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Cuori spezzati. Un cammino per guarire le ferite dell’aborto

Sono milioni ogni anno i bambini non nati a causa dell’aborto. Le vittime però non sono soltanto coloro a cui viene tolta la vita nel grembo materno, ma anche le loro madri e i loro padri. Cuori spezzati. Un cammino per guarire dalle ferite dell’aborto (Ares, 184 pagine, 15 euro) è un libro scritto proprio per queste mamme e questi papà. Un libro con cui l’autore, don Jorge María Randle, sacerdote argentino laureato in Teologia morale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma e ora parroco in una diocesi italiana, desidera riempire un vuoto. Spiega infatti: “In spagnolo e in italiano si trova abbondante bibliografia sull’aborto in generale, se ne trova a sufficienza sulle conseguenze dell’aborto, ma sulla pastorale post-aborto non c’è praticamente nulla”. Ecco dunque questo contributo, con il pensiero rivolto a un dramma silenzioso e a tutti quei sacerdoti che si trovano a confrontarsi con esso. Tre i punti affrontati: la riconciliazione con il figlio abortito, la riconciliazione con Dio, la riconciliazione con se stessi.

Come scrive monsignor José Ignacio Munilla Aguirre, vescovo di San Sebastián, nella prefazione all’edizione spagnola, un sacerdote non può ignorare che statisticamente è alta la probabilità di trovarsi faccia a faccia con una donna che ha abortito e un papà coinvolto nel dramma. Molto spesso il confronto avviene in confessionale, e allora occorre essere preparati. Che cosa dire? Quando parlare e quando tacere? Come reagire?

Il compito è tra i più delicati. Se da un lato l’aborto va condannato senza se e senza ma, si tratta anche di imparare ad applicare il balsamo della grazia divina, per guarire le ferite di tanti cuori spezzati. Possedere strumenti adeguati, sulla base di solidi fondamenti antropologici e teologici, è quindi indispensabile. Ecco perché, rileva Costanza Miriano nella prefazione all’edizione italiana, il libro di don Randle è veramente necessario.

L’autore è chiarissimo: che sia “legale” o clandestino, che avvenga per via chimica o chirurgica, per motivi eugenetici o per mero egoismo, l’aborto è un’enorme ingiustizia. L’intransigenza verso il fatto in sé non è dunque in discussione. Ma il sacerdote, specie nel confessionale, ha il dovere di trovare un equilibrio tra la condanna dell’atto profondamente immorale e l’accoglienza verso la persona che, per qualsiasi motivo, vi ha fatto ricorso o vi ha collaborato. “Raggiungere l’equilibrio tra questi due estremi di odio al peccato e amore al peccatore è una sfida”. Il processo di riconciliazione con il bambino non nato, con Dio e con se stessi è difficile e lungo, ma “davanti ai cuori spezzati non si può rimanere indifferenti né offrire cure superficiali o con poco fondamento”. Certo, esiste un livello di guarigione strettamente umano, e se ne occupa la psicologia. Ma esiste anche un livello di guarigione più profondo, di ordine soprannaturale. Qui il ruolo decisivo è della grazia di Dio e l’azione pastorale della Chiesa non può esimersi dall’affrontarlo.

Il libro propone in appendice sintesi di studi sui criteri diagnostici della sindrome post-aborto, l’afflizione traumatica e il processo di perdono. Nella bibliografia sono indicati i documenti del magistero della Chiesa e alcuni libri utili per chi desidera approfondire ulteriormente.

A.M.V.

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