X

Messa antica e obbedienza. Limiti e condizioni

Il mese scorso si è tenuto a Parigi un colloquio organizzato alla Maison de la Chimie da Renaissance catholique, Oremus, Lex orandi, Notre Dame de Chrétienté e Una Vox sul tema Quale futuro per la messa tradizionale? Durante l’incontro Jeanne Smits ha intervistato Cyrille Dounot, professore di storia del diritto e avvocato ecclesiastico, su un punto cruciale: il nostro dovere di obbedienza al papa e alla gerarchia cattolica e i suoi precisi contorni. L’obbedienza nella Chiesa, cieca o chiaroveggente è stato l’argomento.

JS – Professor Dounot, perché dedicare una tavola rotonda all’obbedienza in un colloquio sulla messa tradizionale?

CD – La questione dell’obbedienza è al centro della lotta per la messa tradizionale, poiché l’argomento principale degli oppositori di questo rito consiste nel dire che bisogna obbedire al papa che non vuole più questa messa. È quindi urgente ricordare che cos’è l’obbedienza, quanto si estende e cosa implica per i fedeli.

JS – Il valore dell’obbedienza nella vita dei santi, anche a ordini che sembrano ingiusti o vessatori, è sempre stato sottolineato nell’agiografia cattolica. Di fronte alle minacce che incombono sulla liturgia tradizionale, è giustificato un simile atteggiamento?

CD – Bisogna distinguere tra il voto di obbedienza, praticato eroicamente dai santi, arrivando talvolta a preferire l’ingiustizia o la vessazione personale per non dare l’impressione che si possa violare il proprio voto, e la virtù dell’obbedienza, che è ordinata alla virtù religiosa e al perseguimento del bene comune. Quando l’ingiustizia non è personale ma collettiva attacca il bene comune e non può ricevere adesione in nome dell’obbedienza. L’obbedienza non è cieca, è condizionata dal bene comune, che ne è il criterio ultimo. San Tommaso spiega che bisogna «obbedire ai propri superiori nei limiti della loro autorità» (IIa, IIae, q. 104, a. 5, concl.), e questo è il punto: il papa può abolire la messa tradizionale? No, non può.

JS – Il diritto positivo della Chiesa prevede possibilità di “disobbedienza” a certi ordini?

CD – La legge della Chiesa riguarda solo il reato di disobbedienza, non prevede positivamente casi di disobbedienza. Punisce coloro che «dopo l’ammonimento persistono nella disobbedienza» alla Sede apostolica o all’Ordinario (can. 1371, §1), e coloro che incitano alla disobbedienza (can. 1373). Ma il codice di diritto canonico aggiunge una precisazione molto importante: la disobbedienza si verifica «quando legittimamente [il papa o il vescovo] dà un ordine o lo difende». Quindi sono necessarie due condizioni: un ordine o una difesa da un lato, un atto legittimo dall’altro. Se l’ordine è illegittimo, disobbedire ad esso non è una colpa, ed è addirittura servire il bene comune rifiutarsi di avallare la sua illegittimità. Non c’è quindi alcuna “disobbedienza canonica” posta nella legge che sarebbe il contraltare della “disobbedienza civile”.

Fonte: leblogdejeannesmits.blogspot.com

 

Aldo Maria Valli:
Post Correlati