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“Fiducia supplicans” e la vera divisione nella Chiesa

di Massimo Viglione

Credo che il documento di Tucho Fernández, approvato da Bergoglio, sia un regalo del Cielo.

Non solo sta facendo venire fuori tutti i normalizzatori di ogni e genere e tipo, a partire da padre Livio (esiste ancora qualcuno che riesce a fingere di scandalizzarsi, dopo tutti questi anni di rinnegamenti a 360 gradi) per arrivare a buona parte del mondo dei pro-vita, tutti per la vita e la famiglia naturale e tutti per il siero e per le benedizioni ai sodomiti, o infallibilmente silenti quando si tratta di esporre critiche alla Cei, al Vaticano o ai politici.

Ma sta dividendo il mondo dei vescovi (con qualche cardinale più coraggioso come Müller), compresi quelli diocesani e di intere Conferenze episcopali, come quelle dello Zambia, del Malawi, della Nigeria, più vescovi come Schneider, Strickland, Munilla, che hanno impedito le benedizioni nelle loro diocesi.

E ricordiamo anche i fermi interventi di don Pagliarani, superiore della Fraternità sacerdotale San Pio X e di monsignor Viganò.

Mentre – che si sappia – il vescovo Suetta ha “normalizzato” il testo, nel giubilo dei più funesti complici di democristianismo ecclesiastico.

Fingere ancora di essere così ingenui da cadere nella trappola dei giochi di parole, trappola in vigore dal 1962 e sempre finalizzata a compiere un moderato passo avanti verso l’abisso della dissoluzione per poi spalancare la porta a ogni futuro abisso, è ormai imperdonabile e in-credibile: ovvero non più credibile è la buona fede di costoro.

Come se il problema fosse la divisione della benedizione fra sacramentale e non sacramentale, sulla scia della ratzingeriana divisione del papato tra attivo e passivo, tra munus e ministerium. A quanto pare Benedetto ha lanciato la moda della furba decomposizione a pezzi delle strutture teologiche della nostra fede.

Non può esistere nessuna divisione, nell’un caso e nell’altro.

Chi benedice approva. E chi benedice il peccatore avalla il peccato. In fondo, tutto cominciò proprio con la distinzione di Giovanni XXIII tra errore ed errante. Non perché non siano entità distinte, come ovvio, ma perché è il gioco di parole la vera chiave di volta della dissoluzione. Facendo quella distinzione del tutto inutile perché cosa evidente a tutti da sempre, ha aperto la porta dell’abisso della relativizzazione del peccato.

E infatti, eccoci: si benedicono coloro che compiono il peccato che grida vendetta al cospetto di Dio con il gioco di parole del “sacramentale”.

È sempre Giovanni XXIII che ci parla, è sempre Benedetto XVI che divide e scompone ciò che non è divisibile e scomponibile, è sempre il Concilio che fluisce con la sua dialettica come un uragano distruttore di ogni bene e verità.

“Che il vostro parlare sia sì sì no no”, mi pare disse Qualcuno… Che evidentemente già vedeva questi giorni nella Sua divina Sapienza.

Tucho e Bergoglio ci stanno mostrando tutti gli ingannatori e i complici. Ma, al contempo, Dio ci sta mostrando i primi vescovi capaci di dare inizio – sempre troppo tardi, ma meglio tardi che mai – alla difesa della Verità della Fede e della legge naturale.

Quando lo faranno non solo per le questioni riguardanti la difesa della vita e della famiglia naturale, ma anche per ogni altra questione in cui oggi si dirime il futuro dell’umanità, inizieremo ad avere nuovamente un clero veramente cattolico.

Ma facciamo un passo alla volta e prendiamo il buono che arriva.

Monsignor Schneider si è schierato apertamente contro il siero e il totalitarismo sanitario. Oggi fa lo stesso, in maniera ancora più evidente, perché respinge al mittente un’indicazione del Vaticano, per quanto concerne l’ordine naturale.

Vescovi che si oppongono a Roma: o meglio, contro questa Roma. Roma contro questi vescovi? C’è da pensarlo, visto quanto accaduto al cardinale Burke e ai vescovi Strickland e Azcona Hermoso.

Sono vescovi che hanno scelto di obbedire al Padrone difendendo la Verità e l’ordine naturale piuttosto che obbedire ciecamente al servo infedele.

Si apre uno scenario interessantissimo, dalle imprevedibili conseguenze.

In mezzo, la cagnara ignobile dei normalizzatori ignavi. Laici ed ecclesiastici. E la massa che corre dietro alla lettera che uccide lo spirito.

Confidiamo in futuri importanti eventi e preghiamo perché altri vescovi e cardinali trovino il coraggio di dire no! Perché più numerosi saranno, meno facilmente punibili saranno.

Perché è Roma a essere subordinata al Legislatore del creato, e non viceversa.

Aldo Maria Valli:
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