Carlo Maria Viganò: “Dopo le parole di Spadaro la misura è colma. Scegliere da che parte stare”.

Indifferente alla sofferenza, stizzito e insensibile, inscalfibilmente duro, teologo non misericordioso, beffardo ed irriguardoso nei confronti della povera madre, protagonista di una caduta di tono, di stile e di umanità, accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico, rigido, confuso e da convertire, malato e prigioniero dalla rigidità e dagli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo, lodatore della fede pagana. Questo il ritratto di Gesù fatto dal padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore della Civiltà Cattolica, nella sua rubrica Il Vangelo della domenica per Il Fatto Quotidiano, a commento del passo evangelico della guarigione della figlia di una donna cananea (Mt 15,21-28).
Sulle parole di padre Spadaro, ecco la presa di posizione di monsignor Carlo Maria Viganò.
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di monsignor Carlo Maria Viganò

Nelle parole di Spadaro affiora, come rimestando in una pozza di liquami, la feccia del peggior Modernismo che impesta la Chiesa da ormai più di un secolo. Quel Modernismo mai definitivamente estirpato dai seminari e dagli atenei sedicenti cattolici, al quale una setta di eretici e traviati ha eretto il totem del Concilio, sostituendolo a duemila anni di Tradizione.

Fino a qualche tempo fa questa “sintesi di tutte le eresie” cercava di rendersi presentabile omettendo di manifestarne l’indole anticristica, che pure le era consustanziale: vi era pur sempre il rischio che qualche Prelato vagamente conservatore e non ancora del tutto acquisito alla causa potesse accorgersi della sua pericolosità intrinseca. Certo, la divinità di Cristo era considerata un pio desiderio sgorgato dall’esigenza di sacro della “comunità primitiva”, i Suoi miracoli erano esagerazioni, le Sue parole metafore; d’altra parte, «non c’erano registratori», come ha detto Arturo Sosa, Preposito Generale della Compagnia di Satana.

Oggi, protetti da un gesuita che in violazione alla Regola di Sant’Ignazio occupa il Soglio di Pietro, i peggiori seguaci di questa setta si sentono liberi di dare la stura alle loro farneticazioni e giungono, in un delirio infernale, a bestemmiare Gesù Cristo, già fatto oggetto di inquietanti epiteti da parte di Bergoglio. «Gesù si è fatto serpente, si è fatto diavolo», ha detto l’Argentino tempo fa. Gli fa eco Spadaro, che con l’arroganza di chi si crede impunito osa definire Nostro Signore «malato e prigioniero dalla rigidità e dagli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo», «indifferente alla sofferenza, stizzito ed insensibile; inscalfibilmente duro; teologo non misericordioso; beffardo ed irriguardoso; accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico». Inutile spiegare a queste menti irretite ciò che i Santi Padri hanno insegnato sul passo evangelico della Cananea: a loro interessa tenere ben alto sul suo piedistallo l’idolo del Vaticano II; e poco importa se per difendere i loro errori devono calpestare il Figlio di Dio, offendendoLo e bestemmiandoLo come nemmeno i peggiori eresiarchi del passato avevano osato fare.

Quella di Spadaro non è una semplice provocazione – cosa già di per sé inaudita – ma la manifestazione, l’epifania, come la chiamerebbe qualche “teologo” di Santa Marta, di una controchiesa con i suoi falsi dogmi, i suoi precetti mendaci, la sua predicazione ingannatrice, i suoi ministri corrotti e corruttori. Una controchiesa prona all’Anticristo, a tutto ciò che rappresenta la negazione e la sfida alla Signoria di Dio sull’uomo. Orgoglio. Orgoglio luciferino. Orgoglio che non conosce limiti né freni.

La setta che eclissa la Chiesa di Cristo non si nasconde più: essa si mostra e pretende di sostituirsi definitivamente alla vera Chiesa, mostra i suoi idoli ed esige che li si adori, al prezzo di rinnegare il Salvatore stesso, confutare la Sua divinità, giudicare le Sue azioni, contestare le Sue parole.

Ma se i semplici hanno già compreso che il prezzo di questa ὕβρις è la νέμεσις, la quasi totalità dei Pastori – Cardinali, Vescovi, sacerdoti – si volta e guarda altrove. Essi sanno bene che la loro pavidità, il loro conformismo, il loro desiderio di non apparire retrogradi li ha resi corresponsabili di questa rivoluzione infernale, che pure avrebbero potuto fermare a suo tempo; ma siccome per sessant’anni hanno preso parte anch’essi al culto del Concilio, preferiscono proseguire sulla strada intrapresa verso la rovina della Chiesa e delle anime, piuttosto che fermarsi e tornare al punto in cui hanno deviato il cammino. Finiscono così per preferire il trionfo dei malvagi – e con esso il vilipendio blasfemo di Gesù Cristo – all’umile ammissione di aver sbagliato. Preferiscono lasciar dire che abbia sbagliato Nostro Signore, «accecato dal rigorismo teologico», piuttosto di riconoscersi essi stessi imprigionati negli errori e nelle eresie del Modernismo.

La misura è colma, ed è giunto il momento di scegliere da che parte schierarsi. Con Bergoglio e Spadaro, con il Sinodo sulla Sinodalità, con una chiesa umana e contraffatta asservita al Nuovo Ordine Mondiale, o con Dio, la Sua Chiesa, i Suoi Santi. E a ben vedere è già inaudito il solo dover ipotizzare che dei Cattolici – non dico dei sacerdoti o dei Prelati – possano considerare possibile esservi una scelta.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

27 agosto 2023

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