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Sulle accuse a Karol Wojtyła in Polonia

Il dibattito su come Karol Wojtyła, prima di diventare papa Giovanni Paolo II, gestì i casi di abusi commessi da chierici è tornato in primo piano sui giornali internazionali. I notiziari hanno riportato nei giorni scorsi le affermazioni contenute in un documentario trasmesso in Polonia il 4 marzo, e alcuni titoli sembrano presentare le conclusioni del programma come fatti indubitabili.

Il documentario è stato trasmesso da TVN, canale noto per la sua posizione critica nei confronti del partito al potere in Polonia, Diritto e Giustizia (in polacco Prawo i Sprawiedliwość). L’autore è Marcin Gutowski, che in precedenza aveva firmato un documentario nel quale accusava il cardinale Stanisław Dziwisz, per lunghi anni segretario del papa polacco, di aver gestito male i casi di abuso.

Nel nuovo documentario, intitolato Franciszkańska 3 (l’indirizzo del Palazzo vescovile di Cracovia), Gutowski accusa Wojtyła di aver trasferito i preti abusatori in altre diocesi, anche in Austria, durante il suo incarico come arcivescovo di Cracovia, dal 1964 al 1978.

Secondo il programma, Gutowski ha lavorato per due anni e mezzo per stabilire cosa sapesse l’allora Karol Wojtyła — canonizzato nel 2014 — sui casi di abusi nell’arcidiocesi di Cracovia. Il giornalista ha parlato con i sopravvissuti agli abusi, con i loro parenti e con ex dipendenti della diocesi. Inoltre ha esaminato alcuni documenti della Chiesa che è riuscito ottenere e gli archivi della polizia segreta dell’era comunista. Ma non gli è stato concesso l’accesso agli archivi ufficiali dell’arcidiocesi di Cracovia.

Gutowski presenta le sue scoperte come definitive dicendo: “Spero che questo rapporto metta fine alla discussione e al festival dell’offuscamento della realtà, fingendo che Giovanni Paolo II potesse non sapere. Dopo questa produzione, non avremo più alcun dubbio: egli sapeva, e molto prima che diventasse papa. Ora, per dirla senza mezzi termini, la palla è nel campo della Chiesa”.

Tuttavia, altre persone che hanno studiato il comportamento del futuro Giovanni Paolo II durante il suo servizio a Cracovia sono giunte a conclusioni diverse. Tomasz Krzyżak, giornalista del quotidiano polacco Rzeczpospolita che ha indagato sulle risposte dell’arcivescovo Wojtyła ai casi di due responsabili di abusi (padre Eugeniusz Surgent e padre Józef Loranca) ha detto il mese scorso: “La mia conclusione è che non possiamo affermare che il cardinale Wojtyła abbia coperto i casi di abusi”.

Il documentario Szklany dom (La casa di vetro), trasmesso l’anno scorso sul canale televisivo polacco TVP, ha tratto una conclusione simile, e altri commentatori hanno evidenziato l’inattendibilità dei documenti prodotti dalla polizia segreta comunista impegnata in una guerra occulta contro la Chiesa.

Il contesto politico in cui si manifestano queste letture diverse è carico di tensione. Giovanni Paolo II ha contribuito a plasmare il destino post-comunista della nazione. La sua eredità è quindi al centro di polemiche fra chi ritiene che il paese debba mantenere le sue tradizioni cattoliche e chi invece è a favore dell’adesione totale alla modernità occidentale di tipo laicista.

Mentre il confronto è in pieno svolgimento, la riluttanza dei vescovi polacchi ad aprire gli archivi della Chiesa sembra favorire la contrapposizione.

Un testimone anonimo, che ha riferito a Gutowski di aver denunciato al cardinale Wojtyła gli abusi subiti ad opera di un sacerdote nel 1973, durante il documentario dice: “Wojtyła volle prima accertarsi che fosse tutto vero. Mi chiese di non dire niente ad altri e mi assicurò che se ne sarebbe occupato lui”.

In Polonia è in uscita un libro, con accuse simili a quelle contenute nel reportage di Gutowski, nato da un’inchiesta del giornalista dei Paesi Bassi Ekke Overbeek e intitolato Maxima Culpa. Giovanni Paolo II sapeva. Overbeek ha già pubblicato alcune parti della sua inchiesta nel giornale Trouw.

A proposito di questi articoli, Vik van Brantegem ha commentato: “Assistiamo sempre di più a tentativi di minare l’autorità di San Giovanni Paolo II, una sorta di de-santificazione per mezzo stampa. L’arma che viene usata più spesso è l’accusa che Giovanni Paolo II non abbia fatto quasi nulla per prevenire gli abusi sessuali su minori o persone vulnerabili nella Chiesa e abbia cercato di insabbiare il problema con una congiura del silenzio. Ma è un fatto indiscutibile che Giovanni Paolo II sia stato un Papa che ha intrapreso una lotta decisiva contro i casi di pedofilia e di abusi sessuali, e che ha introdotto standard ecclesiali radicali per affrontare questo tipo di crimini nella Chiesa, sottolineando che ‘nel sacerdozio e nella vita religiosa c’è non c’è posto per chi farebbe del male ai giovani’. Ha iniziato il processo di purificazione della Chiesa”.

Continua van Brantegem: “Per questo tipo di giornalismo a niente è servita la pubblicazione della Posizione sulle attività di Giovanni Paolo II circa i reati sessuali con minori a cura del Consiglio permanente della Conferenza episcopale polacca, che fu pubblicata il 18 novembre 2022 [qui] e si conclude così: “È incontestabile il fatto che Giovanni Paolo II sia stato un Papa che, in linea con le conoscenze acquisite, ha ingaggiato una lotta determinata contro i casi di abuso sessuale sui minori ad opera di alcuni sacerdoti e ha introdotto norme obbligatorie per tutte le Chiese per fare i conti con questo tipo di crimini”.

Fonti:

pillarcatholic.com

trouw.nl

korazym.org

 

 

Aldo Maria Valli:
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