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Considerazioni sull’editoria, anche cattolica / 1. Sul perché si legge poco

Considerazioni sull’editoria (in particolare cattolica) del maestro Aurelio Porfiri, autore ed editore.

di Aurelio Porfiri

Penso non sia peregrino fare qualche riflessione sull’editoria cattolica, considerazioni che poi riguardano anche l’editoria in generale. Io, come qualcuno sa, ho qualche piccola esperienza di produzione editoriale e credo di aver capito qualcosa.

In Italia, purtroppo, la gente legge poco, problema che riguarda anche i cattolici. Non tutti i cattolici sono motivati a informarsi, anzi io direi che la stragrande maggioranza non lo è. Quindi, per gli editori che pubblicano contenuti cattolici i margini di guadagno non sono grandi, a meno che non mettano in giro prodotti di sicuro impatto, ovvero che siano di autori affermati o abbiano a che fare in un modo o nell’altro con il papa. Certamente il filone “scandalistico” (e lo dico senza voler dare una connotazione per forza negativa a questo termine) tira sempre, perché sollecita la nostra curiosità.

Anche il filone apologetico è una parte rilevante della produzione editoriale e ha un suo pubblico, sebbene un autore importante nel campo dell’apologetica cattolica mi dica che quel pubblico si va sempre più restringendo.

È interessante soffermarsi sul papa. Essendo un personaggio così noto, i libri a suo favore o sfavore attirano l’attenzione, a patto che siano scritti bene. Oggi bisogna saper attrarre con una scrittura che non sia paludata, ma vivace e coinvolgente, e non tutti ne sono capaci.

Un altro filone che ancora attrae è quello delle biografie: avendo lo stile del racconto, coinvolgono più di un trattato, per quanto importante.

C’è poi il filone della narrativa religiosa, che esiste da molto tempo e che secondo me andrebbe valorizzato, specie per coinvolgere i giovani.

Perché le persone leggono poco? Forse dobbiamo affrontare questo discorso in generale prima di circoscriverci all’ambito cattolico.

Io credo che una parte di colpa l’abbiano le famiglie, un’altra la scuola e un’altra ancora il tipo di società in cui viviamo.

Le famiglie non aiutano per il semplice fatto che è un serpente che si morde la coda. Un padre e una madre non lettori non aiuteranno i figli ad appassionarsi ai libri. Piero Angela dice con una certa ironia: «A volte si dice che i figli dei fumatori tendono a essere fumatori: anche per quanto riguarda i libri, i figli di lettori mediamente tendono a essere lettori più degli altri. Perché sono influenzati dal modello dei genitori, dal livello culturale familiare, dall’esistenza stessa dei libri in casa, dagli stimoli che ricevono per la lettura […]. Sviluppare l’abitudine a leggere non è facile: gli psicologi dicono che […] sono importanti le esperienze del primo periodo di vita. Per esempio il fatto che la madre legga libri di favole ai bambini e metta loro tra le mani dei volumi adatti. Per insegnar loro a “fumare” libri».

Se non si viene educati alla lettura fin dall’infanzia difficilmente si comincerà dopo. Ho conosciuto persone arrivate a tarda età senza aver mai aperto un libro. Si è per forza peggiori? No, ma si è certo perso molto. Aristippo diceva: «Come quelli che mangiano moltissimo [e fanno ginnastica] non sono in salute più di quelli che si nutrono con i cibi necessari, così sono moralmente valenti non quelli che leggono molte cose, ma quelli che leggono cose utili». Sarebbe importante tenerlo a mente.

L’editore Gian Arturo Ferrari dice bene: «A differenza della televisione e della stampa, il libro esige innanzitutto una struttura del tempo fatta per leggere. Il lettore deve avere un tempo organizzato in maniera tale da consentire la lettura del libro, il quale non può essere letto in una sola volta; si deve poter riprendere in mano il libro a cadenze tali per cui ogni volta ci si ricordi ciò che si è letto in precedenza. Ciò esige un tempo molto strutturato in funzione della lettura. Questa condizione non è facile da realizzare, anche perché richiede una lunga educazione alla lettura, che deve cominciare fin da piccoli. A quarant’anni non si cambia la propria struttura del tempo».

La scolarizzazione spesso non ci insegna ad amare la cultura, ma ad odiarla. Quanti sono passati per la scuola detestando Dante, Manzoni e Leopardi? Grazie a Dio, molti li recuperano dopo e imparano ad amarli. C’è da dire, dall’altro lato, che conoscere questi autori a scuola è utile per quelle persone che altrimenti non li avvicinerebbero mai. Certo, tutto questo potrebbe essere modificato se gli insegnanti fossero capaci. Alcuni, pochi, sono eccezionali, ma la maggioranza non è appassionata a quello che fa e il risultato è che fanno odiare la propria materia.

Poi c’è il problema del tempo in cui viviamo, un tempo di grandi cambiamenti, con una comunicazione che è mutata enormemente, all’insegna del messaggio breve (Twitter) o che addirittura sparisce (Snapchat) o è veicolato da immagini (Instagram). Chi è abituato a questo tipo di comunicazione difficilmente si metterà a leggere un tomo di trecento pagine. Forse un romanzo ogni tanto, una biografia, ma non certo un saggio.

Tutto ciò che ho detto riguarda quel segmento del panorama editoriale che è l’editoria cattolica. Solo le persone veramente motivate si mettono a leggere, spinte dal desiderio di saperne di più e approfondire. Oggi comunque, per chi lo vuole, le possibilità sono molto aumentate, perché si è fatta strada l’editoria elettronica.

1.continua

Aldo Maria Valli:
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