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Così nella Roma degli anticlericali don Bosco costruì la chiesa del Sacro Cuore

Nella Roma anticlericale della fine del XIX secolo, mentre la Massoneria progettava la costruzione della statua a Giordano Bruno (1889), san Giovanni Bosco, incaricato dal papa Leone XIII, edificò una grandiosa chiesa in onore del Sacro Cuore di Gesù (1887).

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di Guido Novella

La basilica del Sacro Cuore di Roma

Papa Leone XIII aveva chiesto aiuto a tutti, ma la chiesa dedicata al Sacro Cuore era ferma alle fondamenta. «C’è un solo uomo capace di portarla a termine» gli disse il cardinale Alimonda. «Chi?» «Don Bosco». Fu la sua ultima immane fatica e gli costò lacrime e sangue.

Nella zona in cui sorge l’odierna basilica del Sacro Cuore esistevano nell’antichità due complessi monumentali dell’epoca imperiale: il Castro Pretorio e le Terme di Diocleziano. Il primo – Castra Praetoria – era la grandiosa caserma delle guardie imperiali, costruita nel 21-23 d.C. dal prefetto Elio Seiano, il potente ministro dell’imperatore Tiberio. Miglior fortuna ebbe il complesso monumentale delle Terme, costruite tra il 298 e il 306 d.C. dall’imperatore Diocleziano, noto per la feroce persecuzione contro i cristiani.

Bisogna arrivare fino al 1860 per trovare un avvenimento di decisiva importanza per tutta la zona: la deliberazione del governo Pontificio di Pio IX di costruirvi una stazione ferroviaria, inaugurata nel 1863 come Stazione Centrale delle Ferrovie Romane e che, per la vicinanza con le antiche Terme di Diocleziano, diventerà nota con il nome attuale di Stazione Termini. Questo avvenimento sconvolse la vita tranquilla e agreste della zona. Le ville scomparvero e sorse una nuova area urbana.

Il 10 settembre 1870, pochi giorni prima della breccia di Porta Pia, Pio IX inaugurò il nuovo acquedotto dell’Acqua Marcia (costruito dai Romani nel II sec. a.C. e caduto in disuso nel V sec. d.C.). Negli anni successivi il quartiere Esquilino, che si stava sviluppando intorno alla stazione Termini, divenne il ritrovo di avventurieri, ambulanti e migranti in cerca di lavoro.

L’impresa di don Bosco

Papa Pio IX aveva fatto acquistare un terreno sulla strada allora denominata via di Porta San Lorenzo (l’odierna via Marsala) con l’intenzione di farvi edificare una chiesa da dedicare a san Giuseppe “Patrono della Chiesa universale”. In quegli anni però si va affermando, soprattutto in Francia e in Italia, un forte movimento di devozione al Sacro Cuore di Gesù. Pio IX modifica il suo progetto e accetta che il nuovo tempio sia dedicato al Sacro Cuore.

La costruzione della chiesa si ferma già allo stadio delle fondamenta, per mancanza di fondi e per disorganizzazione interna. Il nuovo pontefice Leone XIII è affranto per l’insuccesso: il cardinale Alimonda gli suggerisce allora di incaricare dell’impresa don Bosco, di cui sono ben note al Papa l’intraprendenza e l’incondizionata obbedienza.

Il 5 aprile 1880 Leone XIII incarica don Bosco di assumere la responsabilità del progetto, specificando di non avere fondi da affidargli: il sacerdote piemontese accetta, ponendo quale unica condizione la possibilità di ampliare il cantiere per affiancare alla costruenda chiesa “un grande ospizio, dove insieme possano essere accolti in convitto, e avviati alle scuole e alle arti e mestieri, tanti poveri giovani, che abbondano, specialmente in quel quartiere”. Per questa ragione venne acquistato un terreno limitrofo di 5500 metri quadrati.

L’edificazione della chiesa costa enormi fatiche e sacrifici all’anziano don Bosco, ma procede con sorprendente speditezza. In più occasioni i fondi a disposizione si prosciugano, ma don Bosco ordina di non interrompere i lavori: in quei momenti giungono nei modi più inaspettati donazioni che coprono i debiti e consentono la continuazione del progetto.

Il 20 aprile 1887, don Bosco compie il suo ultimo viaggio da Torino a Roma: incontra nuovamente papa Leone, che lo elogia per l’impresa compiuta e lo rincuora con affetto. Il 14 maggio 1887 la Chiesa del Sacro Cuore al Castro Pretorio viene solennemente consacrata.

Il 16 maggio 1887 don Bosco stesso celebra Messa all’altare di Maria Ausiliatrice: sarà la sua unica celebrazione nella chiesa del Sacro Cuore. Nel 1921, papa Benedetto XV dichiara il Tempio del Sacro Cuore Basilica Minore.

La facciata

Il materiale utilizzato è il travertino di Tivoli. La parte inferiore è divisa in tre scomparti corrispondenti ai tre portali d’ingresso (realizzati dai falegnami di Valdocco), mentre nella parte superiore vi è un unico settore “mosso” da una elegante trifora. La parte più alta termina con un timpano triangolare ai cui lati sono posti due angeli di Angelo Benzoni che guardano la croce. Al centro si trova lo stemma di Leone XIII. Sul ripiano a sinistra è posta la statua di sant’Agostino, a destra la statua di san Francesco di Sales. I tre portali sono sormontati da tre lunette con mosaici, che raffigurano al centro il Sacro Cuore, a sinistra san Giuseppe e a destra san Francesco di Sales.

Il campanile

In travertino di Tivoli, è rimasto incompiuto fino al 1931. Si presentava come una massiccia torre quadrata, in contrasto con le forme slanciate del complesso. Uno dei due piani superiori alloggia 5 campane. Nel 1929, don Bosco fu dichiarato beato da papa Pio XI. Per l’occasione, gli ex allievi argentini vollero regalare una grande statua del Sacro Cuore in segno di riconoscenza per le missioni salesiane in Argentina. La statua, alta 6,50 metri e del peso di 16 quintali, è di rame sbalzato e cesellato a mano e dorato a foglie di oro zecchino.

Interno della basilica

L’interno della basilica è pari, per solennità e decoro, all’esterno. Nelle pareti, sopra gli archi sorretti da 8 colonne monolitiche di granito di Baveno (Novara), Cesare Caroselli ha dipinto 12 profeti.

Nel soffitto, Virginio Monti ha dipinto quattro episodi che illustrano la misericordia di Dio: Gesù e la Samaritana, Gesù tra i fanciulli, Gesù e l’adultera, il figliol prodigo. Al centro abbiamo il Sacro Cuore, opera in legno dorato di Andrea Bevilacqua.

Sulle pareti del transetto sono dipinti 8 apostoli con i 4 evangelisti. Al centro degli archi, due tondi con Gesù che istitui­sce l’Eucarestia e Gesù Buon Pastore. Nel soffitto, Annunciazione e Natività ad opera di Virginio Monti e al centro il primo stemma della Congregazione Salesiana, voluto da don Bosco.

Altare Maggiore

È composto di quattro colonne di marmo con capitelli corinzi dorati; in alto un timpano triangolare con una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Al centro, in un riquadro di marmi preziosi, la tela con l’immagine del Sacro Cuore, ispirata alla terza visione di santa Maria Margherita Alacoque. Gli ornati marmorei provengono dalla basilica di San Francesco a Siena.

Altare di san Giuseppe

In origine si trovava nel Coro e veniva utilizzato per le celebrazioni parrocchiali che si svolgevano nel Coro poiché il corpo centrale era ancora in costruzione. Don Bosco volle questo altare per ricordare che la chiesa, nei progetti di Pio IX, doveva essere dedicata a san Giuseppe. La tela è di Giuseppe Rollini, ex allievo di don Bosco a Valdocco. San Giuseppe ha accanto la Vergine Maria, Gesù Bambino in braccio e, con la mano destra distesa, protegge la basilica di San Pietro, offerta da un angelo genuflesso.

Altare di Maria Ausiliatrice

Fu donato dal principe Torlonia, sindaco di Roma, che lo fece trasportare dalla sua Villa sulla Nomentana. È composto da due colonne di marmo con capitelli corinzi sormontate da un timpano spezzato con il monogramma di Maria Ausiliatrice al centro. La tela è opera di Giuseppe Rollini, come risulta dalla firma e dalla data apposte nell’angolo in basso a destra. Il pittore ricevette suggerimenti da don Bosco sulle modalità d’impostazione del quadro: Maria Ausiliatrice con il diadema di regina sul capo, con la destra stringe uno scettro e con la sinistra sostiene il Divin Figlio, anch’egli incoronato. Don Bosco, il 16 maggio 1887, vi celebrò la Messa, l’unica celebrata nel tempio: si interruppe molte volte con un pianto a dirotto. Tornato in sacrestia disse al segretario di aver capito quello che nel sogno di nove anni gli aveva detto la Madonna: “A suo tempo tutto comprenderai”.

La cupola

Il vasto presbiterio è sormontato da una cupola con occhio centrale e lanternino. Alla base della cupola, tra questa e i pennacchi, si legge su una fascia azzurra con caratteri dorati la scritta: “Ibi cunctis diebus oculi mei et cor meum” (“Qui tutti i giorni i miei occhi e il mio cuore”). La parola “cor” sovrasta l’altare maggiore per accentuare la centralità del Sacro Cuore. Gli affreschi della cupola sono il capolavoro di Virginio Monti e si riferiscono al trionfo del Sacro Cuore. Al centro campeggia, su un trono di luce, la figura del Redentore che mostra alla confidente santa Maria Margherita Alacoque, anch’essa in gloria, il suo cuore pieno d’amore. Accanto, in atto di umile adorazione, la beata Caterina da Racconigi, cui Gesù diede prove del suo umile amore. Da una parte e dall’altra di questo gruppo centrale, angeli recanti simboli della passione e inneggianti su cetre d’oro al cuore di Gesù. Via via poi, nel resto della fascia affrescata san Francesco di Sales, santa Margherita, santa Teresa, san Bernardo, sant’Agostino, san Francesco d’Assisi, santa Gertrude, san Bernardino da Siena, san Luigi Gonzaga e schiere di beati adoranti. Nei quattro pennacchi della cupola, Cesare Caroselli affrescò Davide e i profeti maggiori.

Fonte: centrostudifederici.org

 

Aldo Maria Valli:
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