo valutare e analizzare le prove e dobbiamo concludere e agire. Questo è il normale processo scientifico; questo è il processo spirituale (essere consapevoli, capire, agire), e questo è anche ciò che significa semplicemente essere creature così come Dio ci ha voluti.

*professore di psicologia all’Università Francescana di Steubenville. Da più di vent’anni conduce ricerche su questioni legate alla psicopatologia, tra cui depressione, schizofrenia, morbo di Parkinson e abuso di droghe.

Fonte: crisismagazine.com

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