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Così Tucho Fernández fa del papa un caudillo e della Chiesa un movimento

Cari amici di Duc in altum, recenti affermazioni di monsignor Víctor Fernández, nuovo prefetto del Dicastero per la dottrina della fede e prossimo cardinale, meritano di essere ancora una volta sottolineate. Lo abbiamo già fatto qui e ora ci torniamo con un articolo di The Wanderer. Quanto sostiene monsignor Fernández è di una gravità inaudita, specie pensando al ruolo che egli ha appena assunto quale custode della retta dottrina. Sostenendo che il papa possiede una carisma unico, di sua esclusiva pertinenza e tale da rendere le sue affermazioni sempre e comunque indiscutibili, Fernández trasforma Pietro in un caudillo sudamericano e la Chiesa in una dittatura militare. Altro che sinodalità! 

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di The Wanderer

Una settimana fa un altro dei figli più amati dell’Argentina, l’arcivescovo Víctor Fernández, ha assunto l’incarico di prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. Due argentini sono ora ai vertici del governo della Chiesa cattolica. Un motivo di orgoglio per tutti i nati in questa terra particolarmente benedetta…

Il nuovo prefetto, ormai quasi cardinale, ha rilasciato nei giorni scorsi alcune dichiarazioni sotto forma di interviste a padre Spadaro de La civiltà cattolica e a Edward Pentin del National Catholic Register. Vorrei commentare brevemente una delle dichiarazioni del prelato, ma prima devo sottolineare che i cattolici possono stare tranquilli sulla formazione e sulla profonda saggezza del nuovo inquisitore.

Monsignor Fernández afferma che la formazione che ha ricevuto è stata “strettamente tomistica” [nel seminario di Rio Cuarto?] anche se il suo maestro è stato san Bonaventura, molto appropriato per i tempi franceschisti. E riconosce anche il suo discepolato nei confronti di Maurice Blondel, senza dimenticare la “precisione argomentativa di Karl Rahner, la profondità spirituale di Hans Urs von Balthasar, l’ecclesiologia di Yves Congar e l’opera di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”. All’elenco aggiunge poi Étienne Gilson e Réginald Garrigou-Lagrange. E, per dimostrare di essere aperto alla realtà latinoamericana, confessa anche di essere discepolo di Gustavo Gutiérrez, Lucio Gera e Rafael Tello, senza dimenticare Hans-Georg Gadamer.

Evidentemente monsignor Fernández non si rende conto, o non ha un buon amico che glielo sussurri, che esponendo la lunga lista dei suoi maestri dimostra la sua mancanza di fedeltà a qualcuno di loro e il pot-pourri teologico che gli serpeggia nella testa non fa altro che documentare la sua ignoranza, la sua insicurezza e la sua incompetenza per la posizione che occupa.

Ma la cosa più interessante ed esilarante che il prefetto ha detto si trova nell’intervista a Pentin.

In risposta a una domanda sull’accettazione del magistero di Papa Francesco, l’arcivescovo Victor Manuel Fernandez ha affermato che il Papa ha il dovere di custodire e preservare non solo il deposito “statico” della fede, ma anche un secondo carisma unico, dato solo a Pietro e ai suoi successori, che è “un dono vivo e attivo”.

Dice l’ormai prossimo cardinale: “Io non ho questo carisma, né lei, né il cardinale [Raymond] Burke. Oggi lo ha solo Papa Francesco. Ora, se mi si dice che alcuni vescovi hanno un dono speciale dello Spirito Santo per giudicare la dottrina del Santo Padre, entreremo in un circolo vizioso (in cui chiunque può affermare di avere la vera dottrina) e questo sarebbe eresia e scisma”.

Non sono un teologo e chi lo è può correggermi. Esiste, certamente, un “carisma” proprio del ministero petrino che appartiene solo al Papa regnante, e consiste nell’assistenza dello Spirito Santo che gli conferisce l’infallibilità. Purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:

1) Il Papa deve parlare ex cathedra, cioè dalla sua posizione di suprema autorità nella Chiesa e nell’esercizio del suo magistero straordinario.

2) La dichiarazione deve riguardare una questione di fede o di morale.

3) Il Papa deve indicare chiaramente la sua intenzione di definire una dottrina in modo infallibile.

Solo quando queste condizioni sono soddisfatte si parla di “inerranza assoluta”, cioè il suo insegnamento è considerato infallibile e privo di errori. Di conseguenza, i cattolici siamo obbligati ad accettarlo come vero e vincolante per la fede e la pratica religiosa.

Inoltre, l’infallibilità papale stabilisce l’autorità finale del Papa in materia di fede e morale. Quando il Papa pronuncia una dichiarazione infallibile, ci si aspetta che i cattolici la accettino come verità definitiva e non soggetta a dibattiti o contestazioni. Tuttavia, è importante tenere presente che l’infallibilità papale ha dei limiti specifici. Non implica che il Papa sia infallibile in tutti gli aspetti del suo insegnamento o che sia incapace di sbagliare in altri ambiti. Si applica solo a dichiarazioni specifiche fatte nelle condizioni sopra menzionate.

Tutto questo è dottrina nota a ogni cattolico preparato. Lo dice il Concilio Vaticano I nella Pastor Aeternus e lo ribadisce il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium (25), quando afferma che nel Romano Pontefice “risiede singolarmente il carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa”, ma solo quando parla come maestro universale, cioè quando sono soddisfatte le condizioni sopra menzionate, e non quando parla come maestro privato.

Tuttavia, monsignor Fernández sembra – forse seguendo Gadamer – fare un’ermeneutica allargata delle disposizioni degli ultimi due concili: Papa Francesco avrebbe “inerranza assoluta” e, quindi, “autorità finale” in tutti i suoi insegnamenti, indipendentemente dal fatto che siano o meno pronunciati ex cathedra. Anche quelli pronunciati ex aereo o ex latrina sarebbero insegnamenti certi con l’obbligo di essere accettati, pena la caduta nell’eresia.

Non esagero. È sufficiente seguire il ragionamento del vescovo Fernández.

Premessa principale: il Papa non deve solo custodire il deposito “statico” della fede, ma anche insegnare la dottrina della Chiesa in virtù di un carisma “vivo e attivo” che possiede solo lui e che è un dono dello Spirito Santo.

Premessa secondaria: né vescovi né fedeli laici possiedono questo dono “vivo e attivo”, poiché è esclusivo del Romano Pontefice.

Conclusione: tutti i vescovi e i fedeli laici devono accettare non solo il deposito “statico” della fede, ma anche tutti gli insegnamenti del Papa sulla Chiesa. Se non lo fanno, e lo criticano, cadono nello scisma e nell’eresia.

Possiamo già prevedere come sarà l’amministrazione del nuovo prefetto. Il dicastero emetterà quotidianamente sentenze eretiche urbi et orbi e la Chiesa (in cui c’è posto per tutti tutti tutti) finirà per essere una Chiesa solo per gli ossequiosi. Così ora scopriamo che noi cattolici siamo obbligati a seguire non la dottrina della Chiesa, ma la dottrina del Papa. E questa è una fesseria, un’assurdità inconcepibile uscita proprio dalla bocca di colui che dovrebbe essere il capo teologico della Chiesa.

Come ha giustamente scritto il dottor Eduardo Echevarría in Duc in altum [qui], una cosa è affermare che il Magistero ha un suo carisma nella missione di custodire infallibilmente la Fede consegnata una volta per tutte alla Chiesa, e un’altra è affermare che il Papa ha un carisma che custodisce la sua stessa dottrina.

Il nuovo prefetto della Dottrina della fede ha espresso ufficialmente ciò che avevamo preannunciato in questo blog poco più di due anni fa, e in modo più che esauriente. Allora avevamo detto che la Tradizione era stata divorata dal Magistero e monsignor Fernández promette di divorare anche la Scrittura. Perché secondo lui il “carisma vivo e attivo” di cui è dotato Papa Francesco è superiore al “deposito statico”, cioè la Scrittura e la Tradizione. Gli eretici, quindi, non sarebbero più coloro che negano gli insegnamenti contenuti nel depositum fidei (ad esempio che gli adulteri non possono ricevere l’Eucaristia o che i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono un peccato grave), ma coloro che mettono in discussione il “carisma vivo e attivo” di cui è investito il Romano Pontefice.

Cosa avrebbe dato Pio IX per avere un prefetto della tempra teologica di Tucho Fernández! È curioso come la galleria di personaggi che popolano il Vaticano in questo pontificato, apertamente progressista e denigratorio dei tempi passati, assuma spudoratamente gli atteggiamenti più reazionari che nemmeno Joseph de Maistre o l’ultramontano più enragé avrebbero osato sostenere.

Queste affermazioni dimostrano che monsignor Fernández intende trasformare Papa Francesco in una sorta di oracolo, una particolare ipostasi dello Spirito Santo, la cui parola è magistero autentico e quindi non contiene errori e deve essere osservata da tutti i cattolici. E, di conseguenza, ha anche trasformato la Chiesa in un’istituzione che segue un caudillo, che non è Cristo ma il Papa del momento, che ha pieni poteri per plasmarla a suo piacimento e secondo il proprio capriccio. Come ha detto il nostro buon amico Ludovicus nel 2013: “Il Papa sta cominciando a configurarsi come un caudillo, e il cattolicesimo come la religione del Papa”. Consiglio vivamente la lettura di questo articolo, che dimostra come il pontificato romano degli ultimi decenni sia stato inteso come l’acaudillamiento di un “movimento” sulla base di un programma e di un peculiare “carisma” conferito dal nome scelto dal Papa.

Con dieci anni di anticipo, Ludovicus ha annunciato quello che è successo e che monsignor Fernández ha espresso chiaramente: Francesco ha carismatizzato a livelli massimi e cannibalizzanti ciò che appartiene all’istituzione. Il suo è un “Dio che si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia”, essendo la fede “una fede in cammino, una fede storica”. “Dio si è rivelato come storia, non come compendio di verità astratte”: sono frasi testuali di Francesco. Quindi abbiamo un Dio che sceglie e benedice un caudillo incaricato di renderlo presente nelle dinamiche della storia. La Chiesa non è più un’istituzione, è un movimento e il suo leader è un caudillo. Come non collegare tutto questo alla dottrina di Juan Perón?

Come ho detto in altre occasioni, la cosa migliore da fare è lasciare che il vescovo Fernández parli e agisca. Nel suo dicastero, si dice, lo aspettano con coltello e forchetta pronti. La sua fatuità gli farà commettere innumerevoli errori, che comporteranno sicuramente molte vittime, ma saranno anche il suo passaporto per il pensionamento anticipato non appena il prossimo pontefice siederà sul trono di Pietro.

Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com

Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: Mons. Víctor Fernández: de la Iglesia al movimiento

Aldo Maria Valli:
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