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Se non è Zuppi è pan bagnato. Il sinodo di don Ciotti e altre notizie dalla chiesa in uscita

di Eusebio Episcopo

Addio a monsignor Ghiberti

Si è spenta una delle luci del clero torinese: monsignor Giuseppe Ghiberti. Insigne biblista, amico e collaboratore del cardinale Joseph Ratzinger, cultore e devoto della Sindone, egli fu colui che con garbo e umanità ha educato generazioni di preti all’amore per la Sacra Scrittura, verso la quale aveva religioso rispetto, oltre che scientifico approccio. Pastore d’anime, sia per le religiose sia per molti laici, celebrava l’affollatissima Messa delle 12 a Santa Rita dove, insieme alla competenza, si affiancavano un raro equilibrio e una generosa paternità. Oggi, il presbiterio di Torino in terra è più povero, mentre si arricchisce la corona di «buoni e santi preti» – sempre più rari – che costellano il firmamento della diocesi subalpina. Vogliamo salutarlo con l’epiteto affettuoso con cui era solito incoraggiare i suoi alunni: a Dio «stellina».

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I trenta di don Ciotti

Alla Certosa di Avigliana – dove il SS. Sacramento viene rinchiuso in un cassetto dell’«altare» – si è concluso la sera del 30 agosto il sinodo “ciottiano” in cui l’influentissimo prete torinese ha riunito ben trenta confratelli consacrati e laici da tutta l’Italia. Ne dà il trionfale annuncio sul suo profilo social, a pochi minuti dalla sua conclusione, niente meno che l’Ufficio per la pastorale della cultura della diocesi di Torino diretto dal biblista don Luca Carrega. In poche righe – certamente per l’hybris ciottiana respirata ad Avigliana – il comunicato riesce a inanellare ben tre errori/orrori grammaticali e di sintassi: un pronome relativo inadeguato a reggere il verbo a cui si riferisce “che si è chiamati a far fronte”, una doppia errata “treggiorni” e una inutile ottava ridondante. Ora, se questo è l’esito della “treggiorni”, sarebbe stato meglio far partecipare l’inviato del sito ad una Summer School di grammatica italiana. Al sommar di tutto, rimane da chiedersi se, pure con l’alma partecipazione del presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, don Ciotti – una delle potenze della Chiesa bergogliana – riesce a radunare solo trenta ospiti da tutt’Italia, allora l’emergenza è un’altra. Forse, prima di fare la morale credendosi di essere i “più giusti”, andrebbe iniziato, dopo più di mezzo secolo, un qualche percorso autocritico.

Nella foto di gruppo (è stata notata la scarsa presenza femminile) spicca in camicia bluette estiva, accucciato ai piedi di don Luigi, la zazzera riccioluta di don Fabio Corazzina, prete bresciano, coordinatore di Pax Christi, assurto lo scorso anno ai fasti della cronaca [qui] per aver celebrato la Messa vestito da ciclista e con l’immancabile stola arcobaleno.

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Famiglia cristiana in salsa protestante

Famiglia cristiana – le cui vendite sono da tempo in caduta libera – ospita un articolo di Luigino Bruni, economista ed editorialista di Avvenire, in cui auspica sia superata la divisione tra chierici (ministri ordinati)  e laici – «rafforzata e radicalizzata dalla Controriforma e non superata dal Concilio Vaticano II» – rivolgendo pure qualche critica all’Instrumentum laboris del prossimo sinodo che ancora si muoverebbe nel solco dell’antica teologia, concludendo infine che «solo ad un secondo livello, pastorale e non ontologico, i ministri potranno trovare il loro giusto posto». La «questione dello specifico del ministero ordinato» viene così risolta con un criterio che non è più quello sacramentale ma semplicemente funzionale. A spezzare il pane per fratelli in persona Christi non sarebbe più chi ha ricevuto l’imposizione delle mani per nutrire e custodire la fede della comunità ma soltanto colui che la stessa comunità ha designato come il più idoneo. Che è quanto da secoli hanno fatto – e fanno tuttora – le confessioni riformate e che oggi si insegna pure  nelle facoltà teologiche cattoliche.

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Nella chiesa di Francesco tutto ammesso tranne ciò che è cattolico

Uno dei grandi slogan del papa a Lisbona è stato quello per cui «nella Chiesa c’è posto per tutti, tutti, tutti». I giornali hanno voluto indicare nel monito papale l’empatia verso i gay e i trans e l’invito a proseguire nell’accoglienza e nel rispetto verso di loro riprovando – come fa il Catechismo della Chiesa cattolica – ogni discriminazione o violenza. Circa la Chiesa aperta a tutti c’è però una eccezione e proprio nella patria di papa Bergoglio. Si svolge infatti da quattordici anni il pellegrinaggio tradizionale al santuario di Nuestra Señora de Luján, patrona dell’Argentina, che ogni anno vede l’affollarsi di fedeli provenienti anche dalla Bolivia, dal Brasile, dal Perù, dal Venezuela, dalla Colombia e dal Paraguay e che se non ha ancora i numeri di quelli di Chartres e Covadonga (Spagna) li sta rapidamente raggiungendo. Per il secondo anno consecutivo alle migliaia di pellegrini – adolescenti, giovani, famiglie guidati da una trentina di sacerdoti – è stata proibita la celebrazione della Messa antica. Un fedele ha commentato con il buon senso dei semplici: «Mi pare che nella Chiesa tutto sia ammesso tranne ciò che è stato sempre cattolico».

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Devastationis custodes

Il nuovo parroco salesiano della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù nel quartiere Belvedere di Vercelli, don Claudio Giovannini, ha giurato sull’altare con le mani sul breviario indossando una sobria – si fa per dire – camicia hawaiana. Pur non invitato, assisteva insieme ai fedeli, dimesso e in maniche di camicia, Sua Eccellenza l’arcivescovo monsignor Marco Arnolfo. L’immagine fa il paio con quella che sta facendo il giro del web e che ritrae un prete il quale, in pantaloncini corti e stola violacea, recita le preci di commiato di fronte a un feretro al cimitero. Più che di sciatteria si può parlare dell’ignoranza e dell’abbandono di ogni norma liturgica. Di tale sfacelo non si sono certo crucciati i professori di liturgia nel loro recente convegno annuale di Castellamare di Stabia, occupati come sono stati a discettare di una liturgia che è solo nei loro sogni.

Fonte: lospiffero.com

Nella foto (lospiffero.com), don Giovannini mentre giura all’altare in camicia hawaiana

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Aldo Maria Valli:
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